Alessandro Treves : Le 3 Alef del regime
Le 3 Alef del regime
di Alessandro Treves
Chi si ricorda più delle “Tre A del
Regime”? Mario Appelius, Rino Alessi, Giovanni Ansaldo, i
“commentatori ai fatti del giorno” dell’EIAR che, nei primi anni
del secondo conflitto mondiale, duellavano con l’informazione
libera di Radio Londra per riallineare al fascismo il sentire
ormai incerto e confuso della maggioranza degli italiani. Mi
sono tornati in mente leggendo l’editoriale di Ha’aretz del 12
febbraio, che racconta del nuovo tentativo di addomesticamento
di Galei Zahal, la radio militare israeliana finora nota per la
sua libertà d’espressione. Dopo che il popolare commentatore
Razi Barkai ha avuto l’infelice idea di tentare un raffronto
improprio fra il dolore dei genitori dei soldati morti a Gaza
che non hanno potuto seppellire i loro cari, e quello dei
genitori dei ragazzi palestinesi il cui cadavere non viene loro
restituito per la sepoltura, la trasmissione di Barkai è stata
dimezzata per ordini dall’alto, e gli è stato imposto un
controcanto del commentatore di destra Erel Segal. Riuscirà la
‘normalizzazione’ della cara vecchia Galatz, cui sono
affezionati innumerevoli ascoltatori?
Se anche non dovesse avere pieno successo,
ci sono numerosi altri “commentatori ai fatti del giorno”: il
governo dispone di una nutrita schiera di grintosi portavoce, da
quelli istituzionali ai volontari autonominatisi guardiani dell’ebraicità
d’Israele. Chi volesse tentare un raffronto improprio con quelli
di 75 anni fa non ha che l’imbarazzo della scelta.
Im Tirtzù (si scrive con l’alef) ha
dimostrato l’efficacia delle sue azioni di squadrismo mediatico
contro gli “infiltrati” del nemico (le associazioni per i
diritti umani) e chi li appoggia (Amos Oz, Gila Almagor, Haim
Topol, eccetera). Tanto che Eran Wolkowski, nella sua vignetta
su Ha’aretz del 12 febbraio, ritrae Bibi che rassicura sua
moglie Sara (riconosciuta mercoledì 10 colpevole di
maltrattamenti al proprio maggiordomo Meni Naftali): “di quello
là, lascia che se ne occupi Im Tirtzù”. Per essendo un gruppo e
non un singolo, Im Tirtzù potrebbe essere forse paragonato, per
la cieca fiducia e gli slogan lapidari, a Mario Appelius, quello
dell’invettiva “Dio stramaledica gli Inglesi!”, che
promosse il Manifesto della Razza, rimase fascista convinto,
evitò il carcere grazie all’amnistia di Togliatti e morì nel
1946 prima che ci si chiedesse cosa fare di lui dopo la
Liberazione. Di Im Tirtzù ci si augura, beninteso, solo la
scomparsa come gruppo organizzato.
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Ayelet Shaked, che lunedì 8 febbraio è
riuscita a far approvare in prima lettura dalla Knesset il
disegno di legge che mira a spingere nell’angolo le
organizzazioni per i diritti umani, sulla questione razziale ha
dimostrato indubbie abilità. Come nota Asher Schechter il 10
febbraio su Ha’aretz, lei che è ministro della Giustizia ha
fatto una bellissima figura agli occhi dei propri sostenitori
andando a trovare le famiglie dei giovani terroristi ebrei.
Invece i tre deputati arabi che sono andati a trovare le
famiglie dei giovani attentatori palestinesi sono stati sospesi
per alcuni mesi dalla Knesset. Tranne che per la sua
femminilità, la scaltra Ayelet potrebbe forse essere assimilata
a Rino Alessi. Il quale, direttore del quotidiano di Trieste Il
Piccolo di proprietà dell’ebreo Teodoro Mayer, se ne impossessò
dopo le leggi razziali (cui, beninteso, Alessi si vantò di esser
stato contrario) e ne rimase poi tranquillamente proprietario
(con solo qualche piccolo fastidio nei primi anni del
dopoguerra) fino a lasciarlo in eredità al figlio Chino. Dopo un
alquanto ipotetico ribaltone politico in Israele, Ayelet Shaked
potrebbe vantare, oltre al bell’aspetto, di essere stata la
prima deputata non religiosa del partito nazionale religioso, un
merito spendibile sia con l’elettorato laico che religioso che
femminista (di orientamento nazionalista); il suo futuro appare
garantito.
Infine Gilad Erdan (si scrive sempre con
l’alef), ministro della Pubblica Sicurezza, ha dimostrato, col
suo articolo su Ha’aretz del 10 febbraio, di saper argomentare,
con garbo e chiarezza, come la propria decisione di non
restituire i cadaveri dei morti palestinesi sia stata dettata
unicamente da un pacato buon senso. Buon senso e capacità di
scrittura che lo potrebbero forse accostare ad un Giovanni
Ansaldo in versione più scialba. Ansaldo, conscio delle proprie
abilità e del proprio lignaggio, fu antifascista militante prima
di convertirsi ad un convinto appoggio a Mussolini a metà degli
anni Trenta, sostenerlo con veemenza, per poi vedere dove andava
a finire, riuscire a farsi prendere prigioniero dai tedeschi
dopo l’8 settembre, far decantare gli anni del dopoguerra come
prolifico scrittore, e tornare alla grande sulla scena nel 1950,
come direttore del Mattino di Napoli, fino al 1965. Gilad Erdan
non ha un curriculum straordinario, ma è già riuscito ad
inserirvi vari screzi con Netanyahu, di cui peraltro alle ultime
elezioni è stato il numero due e implicitamente il possibile
successore. Screzi che potrebbero risultare preziosi se e quando
si manifesti l’opportunità di una spallata all’ex-mentore.
Martedì 9 febbraio è stato addirittura il New York Times a
identificare nel suo volto pulito e fotogenico l’astro nascente
del Likud. Sembra ancora meglio della direzione del Mattino di
Napoli.
E chi invece volesse un commento libero ai
fatti del giorno, deve rassegnarsi? Non ancora. Può vedere Gav
Ha’Umah, per esempio, la trasmissione satirica del sabato sera
ora su Arutz 10 (dopo che è stata per anni su Arutz 2 come
Matzav Ha’Umah, lo Stato della Nazione). Sabato 20 febbraio
ospitava, oltre ad un cameo di Meni Naftali, che ha avuto modo
di fare uno sberleffo alla sua ex-padrona Sara Netanyahu, anche
il povero Isaac Herzog, impegnato nella difficile sfida di far
passare un messaggio politico serio fra i lazzi e le risate
della pseudo-redazione. Non credo che molti elettori dei partiti
di governo guardino Gav Ha’Umah; e quelli del partito laburista
saranno rimasti perplessi per l’assoluta mancanza di rispetto
verso il loro leader; ma per chi nutra il timore, o la speranza,
che ai media israeliani stiano ormai mettendo la museruola, Gav
Ha’Umah è una doccia fresca, a volte gelida.
Le tre Alef del regime
Alessandro Treves
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Trieste e Tel Aviv
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