Patrizia Cecconi :Qualche scorcio dalla GAZA STORICA. L’antico suq di AL ZAWIA.

Può capitare che un violento attacco di gastrite faccia saltare i tuoi programmi e inoltre ti costringa a mangiare solo mele e patate lesse.
 
Può capitare che il negozio sotto casa non ne abbia e allora, per 2 shekel, vale a dire mezzo euro, prendi un taxi pubblico e ti fai portare nel centro storico di Gaza city dove ti hanno detto che c’è il suq più antico della città e che si snoda in una lunga strada affiancata da vicoli che contano diversi secoli. 

Gaza in realtà, pochi lo sanno, non conta diversi secoli ma diversi millenni e una storia ricca e interessante che un giorno mi piacerà raccontare. 

Entro nel suq ed ecco che mi trovo in un tripudio di colori. Sono i figli della terra che i contadini di Gaza espongono alla vendita. 
Non potrò comprarli perché non posso mangiarli, ma posso almeno fotografarli. 

Sorpresa! Brutta sorpresa. 

Escluse le fragole, i limoni e pochi altri frutti, il resto arriva da Israele, perché a distanza di poche centinaia di metri, grazie alla legge dell’ingiustizia impunita che è il timbro della politica israeliana, l’acqua c’è o l’acqua manca e così, la Gaza assediata e assetata, è costretta a sostenere l’economia israeliana che le impone l’acquisto dei suoi prodotti.
 
Mi gira un po’ la testa. Non so se è per i colori del suq che mi impongo di non fotografare o se è la gastrite che mi tormenta e che mi rende debole, comunque per aiutarmi mi fermo presso un banco di spezie, le spezie sono tutte palestinesi e mi consentono di fare qualche bella foto, ma soprattutto mi consentono di comprare le erbe che dovrebbero aiutarmi più delle mele e delle patate lesse che il medico mi ha prescritto.  
 
 
 
 
 Ricordo che un anno fa, in una lunga passeggiata sulle colline intorno a Betlemme, un’amica palestinese raccoglieva un’erba di cui mi sfugge il nome, utile proprio contro ulcere e gastriti. Non la trovo. Mi accontento di babuneji e cobeiza, vale a dire camomilla e malva e intanto vado nell’antica piazza dell’oro poco più avanti. Questo è artigianato orafo palestinese e Israele non ci mette mano. Anche questo è un mercato storico. So che qui si acquistano gli anelli nuziali e i regali importanti e è bello vedere che, nonostante l’assedio, le vetrine brillano e molte persone si fermano a guardarle.
  
 
 
Queste le fotografo! E fotografo anche le rustiche terrecotte tipicamente gazawe che sono esposte tra arance, scarpe e melanzane. Anche questo è artigianato locale.
 
 
 
 
 
Poco avanti c’è la moschea al-Omari, cioè la moschea dedicata al califfo Omar. E’ un posto bellissimo, per entrare devo mettere il velo, un po’ come per entrare in chiesa fino a qualche anno fa. La moschea al-Omari, detta anche la Grande moschea, sorge su una chiesa del XII secolo dedicata probabilmente a san Giovanni Battista, cioè il profeta Yahya per il mondo musulmano. La facciata della chiesa è rimasta praticamente intatta e so che sarà interessante visitarla ma ora non posso farlo: la gastrite urla.
 
Cerco un taxi pubblico per tornare a casa e farmi una tisana di malva e camomilla.

Scendere dal taxi e trovarmi il saluto del sole, grande, rosso, affacciato sul mare anche se non sono ancora le 4 del pomeriggio è una gioia per gli occhi e per lo spirito. Lo fotografo. Lui appartiene a tutti, non può essere bloccato dall’assedio né coperto da Israele. Mi viene in mente di colpo che fra due giorni a Roma Richard Galliano offrirà un concerto per Sunshine4Palestine affinché si possa iniziare il progetto di illuminazione e di fornitura di acqua a 700 famiglie di Zannah grazie alla sua energia. Mi viene anche in mente che grazie alla sua energia l’ospedale Jenin di Shujjaya visitato nei giorni passati può funzionare a pieno ritmo. E allora saluto il sole che mi si è offerto in un’immagine così bella e chiudo, ricordando che una fisarmonica straordinaria tra due giorni a Roma suonerà per Gaza proprio perché quei raggi si trasformino in luce, acqua e frutti che potranno sostituire quelli israeliani nel suq di Al Zawia e negli altri suq palestinesi.
 

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