Alberto Negri percepiti come deboli esecutori di ordini altrui, gli italiani in libia ora rischiano
“I
rischi crescono. Qui a Misurata sono stato trattato come un fratello ma
gli stessi amici locali, sebbene dispiaciuti, mi stanno spingendo ad
andarmene il prima…
dagospia.com
Alberto Negri per “Il Sole 24 Ore”
L’inverno
del nostro scontento, della nostra frustrazione di media-piccola
potenza, non finisce in Egitto con il caso di Giulio Regeni ma continua
drammaticamente in Libia. Alle 18 e 34 di mercoledì 2 marzo, poche ore
prima che i due tecnici della Bonatti venissero trucidati a Sabrata, un
italiano di Misurata ci scriveva questo messaggio.
«Da
qui - raccontava il nostro “cane sciolto” - non vedo per niente bene la
situazione. Banche ferme, economia in crollo verticale, mercato nero
alle stelle e il rischio di rimanere intrappolati in un contesto in cui
il sentimento antieuropeo - di pochi ma pesantemente armati e non
soggetti ad alcuna legge - potrebbe cambiare il mio status di
occidentale.
Guerra in Libia
I
rischi crescono. Qui a Misurata sono stato trattato come un fratello ma
gli stessi amici locali, sebbene dispiaciuti, mi stanno spingendo ad
andarmene il prima possibile».
Questa è la Libia senza filtri. Qualunque missione militare in Libia è un rischio, fuori e dentro i confini del Paese, e soprattutto non aspettiamoci di essere accolti come “liberatori”: ci sarà sempre qualcuno che vedrà la presenza italiana e occidentale come un atto ostile.
Guerra in Libia Questa è la Libia senza filtri. Qualunque missione militare in Libia è un rischio, fuori e dentro i confini del Paese, e soprattutto non aspettiamoci di essere accolti come “liberatori”: ci sarà sempre qualcuno che vedrà la presenza italiana e occidentale come un atto ostile.
Ma
all’Occidente piace comunque avere una “narrativa” che è quella che ci
siamo già bevuti in Afghanistan, con la lotta al terrorismo di George
Bush jr. dopo l’11 settembre 2001. Oppure in Iraq, nel 2003, quando per
abbattere Saddam un’intera nazione è stata abbandonata a una violenza
senza fine. Così come ci siamo inebriati con le “primavere arabe” che,
salvo l’eroica Tunisia, sono sprofondate nel caos o nella dittatura.
Guerra in Libia
L’Italia
ha seguito un copione tragico scritto da altri sperando di limitare i
danni. E adesso vogliono persino la nostra partecipazione alla guerra
del Siraq per la corsa alla liberazione di Raqqa e Mosul dove manderemo
un contingente a difendere una diga: non risulta però che ci siano altri
militari occidentali da quelle parti.
I
motivi di questa politica estera così “ragionevole” ce le hanno
spiegate fino alla nausea: prima abbiamo perso la guerra, poi dopo la
caduta del Muro nell'89 siamo rimasti da soli seduti al tavolo degli
sconfitti e gli Stati Uniti, con l'ombrello Nato, sono i nostri migliori
amici perché ci risparmiano qualche bastonata degli altri alleati
europei.
gheddafi pestato a sangue
Chi
ha osato alzare la testa come Craxi e Andreotti ci ha rimesso le penne,
per non parlare di Mattei, come bene ci spiegò un ex presidente
dell'Eni. Abbiamo dovuto regolarmente ingoiare il rospo, al punto di
andare contro i nostri stessi interessi. Nei Balcani i nostri aerei
hanno bombardato i serbi di Milosevic in Kosovo nel ‘99 ma anche la
fabbrica della Zastava che la Fiat aveva costruito negli anni'60.
Come
migliore alleato degli Stati Uniti li abbiamo seguiti in Afghanistan e
poi in Iraq con il sacrificio dei nostri soldati: ci illudevamo di
essere ricompensati dai “dividendi della pace”. E dove sono? Nella
disintegrazione del Medio Oriente e del Mediterraneo? Non solo, in un
passato recente siamo sempre stati in prima linea a difendere le
sanzioni a Mosca e Teheran: e con quali vantaggi quando gli altri
facevano affari miliardari sotto il nostro naso?
gheddafi ucciso dai ribelli
La
Libia per noi è una perdita secca, la maggiore sconfitta dalla seconda
guerra mondiale. Gli alleati ci hanno fatto le scarpe non solo nel
momento in cui la Francia, appoggiata da Usa e Gran Bretagna, ha
attaccato Gheddafi nel 2011 ma anche dopo, quando la presenza italiana è
stata sistematicamente boicottata: per informazioni rivolgersi
all'ambasciatore Giuseppe Buccino, l'ultimo diplomatico a lasciare
Tripoli.
In Libia
l'Italia è stata costretta a bombardare un autocrate con cui aveva
firmato 7 mesi prima accordi economici e di sicurezza stringenti: è
puerile pensare che gli altri non si siano accorti della nostra
debolezza. Ecco perché forse non sapremo la verità su Regeni.
miliziani islamici in libia
Adesso
se vogliamo salvare gli altri due italiani in mano ai jihadisti e non
piegarci agli interessi altrui dobbiamo stabilire che cosa vogliamo,
altrimenti stiamo a casa oppure interveniamo soltanto con operazioni
limitate.
Ma forse
ci illudiamo che gli egiziani, il generale libico Khalifa Haftar e
soprattutto la Francia, il “guardiano del Sahel”, chiederanno il nostro
parere su cosa fare in Cirenaica e nel Fezzan? Vogliamo avere una buona
politica estera, commisurata ai nostri interessi? Cominciamo dicendoci
le cose come stanno, senza aspettare che ce le racconti il nostro “cane
sciolto” da Misurata.
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