L'Osservatore Romano : Riccardo Burigana «Anche il Corano condanna la violenza»





18 marzo 2016
«Il confronto su come leggere e interpretare i testi sacri è un passaggio fondamentale del dialogo islamico-cristiano nel ventunesimo secolo, poiché tali testi costituiscono il cuore delle rispettivi fedi»: con queste parole Simone Sinn, segretaria per le relazioni interreligiose del Dipartimento per la teologia della Federazione mondiale luterana, ha commentato l'incontro sul tema «Transformative Readings of Sacred Scriptures», tenutosi recentemente a Oslo. L'appuntamento, promosso dalla Lutheran World Federation in collaborazione con il Centro per la teologia islamica di Münster e la Facoltà di teologia dell'università di Oslo, è stato l'occasione per una riflessione a più voci (islam, cristianesimo, in particolare mondo luterano) su come devono essere letti i testi sacri in modo da favorire la reciproca comprensione della volontà di Dio.
Fin dai primi interventi è stato messo in evidenza che si tratta di un tema sul quale è in corso un ampio e articolato dibattito nelle singole comunità. Queste ultime si stanno interrogando sulle strade da percorrere per comprendere la volontà divina nei tempi presenti e per contribuire a una riflessione teologica in grado di alimentare il dialogo islamico-cristiano. Un tema, com'è immaginabile, di grande attualità soprattutto alla luce dell'uso strumentale della religione che alcuni gruppi fondamentalisti utilizzano per diffondere odio e violenza terrorista.
A Oslo, a partire da una serie di comunicazioni su aspetti specifici (la lettura dei primi sette capitoli del Primo libro di Samuele per la definizione del rapporto Dio-uomo o la riflessione su Adamo ed Eva nel Corano alla luce del ripensamento delle relazioni uomo-donna), si è discusso su come i testi sacri siano stati letti e riletti per generazioni determinando modalità e forme di trasmissione del messaggio divino. Proprio su quest'ultima questione ci si è soffermati a lungo dal momento che, è stato rilevato, tale trasmissione ha portato, in molti casi, alla formazione di reciproci pregiudizi che hanno impedito la creazione di un dialogo, favorendo una logica di contrapposizione che ha provocato violenza e conflitti. Riconsiderare, come è stato fatto a Oslo, il rapporto fra testo sacro, tradizione e contesto rappresenta dunque un passaggio fondamentale nella costruzione di un dialogo tra cristianesimo e islam che certo non intende spingere a una riscrittura dei libri della fede, ma vuole aiutare alla comprensione di Bibbia e Corano così da aiutare le religioni a giocare un ruolo attivo nella definizione di una società che abbia come priorità la costruzione della giustizia e della pace.
Di fronte alle difficoltà e alle resistenze che incontra il dialogo islamico-cristiano è stato evidenziato come la presenza di centri accademici e cattedre di teologia islamica in Europa possa favorire questo tipo di percorso, aprendo spazi di collaborazione che sappiano andare oltre il confronto accademico in modo da coinvolgere le comunità religiose e la società. Si tratta di un percorso che deve confrontarsi con storie e sensibilità molto diverse, tanto più quando si affrontano dei temi concreti, come il rapporto tra misericordia e grazia, la violenza e le religioni, il dibattito sul gender, il rapporto tra uomo e donna, l'ecologia e lo sviluppo economico. Su questi temi, discussi al convegno nella capitale norvegese, si ha una pluralità di posizioni che si richiamano, direttamente o indirettamente, ai testi sacri.
Per Simone Sinn l'incontro di Oslo ha messo ancora una volta in luce quanto centrale sia la lettura e l'interpretazione della Bibbia e del Corano non solo nella vita delle singole comunità, per sviluppare il dialogo islamico-cristiano nella quotidianità, ma anche nella stessa società contemporanea per un superamento delle diffidenze che provocano discriminazione. Cristiani e musulmani — è stato sottolineato — devono condividere la responsabilità di presentare Bibbia e Corano per condannare ogni forma di violenza, tanto più quando questa si nasconde proprio dietro la religione, e per proporre una cultura dell'accoglienza e dell'ascolto.

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