Renata Pepicelli. : C'è anche un altro jihad che sta trasformando il mondo islamico: il gender jihad

; C'è anche un altro jihad che sta trasformando il mondo islamico: il gender jih
Il gender jihad sfida integralismi di diversa natura sulla base di interpretazioni libertarie di quegli stessi testi sacri che i fondamentalisti hanno trasformato in…
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C'è anche un altro jihad attualmente in corso in "Oriente" come in "Occidente", un jihad che non riguarda la lotta contro gli "infedeli" e tanto meno la costituzione di un sedicente stato islamico. È il "gender jihad" combattuto da donne, ma anche da uomini, che si richiamano al primo significato della parola jihad che è quello di "sforzo", inteso come lotta interiore che i singoli individui devono intraprendere per migliorare se stessi e l'ambiente che li circonda. È una battaglia, individuale e collettiva, contro le diseguaglianze di genere i cui principali strumenti sono le fonti religiose islamiche. L'idea di fondo è che l'Islam sia stato portatore di un messaggio di giustizia sociale e di genere, ma che questo messaggio sia stato tradito nel corso degli ultimi secoli da interpretazione misogine e patriarcali del Corano e degli altri testi sacri. Di fronte a questo stato di cose è necessario - sostengono attiviste e teologhe come l'afro-americana Amina Wadud e l'irano-statunitense Laleh Bakhtiar - riaprire le porte dell'ijtihad (parola che deriva dalla stessa radice di jihad).Ovvero è necessario riattivare lo sforzo di ricerca indipendente sulle fonti religiose con lo scopo di produrre nuove esegesi (tafsir). Tali nuove interpretazione devono tendere ad attualizzare il messaggio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani che attraversa la dottrina e l'etica islamica delle origini.
Si tratta di discorsi e pratiche riconducibili a quel più generale movimento di riforma del pensiero islamico che vede al suo interno intellettuali quali Abdullahi An-Naʿim, Khaled Abou El Fadl, Asghar Ali Engineer, Abdennur Prado, Shahb Ahmed, Hassan Hanafi. In molti, operando una forzatura di ordine categoriale, chiamano questo movimento per l'uguaglianza di genere "femminismo islamico". Qualunque sia la terminologia che si vuole scegliere per definirlo, si tratta nei fatti di una corrente del movimento delle donne in ambienti musulmani o con background musulmano che si va ad affiancare alla lunga tradizione di femminismo "laico" che ha attraversato tutto il Novecento arrivando fino ai giorni nostri.
Sotto il termine "femminismo islamico" si trova una galassia diversificata e plurale, che trascende le categorie di Occidente e Oriente. Dall'Iran al Marocco, dalla Malesia agli Stati Uniti d'America, singole donne, studiose, attiviste, ma anche gruppi come Musawah e Sisters in Islam si battono per la riforma di codici e istituti patriarcali. Grazie a internet costruiscono reti al tempo stesso locali e globali, mentre danno spazio e voce a nuove autorità religiose.
In Marocco, Asma Lambrabet - che ha raccolto l'eredità della compianta Fatima Mernissi recentemente scomparsa - e in Egitto Omaima Abu Bakr stanno lavorando a una ricostruzione della storia dell'Islam al femminile. In Francia Zahra Ali sta riconcettualizzando il discorso del femminismo islamico, collocandolo all'interno dei solchi dei femminismi postcoloniali che a partire da Chandra Talpade Mohanti e Gayatri Chakravorty Spivak hanno mostrato la pluralità e diversità dei movimenti delle donne.
Anche in Italia pratiche e esperienze riconducibili al "femminismo islamico" stanno prendendo forma. Dalle letture femministe dei testi sacri proposte dalla teologa di origine iraniana Shahrzad Houshmand all'attivismo di donne come Marisa Iannucci, Donatella Amina Salina e Sumaya Abdel Qader, animatrice di esperienze significative come il progetto Aisha contro la violenza di genere all'interno delle comunità musulmane o la biciclettata nelle vie di Milano contro il divieto espresso da un imam a che le donne vadano in bicicletta.
Il femminismo islamico sta dunque trasformando singoli individui, gruppi, comunità mentre spiazza vecchie e nuove visione orientaliste del mondo islamico. È un jihad che non fa notizia come quello di al-Baghdadi e i suoi seguaci (uomini e donne) ma, a bene vedere, si colloca sullo stesso terreno, e lo mina nelle fondamenta, allorquando nega che c'è una sola interpretazione del Corano e afferma il diritto di ciascun musulmano/a di parlare in nome dell'Islam. Il gender jihad sfida integralismi di diversa natura sulla base di interpretazioni libertarie di quegli stessi testi sacri che i fondamentalisti hanno trasformato in strumenti per opprimere e reprimere le differenze, a partire da quelle che attraversano il mondo e il pensiero islamico. Ed è proprio in questo aspetto di sfida agli integralismi in nome dell'Islam che si trova la dimensione più rivoluzionaria del gender jihad.

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