Il Medio Oriente di Israele
Mustafa Zein. Al-Hayat (06/02/2015). Traduzione e sintesi di Sofia Carola Sammartano.
Israele sta usando il caos e le guerre
civili, soprattutto in Siria e in Iraq, e il crollo del sistema arabo
per realizzare maggiori guadagni, sia a livello interno in Palestina,
sia in termini di relazioni con i paesi islamici.
Il governo di Netanyahu ha cominciato a
sfruttare il caos in Siria a partire dal primo giorno della ribellione,
senza bisogno di grandi sforzi, dal momento che alcuni “leader” e
intellettuali sono abili a promulgare slogan pieni di ammirazione per le
sue idee democratiche e per la sua volontà di firmare un accordo di
pace con loro subito dopo la caduta del regime di Damasco. Altri,
invece, sono andati oltre e hanno fatto visita a Tel Aviv senza
dichiarazioni ostili in merito a tutto ciò che è arabo o palestinese.
Alcuni di loro, hanno riassunto questo orientamento con lo slogan “siamo
pronti a collaborare con il diavolo per rovesciare il dittatore”,
intendendo con diavolo l’“angelo alleato” Israele.
Dopo che le manifestazioni pacifiche si
sono trasformate in una guerra civile, Israele ha iniziato ad
intervenire apertamente. Non più in attesa di qualche “capo” che faceva
visita per lo scambio di informazioni, ma aprendo gli ospedali ai
militanti feriti, esprimendo il suo senso umanitario. Poi ha presentato
l’idea di una striscia di confine “sicuro”, simile al confine con il
Libano, e non ha trovato difficoltà a sostenerla. Si è imbattuto, però,
nell’opposizione dell’America, proprio come Erdogan si è imbattuto nel
rifiuto di Washington a realizzare una zona di sicurezza al confine
settentrionale siriano, rinunciando all’idea soprattutto dopo
l’intervento russo.
L’intervento diretto di Israele nella
guerra civile siriana è coinciso con una mossa politica in direzione dei
paesi circostanti alla Siria, arabi e non, nel tentativo di legittimare
questo intervento, affinché lo Stato non avesse più influenza nel
Levante, sia attraverso gli insorti che i politici provenienti dal
regime. Inoltre, Tel Aviv ha rafforzato le sue vecchie relazioni con i
curdi a nord dell’Iraq, con il Sudan del sud e con l’Etiopia e li ha
incoraggiati a costruire la Reinassance Dam per assediare l’Egitto.
Dopo cinque anni di guerra in Siria, è il
momento per Israele di investire i suoi sforzi, coronati dal successo
nell’allontanamento delle linee nemiche di molti paesi e organizzazioni,
armate e non, al punto che Erdogan, che ha cercato di svolgere un ruolo
da protagonista nelle ostilità, è tornato ad annunciare che Ankara
necessita di Tel Aviv.
L’ultima cosa che Israele ha provato, con
grande successo, è la creazione di un’alleanza economica e politica con
Cipro e la Grecia, con la speranza che l’Egitto e la Giordania vi
aderissero, in modo da formare accordi militari che nella rivista Yediot Ahronot,
Alex Fishman definisce con il nome di “patto dei paesi del bacino
orientale del Mediterraneo”. Potendo interferire negli affari di Stato e
formare alleanze, con il pretesto della lotta al terrorismo, il primo
ministro greco Alexis Tsipras, ha confermato che deve essere Tel Aviv a
coordinare la sicurezza tra i due paesi per combattere l’estremismo, e
la cooperazione in campo energetico ed economico.
Israele non ha bisogno di minacciare e di
farsi coinvolgere direttamente nelle guerre civili, perché ha già
combattuto con le scuole coraniche, ma, allo stesso tempo, ha sempre
usufruito di queste guerre e del caos che ne è derivato, per uscirne
vincitore nella guerra contro palestinesi e arabi. Non ci sarebbe da
stupirsi se un giorno venisse annunciata l’annessione di Al-Aqsa alle
sue proprietà in nome della difesa regionale ed internazionale.
Mustafa Zein è un giornalista ed editorialista del giornale Al-Hayat.
I punti di vista e le opinioni
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Il
Medio Oriente di Israele - Mustafa Zein. Al-Hayat (06/02/2015).
Traduzione e sintesi di Sofia Carola Sammartano. Israele sta usando il
caos e le guerre civili, soprattutto in Siria e
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