“Il protagonismo delle donne in terra d’Islam” di Leila Karami e Biancamaria Scarcia Amoretti
“Il
protagonismo delle donne in terra d’Islam” di Leila Karami e
Biancamaria Scarcia Amoretti - Uno dei temi che maggiormente affascina
studiosi ed…
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Uno dei temi
che maggiormente affascina studiosi ed opinione pubblica nell’ambito del
mondo islamico è senza dubbio rappresentato dalla condizione della
donna, dalle mille sfaccettature che la condizione ed il ruolo femminile
riveste in tutti i paesi in cui la religione islamica permea in maniera
più o meno determinante la vita pubblica e privata dei cittadini.
Ampie e numerose pagine sono state
dedicate a questo argomento nel corso degli anni da studiosi di
Islamistica sia in Italia che nel resto dei paesi occidentali, nel
tentativo di comprendere e confrontarsi con un mondo per molti aspetti
diverso e lontano dal nostro.
Recentemente è stato pubblicato da
Ediesse un approfondito lavoro curato da Biancamaria Scarcia Amoretti,
docente di islamistica all’Università La Sapienza di Roma, coadiuvata da
Laila Karami, di origini iraniane, studiosa della storia delle donne in
contesti musulmani.
Il lavoro delle due studiose è stato
strutturato suddividendo questo vasto mondo in tre grandi contesti
geopolitici: l’area mediterranea, l’area mediorientale e l’area del
Golfo Persico e dell’Oceano Indiano.
Nell’ambito di ciascuna area sono state
approfondite le tematiche legate alla condizione femminile nei singoli
paesi, focalizzando l’attenzione dapprima su un excursus storico
politico necessario per contestualizzare la realtà in cui viene a
determinarsi il ruolo delle donne, la loro condizione all’interno del
nucleo sociale e familiare.
Questo articolato e complesso lavoro di
contestualizzazione appare particolarmente encomiabile in quanto
permette di discriminare e differenziare le singole situazioni che
altrimenti, nell’immaginario collettivo occidentale, tendenzialmente
verrebbero accomunate in una sterile generalizzazione. Inquadrare
storicamente le evoluzioni sociali e politiche dei singoli paesi aiuta a
cogliere meglio e con maggiore obiettività i risvolti in tema di condizione femminile.
Ne deriva che difficilmente si può
accomunare la condizione delle donne tunisine con quelle dell’Arabia
Saudita, o di quella delle donne marocchine con quelle indonesiane.
Scopriamo quindi che in Tunisia le donne
sono parte attiva della vita politica e sociale del paese più che
altrove, l’associazionismo femminile ha radici antiche e la presenza
femminile nelle professioni liberali è molto diffusa. Le donne tunisine
godono di diritti molto simili a quelli delle donne occidentali e questo
aspetto di modernità trae linfa proprio dalla spiccata vocazione alla
laicità che contraddistingue il paese.
Un percorso simile caratterizza la
situazione in Marocco e negli altri paesi del Maghreb. Probabilmente,
questa tendenza alla modernità va in parte imputata anche all’esperienza
coloniale che di fatto ha segnato la storia recente dei paesi che si
affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo.
Altro scenario è quello dell’area
mediorientale dove paesi come Iraq, Iran e Afghanistan disegnano una
realtà altrettanto poliedrica. Tuttavia, in tutte sembra delinearsi un
percorso comune che vede le donne lottare per i loro diritti in un
contesto sociale dominato dalla legge coranica, lotte che producono i
loro effetti ma che inesorabilmente finiscono per regredire con il
mutamento dello scenario politico dei paesi di riferimento. È per
esempio il caso dell’Iraq, dove la parità di genere viene riconosciuta
con l’entrata in vigore della Costituzione nel 1970, ma dove la
condizione femminile subisce una brusca retromarcia all’indomani
dell’intervento anglo-americano del 2003.
Un caso a parte è costituito dall’Iran,
paese dalla storia millenaria in cui la presenza femminile sulla scena
pubblica è tanto determinante quanto apparentemente nascosta. Sotto
il regime di Khatami l’attivismo femminile è cresciuto in maniera
significativa. Le donne si sono battute per modificare le leggi a loro
sfavorevoli anche se i risultati sono stati spesso deludenti perché ogni
riforma viene di fatto bloccata dal “Consiglio dei guardiani”. Tuttavia
le donne hanno continuato e continuano a presidiare la scena politica,
culturale e sociale del paese, assurgendo di conseguenza al ruolo di
principale bersaglio della repressione. Una interessante riflessione
viene fatta sul tema dell’imposizione dello hijab, da più parti
considerato lo strumento di controllo per eccellenza sul corpo
femminile. Ma paradossalmente proprio l’imposizione del velo ha permesso
in Iran a molte donne di poter emanciparsi, uscendo di casa e
partecipando alla vita pubblica. Senza velo, molte di queste donne
appartenenti a classi sociali popolari e più tradizionaliste, non
avrebbero avuto la possibilità di “uscire allo scoperto”.
L’area del Golfo rappresenta un
caleidoscopio di differenti situazioni, molte in contraddizione tra
loro: dalla rigidità dell’Arabia Saudita, dove comunque le donne hanno,
seppur faticosamente, iniziato un percorso di emancipazione, alla
modernizzazione dell’Oman dove le donne vengono considerate importanti
attori sociali ed espressamente riconosciute cittadine della nazione al
pari degli uomini.
Gli esempi citati servono semplicemente a
disegnare un mosaico di situazioni differenti, a volte speculari e
quasi mai sovrapponibili, che ci danno la misura della complessità del
tema affrontato. L’universo femminile in terra d’Islam presenta
coordinate e caratteri differenziati che meritano approfondimenti e
contestualizzazioni nello scenario storico e politico che caratterizza
ciascun singolo paese.
La dettagliata analisi delle due studiose
ci parla quindi di un percorso di emancipazione più o meno complesso e
difficile che le donne appartenenti al mondo musulmano hanno compiuto e
continuato a compiere, un protagonismo, quello femminile, che non
necessariamente va confrontato con le esperienze di emancipazione delle
donne occidentali ma che va inserito in un contesto culturale
profondamente diverso ed articolato.
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