Rapporto Ocha sul periodo 23 febbraio – 7 marzo 2016
Rapporto Ocha sul periodo 23 febbraio – 7 marzo 2016
Durante
il periodo di due settimane sono stati segnalati nove attacchi
palestinesi, o presunti attacchi, contro israeliani e coloni israeliani,
con conseguente ferimento di sette israeliani; cinque dei presunti
responsabili sono stati uccisi sul posto, tra cui un ragazzo di 17 anni e
una donna di 34 anni, mentre un altro palestinese è stato ferito e una
ragazza di 14 anni è stata arrestata.
Gli episodi
si riferiscono a sette accoltellamenti, o presunti tentativi di
accoltellamento: presso il checkpoint DCO di Ramallah, presso il
villaggio di Burin (Nablus), di Auja (Jericho), presso gli insediamenti
di Ma’ale Adumim (Gerusalemme) e di Eli (Nablus) e nei pressi dello
svincolo stradale di Gush Etzion (Betlemme); in quest’ultima località
c’è stato un sospetto speronamento con auto, mentre vicino
all’insediamento di Ariel (Salfit) sono stati sparati colpi di arma da
fuoco contro un veicolo della polizia israeliana. Dall’inizio
dell’anno, gli attacchi o sospetti attacchi palestinesi hanno provocato
la morte di quattro israeliani e di 31 aggressori (o presunti tali)
palestinesi, tra cui dieci minori.
Un
ventiduenne palestinese è stato ucciso, con armi da fuoco, nel Campo
profughi di Qalandiya (Gerusalemme) durante scontri verificatisi nel
corso di un’operazione militare che intendeva proteggere l’uscita dal
Campo di due soldati israeliani che vi erano entrati erroneamente. Nei
Territori palestinesi occupati gli scontri con le forze israeliane hanno
provocato il ferimento di 225 palestinesi, tra cui 65 minori. Nove
dei ferimenti si sono verificati nella Striscia di Gaza, vicino alla
recinzione perimetrale, i rimanenti in Cisgiordania; la maggior parte di
questi ultimi sono avvenuti durante scontri nel corso delle
manifestazioni settimanali a Kafr Qaddum (Qalqiliya) e Ni’lin
(Ramallah); in scontri nei pressi del villaggio di Al-Khader; presso la
Tomba di Rachele a Betlemme; e nel corso di undici distinte operazioni
di ricerca-arresto. Sale così a otto il numero di palestinesi (tre
dei quali minori) uccisi dall’inizio del 2016 durante scontri nei
Territori occupati, mentre il numero dei feriti sale a 1.170 (di cui 381
minori).
Il 2 marzo, in seguito ad un attacco [palestinese] nei pressi dell’insediamento [colonico israeliano]
di Bracha, le forze israeliane hanno bloccato per cinque giorni
consecutivi gli ingressi principali dei vicini villaggi di Burin, Iraq
Burin e Madama (5.900 persone), ad ovest della città di Nablus, ed hanno
dislocato checkpoints temporanei sulle strade secondarie. Nello
stesso periodo, l’esercito israeliano ha aperto l’ingresso a nord del
villaggio di Bani Na’im (Hebron), che era rimasto chiuso negli ultimi
tre mesi.
Sono
tuttora trattenuti dalle autorità israeliane (da periodi di tempo che
vanno dai 29 ai 153 giorni) i corpi di nove palestinesi, tutti
ex-residenti di Gerusalemme Est, sospettati di aver perpetrato attacchi
contro israeliani.
Il 25 febbraio, in
Jabalia, a nord della città di Gaza, un bambino palestinese di 5 anni è
stato ucciso dall’esplosione di un residuato bellico mentre un altro di
6 anni è rimasto ferito.
Nella
Striscia di Gaza, in Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare, sono
stati registrati almeno 36 episodi in cui le forze israeliane hanno
aperto il fuoco di avvertimento contro civili palestinesi o contro le
loro proprietà; in nessun dei casi ci sono state vittime, ma un’aula
di una scuola elementare palestinese, ad est della città di Gaza, è
stata danneggiata dagli spari mentre erano in corso le attività
didattiche. Durante il periodo di osservazione sono stati arrestati
tredici palestinesi: tre nei pressi della recinzione di confine che
circonda Gaza, dopo essere entrati in Israele senza l’autorizzazione
israeliana, un membro della squadra nazionale palestinese di calcio al
valico di Erez e nove pescatori arrestati in mare, secondo quanto
riferito, dopo essere stati costretti dalle forze israeliane a togliersi
i vestiti e nuotare verso l’imbarcazione militare.
Nella
città di Hebron, a Deir Samit ed a Tarusa, sempre nel governatorato di
Hebron, le autorità israeliane hanno distrutto tre case appartenenti a
palestinesi accusati di aver compiuto, lo scorso novembre, attacchi
contro israeliani: sfollate 22 persone, tra cui tredici minori.
Durante la settimana, a Qabatiya (Jenin), con le stesse motivazioni,
sono stati consegnati ordini di demolizione contro altre tre case. Le
demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva che
contrasta con una serie di disposizioni del diritto internazionale.
Durante il periodo di riferimento, in
Area C e presso comunità di Gerusalemme Est, per mancanza di permessi
di costruzione rilasciati da Israele, le forze israeliane hanno
distrutto, o smontato e confiscato, 85 strutture, 17 delle quali fornite
come assistenza umanitaria. Come risultato, 96 persone, tra cui 41
minori, sono state sfollate e altre 255 sono state coinvolte in vario
modo. L’episodio più grave ha interessato la comunità beduina
palestinese di Khirbet Tana (Nablus), quasi interamente distrutta (41
strutture), che si trova in una “zona per esercitazioni a fuoco”.
Dall’inizio del 2016, il numero delle strutture demolite è già pari al
70% delle demolizioni registrate in tutto il 2015, mentre il numero
degli sfollati è quasi il 68% del totale del 2015. Il numero delle
strutture finanziate da donatori e demolite (120) ha già superato il
totale del 2015 (erano state 108). Il 17 febbraio, Robert Piper,
Coordinatore per le Attività Umanitarie e di Sviluppo delle Nazioni
Unite per i Territori palestinesi occupati, ha chiesto la cessazione
immediata della distruzione di beni di proprietà palestinese nella
Cisgiordania occupata ed il rispetto del diritto internazionale.
Durante
il periodo di due settimane sono stati registrati otto attacchi di
coloni israeliani contro palestinesi, con conseguenti lesioni o danni:
l’aggressione e il ferimento di cinque palestinesi, tra cui una donna, a
Nablus, Salfit ed Hebron; lo sradicamento di 30 piantine di ulivo in
Qusra (Nablus), secondo quanto riferito, ad opera di coloni provenienti
dall’insediamento di Esh Kodesh; danni ad un veicolo palestinese ad
Asira al Qibliya (Nablus), secondo quanto riferito, ad opera di coloni
provenienti dall’insediamento di Yitzhar. Inoltre (non incluso nel
conteggio), vicino all’ingresso della colonia di Ariel (Salfit), un
palestinese è stato investito e ferito da un veicolo con targa
israeliana.
I media
israeliani hanno riportato tre casi di lancio di pietre (presso Hebron e
Betlemme) da parte di palestinesi contro veicoli di coloni israeliani,
con conseguenti danni per tre veicoli privati. Il 3 marzo, nel
villaggio di Shufa (Tulkarm), le autorità israeliane hanno distribuito
volantini, minacciando provvedimenti punitivi contro i residenti, nel
caso dovesse persistere il lancio di pietre contro le auto israeliane.
Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni.
Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24
ottobre 2014 ad eccezione di 42 giorni di aperture parziali. Le autorità
di Gaza hanno segnalato che sono registrati e in attesa di attraversare
oltre 25.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 malati.
Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)
L’8 e il 9 marzo, in
Israele e Gerusalemme, sono stati segnalati sei attacchi palestinesi
contro israeliani. Come risultato sono state uccise sette persone, tra
cui sei dei presunti responsabili palestinesi; altre 15 persone sono
rimaste ferite.
Il 9 marzo, vicino
al villaggio di Az Zawiya (Salfit), le forze israeliane hanno ucciso un
ragazzo palestinese di 16 anni che aveva tentato un accoltellamento.
nota 1:
I
Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua
inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati
statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei
civili nei territori palestinesi occupati.
sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1
L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.
le traduzioni in italiano sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:
nota 2: in caso di discrepanze, fa testo la versione originale in lingua inglese. Nella versione italiana non sono riprodotti i
dati statistici ed i grafici.
Associazione per la pace – Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it; Web: https://sites.google.com/site/assopacer
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