Patrizia Cecconi : Il saber palestinese racconta la storia

 

Immagine storia relativa a palestina tratta da comune-info.net

 

 

 

Il saber palestinese racconta la storia

comune-info.net-4 ore fa
“In tutta la Palestina storica, ovunque vedrai spuntare un saber, fino al 1948 c'era un villaggio arabo”. Questo mi disse un giorno un prete ...
 
 
La determinazione a rimuovere ogni traccia del passato non è seconda forse neppure all’arroganza. La storia dei territori occupati da Israele in Palestina, tuttavia, può essere raccontata in molti e fantasiosi modi. Quello che qui suggerisce a Patrizia Cecconi un prete cristiano è certo tra i più suggestivi: dove vedi spuntare un saber, un fico d’India, fino alla Nakba del 1948 c’era uno dei 400 villaggi arabi rasi al suolo dai soldati di Tel Aviv. Come si usa ancora in molte zone del sud Italia, nei terreni aridi e pietrosi gli arabi segnavano i confini tra gli appezzamenti con questa fantastica pianta importata dalle Americhe. Al di là dell’insospettabile rivelazione di memoria storica, da questa parte dell’Atlantico le sue straordinarie virtù sono ancora largamente sottostimate 
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di Patrizia Cecconi
“In tutta la Palestina storica, ovunque vedrai spuntare un saber, fino al 1948 c’era un villaggio arabo”. Questo mi disse un giorno un prete cristiano in Palestina.
E’ cominciata così la mia attenzione al fico d’India, il saber appunto, nome scientifico: Opuntia ficus-indica. Famiglia delle Cactacee, genere Opuntia, specie ficus-indica. Originario del Messico e importato nel vecchio continente nel 1493 dagli spagnoli che devastarono il nuovo mondo appena scoperto.
Il fico d’India portato nel vecchio mondo si ambientò perfettamente nei climi aridi e tuttora vive bene su terreni pietrosi e assolati come se ne trovano in Palestina, ma anche nelle nostre regioni del Sud. 
Gli arabi lo usavano, oltre che per i suoi frutti, per segnare i confini tra i diversi fondi e nelle campagne siciliane quest’uso è ancora abbondantemente presente come lo era nei villaggi palestinesi. E’ proprio per quest’uso che il prete palestinese mi disse che avrei ancora potuto trovare traccia di alcuni degli oltre 400 villaggi rasi al suolo nel 1948 dalle appena nate eppur già così “efficienti” forze israeliane!
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In Palestina il fico d’India si è immediatamente naturalizzato e da diversi secoli è talmente diffuso che viene comunemente considerato originario di questa terra, in fondo così accogliente che lo lascia crescere ovunque, accettando che venga rappresentato  come un simbolo identitario quasi al pari dell’olivo.
Per esempio non fu mai rimproverato al regista  Franco Zeffirelli di aver preso la grande cantonata di inserire i fichi d’India nei paesaggi del suo “Gesù di Nazareth”, semmai ci si ride sopra!
Saber in arabo significa anche pazienza e mi dicono che il nome probabilmente nasce dalla pazienza necessaria a privare delle migliaia di spine i suoi buonissimi frutti i quali sono ricchi di calcio, fosforo e vitamina C.
I cladodi, cioè i fusti modificati che sostituiscono le foglie nella fotosintesi clorofilliana e che comunemente sono chiamati pale o, erroneamente, foglie, sono ricchi di una sostanza gelatinosa efficacissima contro gli accessi di tosse e in particolare contro la tosse convulsa. Una volta privati delle spine sono anche buoni da mangiare, sia cotti che crudi e perfino in marmellata. Se cotti, il loro sapore ricorda quello degli asparagi e, oltre al piacere del gusto, va tenuto presente il loro effetto gastroprotettore  e la capacità di ridurre l’assorbimento di grassi e zuccheri aiutando il metabolismo glico-lipidico. I cladodi sono  un cibo ipocalorico ricco di fibre, pectine e mucillagini, tengono sotto controllo i tassi di glucosio e colesterolo nel sangue e favoriscono la digestione.
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Il frutto del fico d’India, chiamato anch’esso fico d’India, è una bacca, all’esterno ha ciuffi di aculei che ne rendono immangiabile la buccia, mentre all’interno ha una polpa dolcissima, mucillaginosa e con molti semi ossei ed oltre ad essere di sapore ottimo ha  proprietà antisettiche, emollienti e lassative ed ha una comprovata  capacità di ritardare la crescita delle cellule tumorali. Inoltre è efficace nella cura del diabete, come le sue pale riduce il tasso di colesterolo nel sangue, è efficace nel curare i disturbi gastrointestinali.  Sia le pale che i frutti contengono poi vitamina A, B1, B2, B3 e C.
In particolare, l’alto contenuto di vitamina C ha fatto di questo cibo una delle prime cure contro lo scorbuto per i lunghi viaggi in mare già dalla fine del 1400. Nei frutti, ma soprattutto nelle pale, si trovano poi minerali importanti quali calcio, magnesio, ferro, potassio e rame.
I fiori del fico d’India sono di una rara bellezza. Spuntano sul margine del cladodo ed hanno i petali lucidi e solitamente di colore giallo brillante. Fioriscono in questa stagione e dal loro ovario si sviluppa il frutto che maturerà in piena estate. Volendo, i frutti possono essere anche essiccati e conservati per l’inverno mantenendo molte delle proprietà che hanno da freschi, a parte alcune vitamine che vanno perdute durante l’essiccazione.
In Palestina, dove il saber cresce  praticamente ovunque, potrebbe svilupparsi con facilità una produzione, ovviamente biologica, di frutti essiccati e  le donne di alcuni dei villaggi di Gaza particolarmente massacrati dai bombardamenti israeliani e dalla povertà,  hanno preso in considerazione questa opportunità di cui ho parlato loro  proprio in questi giorni. Ora si tratta di lavorarci affinché possa svilupparsi questa nuova attività che produrrebbe insieme piacere per un cibo particolarmente gustoso e salubre e reddito per chi vorrà farne un nuovo lavoro.
Oltre all’essiccazione del frutto, questa pianta può offrire facile applicazione in campo erboristico poiché il gel contenuto nei cladodi giovani, e ottenibile per semplice centrifuga, può essere consumato in modeste quantità prima dei pasti. Questo gel, legandosi ai cibi, porta ad un effetto che è insieme gastroprotettore, di controllo della massa ponderale, detossicante in quanto facilita il transito intestinale e, infine, come già detto, riduttore dei livelli di colesterolo e di zuccheri nel sangue. Il tutto con semplice ricorso alla natura la quale,  avendo generosamente accolto un figlio nato in un altro continente, si trova arricchita e pronta a condividere questa ricchezza chiedendo solo un po’ di “saber”, stavolta inteso come pazienza, per liberare dalle spine questo suo figlio oggi diventato palestinese.
Patrizia Cecconi, studiosa di psicologia sociale e presidente dell’associazione Oltre il mare. Ha scritto diversi libri: Lessico deviante e Vagando di erba in erba. Racconto di una vacanza in Palestina,  Città del sole edizioni; Belle e selvatiche. Elogio delle erbacce Chimienti editore. Tra le molte altre cose, cura un blog dedicato alla vita delle piante in Palestina, la terra che le scorre nelle vene, dove pubblica i testi che ha scelto di inviare a Comune-info e all’agenzia di stampa Nena News, diretta da Michele Giorgio, storico corrispondente del manifesto, la fonte italiana più autorevole e attenta alle notizie mediorientali.
L’adesione di Patrizia Cecconi alla campagna Facciamo Comune Insieme 
La taverna delle erbe e una storia piccola

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