L’articolo di Ban Ki-moon contro il governo israeliano, pubblicato sul New York Times

L’articolo di Ban Ki-moon contro il governo israeliano, pubblicato sul New York Times

Il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha criticato nuovamente il governo israeliano in un articolo pubblicato sul New York Times il 31 gennaio. In sintesi Ban Ki-moon ha spiegato che Israele non si sta impegnando a sufficienza per la realizzazione della cosiddetta “soluzione a due stati”, che prevede la formazione di uno stato palestinese in Cisgiordania, da decenni parzialmente occupata da Israele. Ban Ki-moon, nell’articolo, ha spiegato per esempio che «è impensabile che da sole le misure di sicurezza fermeranno gli atti di violenza», riferendosi alle nuove misure imposte dal governo israeliano in seguito al nuovo ciclo di violenze di civili palestinesi contro soldati o civili israeliani. Ban Ki-moon ha anche detto di essere contrariato del fatto che secondo alcuni membri del governo di Benjamin Netanyahu l’idea di una soluzione del conflitto israelo-palestinese che preveda due stati distinti debba essere abbandonata.
Il 26 gennaio Ban Ki-Moon aveva già criticato duramente Israele, definendo la costruzione di colonie nei territori occupati da Israele “un affronto nei confronti del popolo palestinese e della comunità internazionale”. Netanyahu, in risposta, aveva accusato Ban Ki-moon di giustificare gli atti di terrorismo. Nel suo articolo sul New York Times, Ban Ki-moon scrive:
Non ci sono giustificazioni per il terrorismo. Lo condanno categoricamente. Tuttavia è impensabile che da sole le misure di sicurezza fermeranno gli atti di violenza. Come ho detto la scorsa settimana al Consiglio di sicurezza, la frustrazione e le proteste dei palestinesi crescono sotto il peso di un’occupazione cominciata ormai mezzo secolo fa. Ignorare questo fatto non lo farà scomparire. Nessuno può negare che l’esperienza quotidiana dell’occupazione è causa di rabbia e angoscia, le fonti principali della violenza e delle forme di estremismo, che minano ogni speranza di negoziare una soluzione con due stati.
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