Hilary Aked L’antisionismo è antisemitismo?
The News Arab – Pubblicato il 29 aprile 2016
di
Nelle
scorse settimane la stampa inglese è stata inondata da affermazioni
secondo cui dirigenti della sinistra avrebbero fatto affermazioni
antisemite.
In
qualche caso sono persino stati fatti commenti apertamente razzisti e
sollevati legittimi timori. Ma di fatto altre sono state manifestazioni
di anti-sionismo. Le affermazioni di Malia Bouattia, la nuova
presidentessa eletta dell’Unione Nazionale degli Studenti del Regno
Unito, in assoluto la prima donna di colore a ricoprire questo ruolo,
sono forse il più evidente esempio di quest’ultimo caso.
I
media hanno dato spazio a quanti sostengono esplicitamente che
l’antisemitismo e l’antisionismo sono “la stessa cosa”. Ma questa
commistione è pericolosa e sbagliata. Tende a mascherare un movimento
politico (il nazionalismo ebraico) con un’identità etnico- religiosa
(l’ebraismo). Oltre ad essere analiticamente sbagliato, ciò è anche
privo di una base empirica.
L’ideologia
sionista presenta varie tendenze, ma tutte le varianti del sionismo
politico sono unificate dalla fede nella giustezza di uno Stato
nazionale per gli ebrei. Il trattato di Theodor Herzl [il padre del
sionismo. Ndtr.] Der Judenstaat [Lo Stato ebraico] del 1896 fornisce
una delle più autorevoli dichiarazioni iniziali di questo movimento,
che non è esistito da molto più di un secolo e che è stato, per quasi la
metà di questo tempo, un movimento politico veramente marginale
all’interno delle comunità ebraiche.
Benché
oggi sia vero che la maggioranza degli ebrei probabilmente affermi di
appoggiare il sionismo, ci sono ancora importanti minoranze che non lo
fanno e che non lo hanno mai fatto, per una vasta gamma di ragioni, sia
religiose che politiche.
Oltretutto,
la generazione più giovane si sta sempre più allontanando dal sionismo
persino nelle sue forme teoretiche ed astratte, proprio a causa di
quello che il sionismo attualmente esistente – incarnato nel moderno
Stato di Israele – sta facendo e che ha continuato a fare in concreto
per decenni. Lo testimonia, ad esempio, la recente crescita negli Stati
Uniti di “Jewish Voice for Peace” [“Voci ebraiche per la pace”], che
appoggia il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) per far
pressione su Israele affinché rispetti i diritti dei palestinesi.
In
particolare negli Stati Uniti, oggi il movimento politico sionista si
fonda in larga misura sul Sionismo cristiano. Come ha concisamente
sintetizzato il “Gruppo di Ebrei socialisti” [collettivo di ebrei
socialisti nato in Gran Bretagna negli anni ’70. Ndtr.]: non tutti gli
ebrei sono sionisti e non tutti i sionisti sono ebrei.
Proprio
per aver fatto una distinzione tra Ebraismo e Sionismo, Bouattia è
stata accusata da Hannah Weisfeld, del gruppo sionista liberale
“Yachad”, di dimostrare una “mancata comprensione dell’identità
ebraica”. Si tratta di una versione attenuata della tesi secondo cui i
due concetti sono sinonimi. Purtroppo sono invece le affermazioni di
Weisfeld che rischiano di fomentare l’antisemitismo, in quanto sembrano
implicitamente insinuare che tutto il popolo ebraico è in qualche modo
intrinsecamente legato alle azioni oppressive di Israele.
Questo
concetto è stato in realtà già smentito da un tribunale britannico.
Quando il professor Ronnie Fraser ha sostenuto che il suo sindacato era
antisemita per aver preso in considerazione il boicottaggio di Israele,
le sue argomentazioni sono state rigettate e il tribunale ha osservato
che “credere nel progetto sionista o il legame con Israele…non fa
intrinsecamente parte dell’Ebraismo.”
Quindi, se l’antisionismo non è antisemitismo, che cos’è?
Nella
sua originaria incarnazione, il movimento sionista – che si è
sviluppato nel contesto dell’imperialismo britannico ed europeo in Medio
Oriente – si è identificato come un movimento coloniale; una delle sue
prime istituzioni, per esempio, era denominata “Autorità per la
colonizzazione ebraica”. Nel contempo, lo stesso Herzl scrisse al
colonialista inglese Cecil Rhodes – la cui statua all’università di
Oxford era diventata il simbolo di un nascente movimento antirazzista –
chiedendogli di appoggiare il suo progetto, che egli definì “coloniale”.
Ma
quando si svilupparono e conquistarono la libertà movimenti
anti-colonialisti in tutto il mondo i gruppi a favore di Israele
sentirono la necessità di dare una nuova etichetta al sionismo. Lo hanno
fatto in modo molto efficace; oggi il sionismo è presentato come un
“movimento di liberazione” e l’antisionismo è accusato di negare “il
diritto all’esistenza” di Israele, benché non esista un simile concetto
nelle leggi internazionali.
Tutto
ciò nonostante il fatto che i diritti fondamentali del popolo
palestinese – tra molti altri, quelli alla vita, al ritorno alle proprie
case, alla libertà di movimento – siano, e siano stati per decenni,
negati. Incredibilmente, siamo spinti a credere che non sia pericoloso
lo Stato nazione etnicamente esclusivista responsabile di queste
violazioni, ma che lo siano quelli che criticano l’ideologia sionista
che è alla base di questo regime.
Significativamente, ciò non implica che gli antisionisti non possano
essere antisemiti. A volte le due cose si sovrappongono. Ciò non
esclude neppure la comprensione del fatto che, dopo gli orrori
dell’Olocausto, il crescente appoggio al sionismo in linea di principio fosse per molti versi comprensibile.
Ma
il sionismo non è solo una questione astratta e la maggior parte degli
antisionisti non stanno cercando “di negare il diritto dei popolo
ebraico all’autodeterminazione”, come spesso viene sostenuto oggi.
Semplicemente essi fanno notare il dato storico
per cui ciò è stato realizzato, attraverso la creazione dello Stato di
Israele, e conservato a spese degli abitanti nativi del territorio.
Mentre
i palestinesi si preparano a celebrare i 68 anni della Nakba, è tempo
che più persone in Occidente imparino che uno dei principali ‘successi’
del sionismo è stata la pulizia etnica di 700.000 palestinesi, che sono
ancora oggi rifugiati, così come i loro discendenti.
Di
fronte alla fine del paradigma dei due Stati e alla riemersione
dell’idea di una soluzione per uno Stato unico – che significherebbe la
fine del progetto sionista – così come alla crescita del BDS, il
rinnovato tentativo di equiparare antisionismo ed antisemitismo è una
mossa fondamentalmente disperata da parte dei sostenitori di Israele.
In
effetti le testimonianze di forte antirazzismo di gente come Malia
Bouattia sono assolutamente coerenti con l’opposizione al sionismo. I
palestinesi sono esplicitamente oppressi dallo Stato di Israele in base
alla loro identità etnica. Dalle strade esclusivamente per ebrei agli
insediamenti illegali (colonie), il sionismo concreto ha significato una
società basata sui privilegi etnici di un gruppo e sulla subordinazione
dell’altro. Oggi l’antisionismo non è né più né meno che l’opposizione a
Israele in quanto Stato coloniale di insediamento.
Hilary
Aked è un’analista e ricercatrice i cui studi di dottorato riguardano
l’influenza della lobby israeliana nel Regno Unito.
Le
opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità dell’autrice e
non riflettono necessariamente quelle di “The News Arab”, del suo
comitato editoriale o della sua redazione.
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