Palestina: un’altra occasione per Abbas e Mishal


 
 
 
 
La notizia è di questi giorni: Mahmoud Abbas e Khaled Mishal, leader politico di Hamas, si incontreranno a Doha entro la fine di questo mese
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La notizia è di questi giorni: Mahmoud Abbas, il Presidente dell’Anp (Autorità Nazionale Palestinese) e Khaled Mishal, leader politico di Hamas, si incontreranno a Doha entro la fine di questo mese. L’obiettivo è la costituzione di un Governo di unità palestinese che le due fazioni hanno già ratificato due anni fa sulla carta, ma mai messo in atto. L’accordo, firmato trionfalmente nel campo profughi di Shati, a Gaza, nell’aprile del 2014, è rimasto lettera morta.
La staffetta per arrivare a un nuovo intendimento tra le due parti è iniziata a febbraio a Doha, in Qatar, con l’incontro a più riprese tra alti rappresentanti di  Hamas e Fatah. E ha già avuto una tappa anche in Turchia. Secondo il giornale arabo con sede a Londra ‘al-Araby al-Jadeed‘, sabato scorso funzionari di Hamas e Fatah si sono incontrati a Istanbul per sondare le possibilità concrete di un accordo: segno che questa nuova iniziativa di riconciliazione tra le fazioni palestinesi fa parte delle manovre regionali dall’asse di ferro Qatar-Turchia, principali sponsor di Hamas. Un’asse fin troppo vicino alla Fratellanza Musulmana per i gusti dell’Egitto che ha sempre visto la questione palestinese alla stregua di un affare interno. Ecco perché sarà difficile che il Presidente egiziano Abdel Fattah Al Sissi resti a guardare, mantenendosi distante delle contrattazioni. Non è un caso che proprio in questi giorni una delegazione di Hamas si trovi al Cairo per negoziare accordi con lo Stato egiziano. In passato Al Sissi ha già avuto più di un disappunto con l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani. Il Presidente egiziano lo ha invitato senza mezzi termini a non traferire fondi ad Hamas, ricordandogli che il movimento islamico è il principale sostenitore delle tribù del Sinai negli scontri con l’esercito egiziano.
Al Sissi al Cairo ha già fatto sapere ad Hamas quali sono le sue precondizioni: il ritorno di Gaza alle situazione precedente al giugno 2007, quando il movimento islamico ha insediato un proprio Governo nella Striscia dopo aver sconfitto le forze di sicurezza di Fatah. Resta da vedere quanto Hamas sia disposto a cedere in cambio della riapertura del valico di Rafah e un allentamento dell’embargo imposto sulla Striscia di Gaza.
Le questioni aperte tra Hamas e Fatah non sono solo di ordine politico. Non riguardano tanto le elezioni per il Consiglio legislativo e la presidenza dell’Anp: su questo l’accordo tra le due parti è già stato raggiunto lunedì scorso con la data delle elezioni fissata tra sei mesi.
I nodi più difficili da sciogliere restano il controllo del valico di Rafah, al confine con l’Egitto, e di Kerem Shalom, al confine con Israele. È da questi due valichi che passano le merci per Gaza ed è qui che si raccolgono i dazi. Si tratta di decidere chi, tra Hamas e Fatah, deve controllarli e a chi devono andare i soldi. Da quando il valico di Rafah è chiuso, Hamas sta affrontando una crisi finanziaria senza precedenti. Anche per questo occorre risolvere una seconda questione di carattere economico, perché non è chiaro, in caso di riconciliazione, chi debba pagare gli stipendi ai funzionari di Hamas a Gaza, mai riconosciuti dall’Anp. Pare che per risolvere il dilemma si sia fatto avanti a Doha un non meglio precisato Stato arabo, forse il Qatar stesso, che ha generosamente offerto di pagare questi stipendi per quattro mesi. Il tempo necessario per l’Anp per decidere quali funzionari verranno riconosciuti nel nuovo Governo di unità nazionale e quali vadano licenziati.
Cosa si intenda fare con il braccio armato di Hamas, le brigate Izz ad-Din al-Qassam, e come coopereranno con le forze di sicurezza dell’Anp non è ancora chiaro. Non è certo un elemento di poco conto. Anzi, diventerebbe esplosivo nel momento in cui l’Anp e gli uomini di Fatah dovessero riprendere il controllo della Striscia.
A complicare il puzzle, ci sono le rivalità interne a Fatah, in particolare quelle tra Abbas e Muhammad Dahlan, ex capo delle forze di sicurezza palestinesi, cacciato dall’Anp nel 2011 proprio dal Presidente Abbas. Dahlan è un uomo molto vicino al Presidente egiziano Al Sissi ed è l’unico a contare quando si vuole dialogare con Hamas a Gaza. Era l’uomo più odiato dal movimento islamico perché era stato lui a guidare gli uomini di Fatah nel tentativo di strappare la Striscia alle forze di Hamas nel giugno del 2007. Ma da quando la moglie di Dahlan è tornata a Gaza con la sua ong Takafol per distribuire milioni di dollari in aiuti alla popolazione locale, le cose si sono sistemate. In caso di accordo per un Governo di unità palestinese, Egitto e Hamas appoggerebbero con ogni probabilità la candidatura di Dahlan come prossimo Presidente dell’Anp. E questo l’ottantunenne Abbas lo sa e proprio non potrebbe sopportarlo.
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