HEZBOLLAH: “UCCISO DAI JIHADISTI”

 

 

HEZBOLLAH. I tanti nemici di Badreddine




Il comandante militare del movimento libanese sarebbe stato ucciso in Siria da una bomba sganciata da aerei dello Stato ebraico. Ma lo stesso gruppo accusa gli islamisti jihadisti attivi nel paese

I funerali del comandante militare di Hezbollah Badraddine (Foto: Reuters)
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 funerali del comandante militare di Hezbollah Badraddine (Foto: Reuters)
AGGIORNAMENTO ore 11 – HEZBOLLAH: “UCCISO DAI JIHADISTI”
Questa mattina in un comunicato ufficiale il movimento libanese accusa dell’omicidio di Badreddine i gruppi jihadisti anti-Assad attivi in Siria. Pur senza fare nomi, il gruppo si riferisce alle milizie islamiste, che si tratti di Stato Islamico o al-Nusra: “Le indagini mostrano che l’esplosione, che ha avuto come obiettivo una delle nostre basi vicino all’aeroporto internazionale di Damasco e ha portato al martirio di Mustafa Badreddine, è stata il risultato di un bombardamento di artiglieria di gruppi takfiri [musulmani che accusano altri di apostasia] nell’area”
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di Michele Giorgio – Il Manifesto
Gerusalemme, 14 maggio 2016, Nena News – Si attendevano ieri in tarda serata, secondo un annuncio fatto nel pomeriggio da Naim Qassem, numero due di Hezbollah, i risultati delle indagini sulla potente esplosione che, pare, martedì a Damasco, ha ucciso Mustafa Badreddine, il comandante militare del movimento sciita libanese sepolto ieri tra migliaia di attivisti e simpatizzanti. La televisione libanese al Mayadeen ieri ha ritirato la notizia diffusa in un primo momento secondo la quale Badreddine sarebbe rimasto ucciso in un violento raid aereo israeliano compiuto nei pressi dell’aeroporto della capitale siriana.
La pista dell’attacco dal cielo resta la più concreta. L’aviazione israeliana nell’ultimo anno e mezzo ha colpito e ucciso esponenti di Hezbollah alla guida dei guerriglieri libanesi che combattono con l’esercito governativo siriano contro i jihadisti sunniti. Come Samir Kuntar, per quasi 30 anni detenuto in Israele, e Jihad Mughniyeh, figlio di Imad Mughniyeh, lo storico comandante militare di Hezbollah dilaniato nel 2008, sempre a Damasco, da una bomba piazzata sotto la sua automobile da agenti del Mossad. Israele non ha commentato in via ufficiale la morte di Badreddine. Eppure se da un lato non conferma di essere dietro la «potente esplosione» che ha ucciso il capo militare di Hezbollah, dall’altro nemmeno smentisce.
Tuttavia nella Siria terreno di scontro per gli interessi delle potenze internazionali e regionali, dove si è terroristi solo se si è schierati contro gli Usa e Israele o si è alleati di Bashar Assad e al contrario si viene considerati “combattenti per la libertà” anche quando si massacrano civili inermi (come hanno fatto i miliziani di Ahrar al Sham due giorni fa nel villaggio alawita di Zara), è evidente che un personaggio come Badreddine aveva molti nemici, oltre a Israele.
La vicenda personale, politica e militare del comandante di Hezbollah ha attraversato gli ultimi 35 anni di storia non solo del Medio Oriente. I suoi nemici l’hanno accusato di tutto: di aver fatto parte del commando che nel 1983 attaccò le ambasciate di Francia e Stati Uniti a Kuwait city (decine di morti) e di aver organizzato l’attentato in cui è rimasto ucciso nel 2005 l’ex premier libanese Rafiq Hariri. Un importante quotidiano italiano inoltre ieri lo definiva un «nuovo ricco» che passava la vita «tra yacht di lusso e blitz militari in Siria», insomma il solito profilo del terrorista assetato di sangue che se la spassa nei momenti di relax.
Di certo c’è che Mustafa Badreddine dopo aver preso il posto di Imad Mughniyeh nel 2008, ha contributo in modo determinante ad accrescere il potenziale bellico del movimento sciita. Poi, nel 2012, un anno dopo l’inizio della guerra civile siriana, ha convinto il suo leader, Hassan Nasrallah, ad inviare reparti scelti a difesa dei siti sacri sciiti a Damasco minacciati dai jihadisti sunniti, il primo passo verso il coinvolgimento pieno di Hezbollah a sostegno di Damasco e del presidente Bashar Assad.
Come si è detto il ruolo centrale avuto in Siria rendeva Badreddine obiettivo di Israele e, allo stesso tempo, di avversari arabi. Non è da escludere peraltro una collaborazione tra Tel Aviv e Riyadh per eliminare un nemico comune. Israele potrebbe aver svolto l’attività di intelligence poi usata da uno dei numerosi gruppi sunniti radicali sul libro paga di re Salman dell’Arabia saudita. L’ipotesi più concreta resta però quella dell’attacco aereo israeliano.
La storia insegna che l’establishment politico-militare israeliano raramente ha rinunciato all’opportunità di eliminare un capo di una organizzazione nemica, anche a costo di provocare una escalation militare. Figuriamoci con un personaggio come Mustafa Badreddine, il “capo di stato maggiore” di quella che senza dubbio può essere considerata la forza militare più preparata e determinata che Israele abbia dovuto affrontare negli ultimi decenni. A maggior ragione ora che la tensione è in costante aumento e si parla con insistenza di un “secondo round”, una nuova guerra dopo quella che fu combattuta dieci anni fa dal movimento sciita e lo Stato ebraico in Libano del sud.
Cosa farà Hezbollah, che ha subito un colpo durissimo, se sarà confermata la responsabilità di Israele nell’uccisione del suo capo militare? Il movimento sciita, anche dopo la bomba che a Damasco uccise Imad Mughniyeh, ha attuato rappresaglie limitate per vendicare l’uccisione di alcuni suoi esponenti di primo piano da parte di Israele. Ed è difficile immaginare che in questa occasione possa rispondere con un’ampia operazione militare.
Con 5-6mila dei suoi combattenti impantanati nella guerra civile siriana, la capacità di azione di Hezbollah appare ristretta. Il movimento sciita non appare in grado al momento di sostenere l’urto sul terreno dell’esercito israeliano, uno dei più potenti al mondo, come aveva saputo fare nell’estate del 2006. Una nuova guerra, ha già annunciato Israele, coinvolgerà tutto il Libano con effetti devastanti, un altro punto che potrebbe frenare Hezbollah dal tentare di vendicare l’uccisione di Badreddine.
Il movimento sciita infine considera fondamentale in questa fase restare impegnato in Siria. La caduta di Damasco avrebbe effetti più devastanti per le sue strategie di quelli dell’uccisione di un capo militare certo importante e carismatico ma comunque sostituibile.

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