GAZA. Estesa zona di pesca a 9 miglia dalla costa Video




Le autorità israeliane hanno concesso ai palestinesi un ampliamento dell’area marittima di oltre 3 miglia dalla costa. Ma i pescatori chiedono maggiori diritti
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di Rosa Schiano
Roma, 4 aprile 2016, Nena News – Centinaia di piccole barche e pescherecci sono salpati dal porto di Gaza nel pomeriggio di ieri per raggiungere le 9 miglia dalla costa, il nuovo limite marittimo che Israele ha concesso ai pescatori palestinesi estendendo l’area per la pesca precedentemente limitata alle 6 miglia.
Tanti e tutti insieme sono partiti, condividendo l’emozione con chi dal porto assisteva a questo evento che non accadeva da almeno 10 anni, mentre altri pescatori le cui barche sono state confiscate erano attristati per non poter parteciparvi. Decine di persone in piedi sugli scogli hanno accompagnato le barche con i loro occhi, i loro sorrisi, le macchine fotografiche.
Dallo scorso giovedì si era appreso che le autorità israeliane avevano deciso di estendere l’area per la pesca a partire dal mese di aprile e solo per alcune zone della Striscia: dalla parte centrale detta “Wadi Gaza” verso sud fino al confine egiziano, senza variazioni per il limite di 6 miglia nelle acque a nord della Striscia.
Nizar Ayyash, presidente dell’Unione dei pescatori di Gaza, ha dichiarato che l’estensione non è sufficiente ed ha sottolineato che gli accordi di Oslo riconoscono ai palestinesi 20 miglia nautiche dalla costa.
La preoccupazione è tanta e giustificata. In un’intervista rilasciata al New York Times, Zacaria Baker, coordinatore locale del comitato dei pescatori nella UWAC (Union of Agricultural Work Committees), oltre ad esprimere la grande emozione vissuta dai pescatori, ha chiesto se sarebbe stata garantita loro anche una adeguata protezione, affermando che a volte le forze navali israeliane aprono il fuoco anche all’interno delle zone autorizzate. La maggior parte dei pescatori usano il GPS per misurare la loro distanza dalla costa, ha affermato Baker.
Le autorità israeliane negano di attaccare barche palestinesi all’interno dell’area concessa, affermando di fermare o arrestare soltanto i pescatori che violano questo limite. Eppure, nel corso degli ultimi anni, sono diverse le testimonianze e le registrazioni di violazioni da parte delle navi militari israeliane che immotivatamente sono entrate nelle acque di Gaza ed hanno attaccato ed arrestato pescatori. Si tratta di violazioni – uso di armi da fuoco, cannonate di acqua, inseguimenti, arresti – che spesso sono state riportate anche da osservatori internazionali, denunciate da centri per i diritti umani e che in alcuni casi sono state visibili anche dalla costa. Inoltre, è stato spesso rilevato che il limite marittimo a nord di Gaza non è effettivamente di 6 miglia – come invece dichiarato – e che la marina israeliana ha imposto ai pescatori di lavorare in uno spazio marittimo più ristretto man mano che ci si avvicina al confine israeliano (concedendo un limite di circa 1.5 miglia dalla costa).
Nel corso degli anni i pescatori sono stati vittime non solo di attacchi e di arresti, ma sono stati spesso privati delle loro imbarcazioni – unica fonte di sostentamento per le loro famiglie – e delle attrezzature per la pesca.
La maggior parte dei pescatori di Gaza vive in condizioni di povertà e molti di essi si sono indebitati per poter acquistare i motori, spesso crivellati dai proiettili. A causa di queste difficoltà il numero dei pescatori è diminuito progressivamente nel corso degli anni. Ciò che essi guadagnano non è sufficiente a soddisfare le necessità economiche delle proprie famiglie.
Gli accordi per la tregua raggiunti con l’ultima offensiva israeliana dell’estate del 2014 denominata “Margine Protettivo” avevano stabilito un’estensione dell’area per la pesca fino a 6 miglia dalla costa, come era già stato previsto dagli accordi per la tregua della precedente operazione “Pilastro di Difesa” (novembre 2012). Nena

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