Shlomo Sand : Come ho imparato ad innamorarmi delle sanzioni
Le
sanzioni non hanno distrutto il Sud Africa e l’Iran; e non
distruggeranno Israele. Soprattutto, libereranno Israele dalla trappola
dalla quale non è in grado di uscire da solo.
di Shlomo Sand
I media la definiscono l’intifada dei
singoli. Ma tutti noi sappiamo che è innanzitutto un’ intifada dei
giovani. La classe politica israeliana è convinta che [i giovani]
vengano sobillati, ma chiunque voglia essere onesto con sé stesso sa che
le ragioni reali della recente ondata di attacchi sono la persistente
occupazione, le umiliazioni quotidiane, il vuoto esistenziale e la
percezione di non avere nessuna via di uscita.
Poco distante dalle nostra vita
quotidiana a Tel Aviv e a Haifa, un popolo privo dei diritti umani e
privo dei più fondamentali diritti civili ha vissuto per circa mezzo
secolo. Noi, gli israeliani, lavoriamo, studiamo e viviamo agiatamente e
liberamente, mentre non lontano da noi un popolo è alla mercé dei
soldati e della smisurata avidità per la terra dei coloni appoggiati dal
governo.
Ogni volta che sento le notizie di un
ragazzo o una ragazza palestinese che hanno buttato la loro vita per
ammazzare degli israeliani, sono costernato per il gesto, ma allo stesso
tempo non posso esimermi dal ricordare le dure parole di Alexander Penn
[poeta israeliano di origine russa membro del partito comunista, ma
anche sionista. ndt]: “Ed egli è stato incendiato, sta fiammeggiando e
sacrifica se stesso per incenerire l’amara offesa della schiavitù”.
Naturalmente la resistenza armata non
è di per sé qualcosa di nobile e di virtuoso. E’ difficile e spesso
orrendo. Donne innocenti e bambini sono colpiti e persino uccisi.
Ma quelli che lo stanno perpetrando
non sono nati assassini. In altre circostanze storiche, quei bambini e
quei giovani che prendono un coltello da cucina, un’accetta o una
vecchia auto e li trasformano in armi letali, avrebbero potuto finire i
loro studi, diventare degli onesti professionisti, essere delle madri e
dei padri, crescere dei bambini e invecchiare pacificamente.
Ma nella loro storia è stato
danneggiato qualcosa che sta provocando disastri e che nella nostra
storia israeliana sta diventando mostruoso.
Quando incontro all’estero dei
colleghi , spesso mi chiedono come possa succedere che i discendenti
degli ebrei perseguitati possano trasformarsi in così brutali
persecutori. Io rispondo che la persecuzione non ha mai prodotto un
automatico vaccino contro l’arbitrarietà e la cecità verso il destino
dell’altro.
Tuttavia se l’insediamento dei
profughi [ebrei] cacciati dall’Europa può essere considerata come una
giustizia storicamente discutibile ( dopo tutto, i nativi non avrebbero
dovuto pagare per quello che la civiltà cristiana ha fatto ai nostri
genitori e ai nostri nonni) il continuo insediamento dei figli dei
profughi che hanno già acquisito una sovranità è un male privo di
qualsiasi giustizia.
La maggior parte della società
israeliana sostiene i mali dell’occupazione o indifferente riguardo ad
essi. Alcuni pensano che è il prezzo da pagare per la lenta liberazione
dell’immaginaria patria che la bibbia ha promesso loro. Altri traggono
un beneficio da generosi finanziamenti e da beni reali; per la maggior
parte di essi è semplicemente più comodo ignorare tutto quello che li
circonda.
Le ferie incombenti, la carriera che è
così difficile da preservare e sviluppare, le difficoltà economiche e
gli ostacoli e altri simili cose ci impediscono di vedere e comprendere
perché dei ragazzini diventano degli assassini. Perché tredicenni,
quattordicenni, quindicenni hanno apparentemente perso interesse verso
la loro vita e sono di conseguenza disposti a prendersi la vita di altri
in un’esplosione di odio.
Non scrivo per convincere i coloni e i
loro fanatici sostenitori. Non provo a cambiare il pensiero dei
politici populisti che nuotano in un oceano di manipolazione del potere.
Cerco di rivolgermi a coloro che sono
apatici o forse pigri, o semplicemente perché gli conviene non saperne
niente. L’ondata di terrore degli ultimi mesi non ci ha ancora impedito
dal condurre una vita normale. È ancora possibile vivere un’esistenza
illusoria, nella convinzione che alla fine tutto in qualche modo si
aggiusterà.
Se noi israeliani siamo riusciti fino
ad ora a cavarcela da tutte le guerre e dalle intifade , sicuramente
riusciremo a superare tutti i guai futuri.
Io, in dissenso con costoro, penso
che la vita oggi in un Medio Oriente instabile e in un Paese ebraico in
continua espansione è simile a una corsa senza speranza e condannata [in
partenza]. Non solo stanno crollando i valori fondamentali, ma con loro
è stata erosa anche la logica politica dei nostri stessi presunti
interessi.
Penso che i miei contributi ingenui
possano servire? Non proprio. Sono sempre più persuaso che la
possibilità di un’opposizione politica capace di modificare la tendenza
generatasi in Israele – che annunci che Israele non è interessato a
nessuna sovranità oltre i confini del 1967 e che intenda rimandare
indietro nelle loro precedenti patrie tutti i coloni; che i luoghi santi
non devono essere sotto il controllo esclusivo di Israele e che
Gerusalemme può essere la capitale dei due Stati – la probabilità che
ciò avvenga sia prossima allo zero.
È possibile che, se il terrorismo
aumenta e se, dio non voglia, gli assalitori suicidi più anziani si
uniscono ai giovani di oggi, se non ora in futuro, più e più israeliani
si stancheranno concretamente dell’occupazione. Ma se questo triste
scenario si concretizzasse, ciò avverrebbe dopo dopo che ancora più
sangue venga versato da entrambe le parti.
Proprio perché mi oppongo
all’occupazione e alla negazione dei diritti degli altri, detesto anche
il terrorismo e lo ripudio. Per questa ragione, sono sfortunatamente
arrivato a una conclusione che precedentemente avevo rifiutato di fare o
di esprimere pubblicamente. Non posso più continuare a criticare le
pressioni sul governo israeliano.
Per anni mi sono opposto al
boicottaggio e alle sanzioni, ma sono sempre più convinto che, come le
sanzioni hanno funzionato quando sono state applicate contro il Sud
Africa e contro l’Iran, possono essere efficaci se applicate contro
Israele.
Le sanzioni non hanno distrutto il
Sud Africa o l’Iran. Né distruggeranno Israele. Io, ovviamente, mi
oppongo per principio a sanzioni il cui obiettivo sia quello di cambiare
il regime e lo stile di vita in Israele. Nessuno se non gli israeliani
ha il diritto di farlo.
Ma le sanzioni che sono intese a
impedire il continuo controllo di Israele sulla vita degli altri, il che
ha impedito a costoro di possedere la propria terra e gestire il
proprio destino negli ultimi 50 anni, non contraddicono il principio
democratico di autodeterminazione. È vero il contrario. Lo ampliano.
Questa è un’opportunità, e non
piccola, che tali sanzioni salvino sia i ragazzi che commettono attacchi
suicidi che le loro vittime. E oltretutto, potrebbero togliere Israele
dalla trappola da cui, come dimostra ogni giorno che passa, non è in
grado di uscire da solo. A mio modesto parere chiunque ami il Paese e si
opponga al terrorismo non può più permettersi di continuare a
protestare contro le pressioni e le sanzioni che divengono via via
sempre più legittime
Il prof. Sand insegna nel dipartimento di storia dell’università di Tel Aviv. Il suo ultimo libro “History in the Shadows” [titolo originale “Crépuscule de l’histoire”, sull’insegnamento della storia, ndtr.] è stato pubblicato nel 2015.
(Traduzione di Carlo Tagliacozzo)
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