Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni? Un’intervista a Omar Barghouti



Partendo della campagna italiana Stop Technion, il co-fondatore del Pacbi parla dei risultati del Bds, delle accuse di antisemitismo e del ruolo degli intellettuali e degli…
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Partendo della campagna italiana Stop Technion, il co-fondatore del Pacbi parla dei risultati del Bds, delle accuse di antisemitismo e del ruolo degli intellettuali e degli accademici
barghouti
di Ranieri Salvadorini – Lavoro Culturale
Roma, 18 marzo 2016, Nena News – A gennaio in Italia è stato lanciato Stop Technion, un appello nazionale per il boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane. L’appello, che si unisce ad altre iniziative internazionali che hanno visto studiose e studiosi di molti paesi prendere posizione a favore del boicottaggio, ha superato le 330 firme.

In seguito a varie forme di pressione politica da parte di alcuni rettori delle nostre università e dell’ambasciata israeliana, molti eventi universitari di discussione sul BDS e sul boicottaggio accademico organizzati da studenti e studiosi italiani, da Cagliari, a Torino, a Roma, sono stati censurati; cancellata la disponibilità di aule; e nel caso del convegno nazionale degli studiosi italiani di Medio Oriente (SeSaMo 2016), il rettore dell’Università di Catania, che ospita il convegno, ha imposto la cancellazione di un panel di discussione sul BDS dal programma ufficiale della conferenza.
Di fronte alla pressoché totale assenza di voci palestinesi nel dibattito che ha fatto seguito alla pubblicazione dell’appello Stop Technion, e per capire meglio le ragioni dietro questo quadro nazionale di violazione della libertà di discussione accademica, anche di temi delicati come il BDS, pubblichiamo in versione integrale un’intervista di Ranieri Salvadorini a Omar Barghouti (co-fondatore del PACBI, Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel) precedentemente uscita su «Il Fatto Quotidiano».
Qual è lo stato di salute del BDS? E a quali risultati ha portato fino a oggi?
L’impatto del movimento nell’isolare il regime israeliano di occupazione, colonialismo e apartheid è ora riconosciuto dai vertici della politica, della sicurezza e dell’industria israeliane. Dal 2013 il contrasto al  BDS è stato affidato al ministero degli affari strategici. Lo stesso Ehud Barak (ex primo ministro israeliano, ndr) ammette che il movimento sta raggiungendo un “punto di svolta”, e l’ex capo del Mossad Shabtai Shavit ha scritto che “numerosi ebrei ne sono membri”, per questo rappresenta una sfida “critica”. L’elezione del governo della destra più estrema e razzista nella storia d’Israele ha svelato il suo vero volto di regime di oppressione. Questo ha aumentato la sofferenza palestinese, certo, ma ha anche intensificato la crescita, già impressionante, del BDS.
Un sondaggio di Globescan per la BBC sull’opinione pubblica internazionale ha mostrato Israele, negli ultimi anni, in costante concorrenza con la Corea del Nord in popolarità nel mondo – anche nelle più grandi nazioni europee.
In Italia, parte della stampa mainstream ha accolto il boicottaggio accademico titolando “Hamas ringrazia”, riferito alle affermazioni pubbliche sul sito di Hamas. Secondo lei quali sono le ragioni di questa associazione al BDS?
Il boicottaggio accademico è sostenuto dalla maggioranza assoluta della società civile palestinese, inclusi i sindacati accademici. Le università palestinesi, con una sola eccezione, hanno boicottato le università israeliane a partire dalla metà degli anni Novanta. Recentemente, le principali associazioni di accademici negli Stati Uniti come l’American Anthropological Association, l’American Studies Association e la National Women Studies’ Association hanno adottato il boicottaggio istituzionale delle università israeliane.
E così in Sudafrica, Brasile, Irlanda, Italia, Belgio, Canada, e altrove, hanno promesso di rispettare il boicottaggio accademico di Israele. I corpi rappresentativi degli studenti negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e Canada hanno adottato misure di disinvestimento dalle compagnie complici delle violazioni israeliane del diritto internazionale.
Di conseguenza, il presidente israeliano Reuven Rivlin ha definito il boicottaggio accademico come una “minaccia strategica di massimo livello” per il regime. Non c’è da stupirsi che i media influenzati da Israele, in Italia e altrove, stiano facendo gli straordinari per cercare di minare questo significativo successo.
I suoi articoli sono stati pubblicati sui quotidiani americani mainstream come il «New York Times» e il «Boston Globe». Qual è il pubblico che legge i suoi articoli e con cui Lei discute il BDS? Quali sono le principali sfide di questo dibattito attraverso cui il BDS sta diventando mainstream?
Il movimento BDS sta avendo spazio in una porzione significativa dei media mainstream di tutto il mondo, anche negli Stati Uniti, dove far sentire la nostra voce è particolarmente importante. Chiese, sindacati, associazioni di donne, gruppi per i diritti dei neri, dei latini e degli indigeni, gruppi studenteschi, reti LGBTQ, gruppi ebraici progressisti, tra gli altri, sono il nostro pubblico, e molto spesso i nostri alleati.
La nuova strategia di Israele per combattere il BDS comprende la guerra legale, campagne di propaganda di massa e lo spionaggio degli attivisti e attiviste e delle reti per i diritti umani che sostengono il BDS. Per attuare questa strategia aggressiva e repressiva, Israele si serve dei suoi alleati di destra e apertamente razzisti in Occidente.
Tuttavia, ricorrendo a misure estreme di bullismo, corruzione, intimidazione e coercizione, Israele sta creando un “nuovo maccartismo” e trasformando la fedeltà incondizionata a Israele in una sorta di test di lealtà, alienandosi la maggior parte dei suoi sostenitori liberali, tra cui gli attivisti ebrei più giovani che non possono più conciliare i loro valori liberali con la realtà razzista e coloniale del Sionismo.
Israele sta agendo con disperazione e panico irrazionali, perché si rende conto che sta perdendo la battaglia per i cuori e per le menti. I palestinesi sono finalmente prossimi al loro ‘momento sudafricano’.
La ricerca, sostengono i rettori delle università che collaborano con il Technion, è un luogo d’incontro dove “non valgono le ragioni della politica, ma quelle della scienza”. Il rettore del Politecnico di Torino, tra l’altro, ha specificato che l’università si limita a “collaborare su acqua e energie”. Perché boicottare la “buona ricerca” del Technion, definito il MIT di Israele?
Le università tedesche hanno prodotto ottima scienza negli anni Trenta, e così in Sudafrica, sotto l’apartheid. E allora? Se l’accademia è complice di violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani, come il Technion e le altre università israeliane, si deve chieder loro conto di questo, non della “buona ricerca” prodotta.
Chiediamo un boicottaggio del Technion a causa del suo profondo coinvolgimento e della sua collaborazione con l’esercito israeliano, che include la produzione di tecnologia militare usata da Israele per commettere crimini di guerra e crimini contro l’umanità a Gaza e altrove.
Come ha detto l’arcivescovo Desmond Tutu: «Le università israeliane sono una parte intima del regime israeliano, per scelta attiva. Mentre i palestinesi non sono in grado di accedere a università e scuole, le università israeliane producono ricerca, tecnologia, argomenti e leader per mantenere l’occupazione».
ln risposta alla petizione italiana, il rettore del Technion ha dichiarato che «il 20 per cento degli studenti del Technion sono arabi: stessa percentuale della minoranza araba rispetto alla popolazione israeliana». Dove sarebbe la discriminazione, di cui lo accusa il BDS? 
Molte istituzioni sudafricane avevano maggioranze nere, ma rimanevano istituzioni razziste. Il razzismo non ha nulla a che fare con percentuali e numeri, ma con una struttura egemonica che disumanizza gruppi indesiderati e nega loro uguali diritti. Nessuna propaganda può occultare il razzismo e la complicità del Technion, è tutto molto ben documentato.
Un’accusa frequente contro il BDS, che muovono soprattutto le grandi firme, è quella di antisemitismo, “mascherato da retorica antisionista”, che sarebbe “propria di certa sinistra, europea e statunitense”.
L’ideologia sionista è intrinsecamente razzista e affermare che il boicottaggio di Israele sia anti-semita è di per sé una dichiarazione antisemita, perché stabilisce un’equivalenza tra Israele e “tutti gli ebrei”, come se si trattasse di un blocco monolitico rappresentato esclusivamente da Israele. Chiunque neghi la diversità ebraica e dica che tutti gli ebrei sono uno, e lo stesso, è un antisemita. E i sionisti spesso rientrano in questa categoria.
Israele ha paura perché il BDS rifiuta categoricamente ogni forma di razzismo, compreso l’antisemitismo, e chiede parità di diritti per tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro identità. Il BDS si rivolge a Israele e alle entità che sono complici nel suo regime di oppressione, basandosi sul fatto che questo regime nega ai palestinesi i loro diritti stipulati dall’ONU in base al diritto internazionale. Il BDS colpisce le complicità, non le identità.
Eppure in Europa le accuse di antisemitismo fanno particolarmente presa… 
La macchina della propaganda sionista accusa immediatamente qualsiasi sostenitore di BDS di “antisemitismo” — una forma di bullismo e di repressione di ogni dissenso. Questa tattica agghiacciante è particolarmente usata contro gli europei che sostengono il boicottaggio, dato il senso di colpa per l’Olocausto e dopo decenni in cui Israele ha sfruttato questa colpa per spingere gli europei alla complicità con il suo regime di oppressione contro i palestinesi, con relativo successo.
Ma questa tattica non funziona con i palestinesi, che sono le vittime del Sionismo e del suo progetto coloniale, e che non hanno avuto alcun ruolo nell’Olocausto e non dovrebbero pagare per questo crimine con i loro diritti.
Perché il BDS spaventa così tanto Israele?
Israele sta usando ogni inganno possibile per combattere il BDS: è in difficoltà a combattere un movimento non violento, moralmente coerente, che si basa sul diritto internazionale e aderisce rigorosamente ai principi della Dichiarazione universale dei diritti umani. A disturbare Israele c’è anche la rapida crescita del numero di giovani attivisti ebrei tra le fila del BDS. Questo ha costretto il regime a ricorrere alla sua arma preferita: attaccare il movimento con accuse ridicole e infondate, che ripete attraverso la sua massiccia rete di propaganda.
Esiste nessun rischio che organizzazioni e forze anti-semite in Europa sfruttino e cooptino il movimento BDS?
Il BDS ha tolleranza zero per gli antisemiti. Ogni forma di razzismo, compreso l’antisemitismo, confligge in modo fondamentale con i nostri principi sui diritti umani. Non vi è quindi alcuna possibilità per tali razzisti di infiltrarsi o cooptare il movimento e la sua unita leadership palestinese.
Israele, d’altra parte, è diventato tra i migliori amici dei fondamentalisti cristiani fanatici negli Stati Uniti e delle forze di estrema destra xenofobe in Francia, Belgio, Regno Unito e anche in Germania, ignorando il loro implicito o spesso esplicito antisemitismo.
Il Sionismo ha sempre visto l’antisemitismo in modo utile per il suo progetto coloniale. I principali leader storici sionisti, come Jabotinsky, hanno apertamente ammirato e collaborato con i fascisti italiani.
Perché boicottare proprio Israele – vi si chiede – e occuparsi della Palestina, quando ci sono anche altri paesi dove la violazione dei diritti umani è prassi quotidiana? 
Accusare gli oppressi perché resistono agli oppressori è ipocrita e intellettualmente disonesto. Peggio, non ha senso. Quando Rosa Parks e il movimento per i diritti civili hanno dato il via alla campagna di boicottaggio contro la compagnia Montgomery Bus per le sue politiche di discriminazione razziale, quell’attacco era ipocrita perché altre compagnie in Messico e in Sudafrica si stavano comportando addirittura peggio?
Come ha detto Desmond Tutu, l’apartheid sudafricano non era la più grande forma di violazione dei diritti umani se comparato con le pratiche di genocidio su ampia scala messe in atto in altre parti del mondo. Cosa avrebbero dovuto fare i sudafricani? Combattere contro le altre forme di oppressione prima di combattere contro l’apartheid?
Se l’accusa è diretta a chi è solidale con la lotta palestinese, allora è del tutto fuori luogo. Quasi tutti i sostenitori internazionali del BDS contro Israele sono attivi anche in altre lotte per la giustizia, per i diritti umani e per i diritti civili. Inoltre, essi stanno semplicemente rispondendo a un invito proveniente dalla maggioranza assoluta della società civile palestinese. Infine, coloro che in Occidente si uniscono al BDS lo fanno mossi da un profondo obbligo morale per compensare i danni che i soldi delle loro tasse stanno facendo alle vite palestinesi. Dato che i loro governi quasi-democraticamente eletti sono profondamente coinvolti nel mantenimento del regime israeliano di occupazione, colonialismo e apartheid, questo genera la responsabilità etica di porre fine a questa complicità.
I governi occidentali non sostengono i regimi della Corea del Nord o il regime sudanese nelle loro violazioni dei diritti umani. Ma hanno invece stretto con Israele un rapporto molto speciale, privilegiato e ipocrita che mantiene il suo sistema oppressivo e lo protegge dalle responsabilità internazionali. I cittadini devono assumersi la responsabilità di porre fine a questa complicità.
Che idea si è fatto di questo gap di adesioni tra gli accademici Usa, storico alleato di Israele, e il basso/timido numero europeo?
Non sono sicuro che la premessa contenuta nella sua domanda sia precisa. Il supporto per il BDS può essere “timido” in Italia, in Germania e in Europa orientale, ma è indubbiamente consistente nel Regno Unito, in Spagna, Norvegia, Svezia, Irlanda, nei Paesi Bassi e in molti altri stati.
Il sondaggio della Globescan per la BBC sull’opinione internazionale nel corso degli ultimi anni ha costantemente mostrato che maggioranze di due terzi in tutta Europa vedono Israele “prevalentemente in modo negativo.”
Tornando agli Stati Uniti, il BDS lì è davvero a un punto di svolta. Sta causando una costante erosione della reputazione di Israele nel Partito democratico e tra gli afroamericani, tra i latinoamericani, le donne e i giovani americani, ebrei americani inclusi. Il lavoro di Israele negli Stati Uniti si sta facendo complicato. Sta arrogantemente cercando di delegittimare il boicottaggio, una tattica radicata nel tempo di resistenza all’ingiustizia, negli Stati Uniti, e una forma di attivismo protetto, come deciso dalla Corte Suprema. Rosa Parks e Martin Luther King si staranno rivoltando nelle loro tombe.
Secondo un recente sondaggio, il 76% dell’”élite d’opinione” del Partito Democratico riconosce che Israele ha “troppa influenza” nel plasmare la politica estera americana, il 47% vede Israele come “stato razzista”, e il 31% è pronto a sostenere il BDS, dopo essere stato informato sul movimento.
Il supporto degli ebrei americani per il BDS sta crescendo abbastanza velocemente. Un sondaggio del 2014 realizzato da un gruppo di lobby israeliana negli Stati Uniti, per esempio, rivela che il 15 % degli ebrei americani sostengono il boicottaggio contro Israele.
Il Congresso può ancora essere un territorio occupato da Israele, ma la base di sostegno di Israele si sta assottigliando rapidamente.
L’utilizzo del sapere all’interni di un conflitto può essere neutrale?
La scienza, l’arte, la cultura non sono mai neutrali in una situazione di oppressione. Come nel Sudafrica dell’apartheid, sono utilizzati dal regime di apartheid israeliano per consolidare e sostenere il suo regime di oppressione razzista e coloniale.
Cooperare con le istituzioni accademiche e culturali israeliane, anche nel produrre il risultato scientifico più “apolitico”, è quindi sempre politico, in quanto stende un mantello di legittimità su queste istituzioni per coprire il loro lato criminale, la loro profonda complicità nella pianificazione, implementazione, giustificazione e mascheramento delle politiche di occupazione e apartheid di Israele.
Gli accademici italiani — ed altri — che ora sono riluttanti a sostenere un boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane, pur avendo in passato approvato o anche lottato per implementare il boicottaggio accademico generalizzato contro tutte le istituzioni d’apartheid sudafricane, sono in grave difficoltà a spiegare questa singolare incoerenza.
Alcune persone critiche sostengono che se si adottasse la logica del BDS e si boicottasse il Technion per la sua collaborazione con la violenza di stato, allora si dovrebbero boicottare le principali istituzioni accademiche mondiali per la loro collaborazione scientifica con i loro governi e le loro politiche militari. Come risponde a questa critica?
Le università israeliane hanno una forma molto particolare di collaborazione e complicità con lo Stato, l’esercito e l’industria militare, come i massimi esperti israeliani rivelano. Il professore dell’Università di Tel Aviv Avraham Katzir ammette che molte figure di spicco della ricerca accademica israeliana sono coinvolti anche nella ricerca militare:
Sono un accademico all’università e ho fatto il mio servizio militare, e sono stato anche alla RAFAEL [produttore statale di armi] per alcuni anni.
Tutte queste cose si uniscono; noi [accademia e esercito] ci stiamo aiutando reciprocamente — una cosa che non accade [altrove]. Sono stato negli Stati Uniti e in Europa, e c’è uno scollamento tra le attività [accademiche] e l’esercito; odiano l’esercito! Credo che il nostro successo risiede fatto che ci aiutiamo l’un l’altro così tanto.

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