Inaugurato a Birzeit il Museo palestinese
Anche
se ancora vuoto, ha aperto quest'oggi i battenti a Birzeit (in
Cisgiordania) il nuovo Museo palestinese. Una struttura moderna, immersa
nel verde e ampia 2.500 metri quadrati.
Posto
sulla sommità di una collina, il nuovo Museo palestinese impressiona.
L’ampio giardino a terrazzamenti, ricco di piante indigene, si estende
per quattro ettari e già da solo merita una visita. Il complesso ha
aperto i battenti oggi, dopo 18 anni di progettazione e lavori e lo
stanziamento di 28 milioni di dollari.
«È il momento di celebrare la ricchezza della cultura
e del patrimonio storico palestinese», ha dichiarato il presidente del
museo Omar al-Qattan. «Questo è un museo transnazionale. Qui abbiamo la
casa madre, che avrà filiali in varie parti del mondo». L’istituzione
culturale si concepisce come una presenza variegata, capace di andare
incontro ai palestinesi locali e a quelli della diaspora: dai campi
profughi in Giordania e Libano fino agli emigrati in Cile e negli Stati
Uniti. L’idea di un museo transnazionale, spiega al-Qattan è una
risposta alle sfide poste dalla situazione politica. Una realtà alla
quale devono far fronte le istituzioni culturali palestinesi, a
Gerusalemme come in Galilea.
La decisione di costruire il museo a Birzeit ha
suscitato in passato numerose critiche, soprattutto sulle reti sociali.
Ma i responsabili del progetto hanno preferito un approccio realistico:
un museo a Gerusalemme Est avrebbe assunto un'importanza simbolica, ma
sarebbe stato difficilmente fruibile da tutti i palestinesi (per via
degli ostacoli alla libera circolazione imposti dall’amministrazione
militare israeliana - ndr). Via via che prendeva corpo, il progetto ha
mutato aspetto rispetto all’idea originaria. All’inizio si pensava a un
luogo commemorativo della Nakbah («la catastrofe» causata al
popolo palestinese dalla guerra arabo-israeliana del 1948). Pian piano
si è fatta largo la prospettiva di occuparsi del patrimonio culturale e
storico, oltre che della memoria collettiva, palestinese.
Più del 90 per cento dei fondi provengono da
elargizioni di donatori palestinesi. «È una cosa di cui dobbiamo andare
fieri – sottolinea il responsabile del museo –. Molti palestinesi non
vogliono più affidarsi solo ai fondi che arrivano dall’estero.
L’indipendenza non è solo politica; è anche intellettuale e artistica».
Il nuovo museo è portatore di un messaggio che
rappresenta tutti i palestinesi, secondo Mahmoud Hawari, chiamato a
dirigere l’istituzione: «La mia squadra ed io – dice – ci adopereremo al
massimo perché la visione del museo assuma contorni sempre più nitidi.
Ci auguriamo di sviluppare ambiti nei quali offrire a tutti questa
ricchezza tanto vicina alla terra, e che dev’essere conservata per le
generazioni future».
Il progetto prenderà corpo per tappe successive,
principalmente per la carenza di esperienza e di capacità nella gestione
dei musei. «Formeremo – spiega Hawari – dei tecnici, ma anche
ricercatori e archivisti. Le sfide davanti a noi sono grandi; ci attende
un percorso laborioso, ma bello».
La sofisticata architettura della sede museale è
stata concepita per essere profondamente inserita nel territorio
circostante: la struttura sembra emergere dal suolo e interagire con il
paesaggio. Vuole collegare il passato al presente e al futuro con linee
insieme moderne e discrete.
Il messaggio del museo è semplice, ha dichiarato al-Qattan a Terrasanta.net:
«Noi siamo qui e abbiamo una storia, una ricca cultura e un patrimonio
eccezionale da condividere con tutti. Siamo in grado di farcela senza
l’aiuto di nessuno. L’unica cosa che chiediamo è la libertà».
Il museo, con la sua superficie di 2.500 metri
quadrati e le facciate rivestite della classica pietra bianca locale, è
stato inaugurato senza alcuna mostra al suo interno. «L’edificio è
certamente importante, ma non è tutto», ammettono i responsabili. «Tra
sei mesi inizierà anche il ciclo delle mostre».
I palestinesi di Haifa e di Nazaret, quelli, cioè, che vivono nel
territorio dello Stato di Israele non sono stati dimenticati,
rassicurano il presidente e il direttore della neonata istituzione
culturale: «Speriamo di essere a pieno regime entro ottobre e che da
quel momento in poi il museo diventi una fucina di iniziative».
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