I limiti del nuovo orientamento israeliano in Siria


 
 
 
 
 
I limiti del nuovo orientamento israeliano in Siria alla luce dei ruoli di Russia e Iran - Di Amal Shahada. Al-Hayat (24/02/2016). Traduzione e sintesi di Irene…
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Di Amal Shahada. Al-Hayat (24/02/2016). Traduzione e sintesi di Irene Capiferri.
L’attuale campagna diplomatica israeliana rivolta agli stati occidentali per un intervento militare diretto in Siria riflette la nuova leadership politica e militare del paese. Finora Israele si è limitato a singole azioni per fermare i gruppi armati che si avvicinano al confine nel Golan, e per impedire il trasferimento di armi dalla Siria ai magazzini di Hezbollah in Libano. Ma ciò che accade ora va in una nuova direzione, dovuta all’imposizione russa sullo scenario con i bombardamenti contro le forze dell’opposizione. La preoccupazione israeliana è che il sostegno russo influenzi il corso del conflitto e porti ad un rafforzamento dell’asse iraniano (Hezbollah e il regime di Asad).
I servizi di sicurezza a Tel Aviv hanno cominciato infatti a rivedere le proprie previsioni, e hanno rovesciato l’idea secondo cui la permanenza di Asad al potere fosse un bene, e il confine nel Golan una aerea sicura. Secondo ciò che trapela dagli incontri dei servizi di sicurezza, sono stati previsti tre diversi scenari. Il primo scenario vede un esito negativo per Israele nella sopravvivenza di Asad, che significherebbe la vittoria per Iran ed Hezbollah. Ciò rafforzerebbe la posizione iraniana, già favorita dalla firma dell’accordo sul nucleare, dalla sospensione delle sanzioni e dal miglioramento dei suoi rapporti con l’occidente; inoltre la vittoria di Asad porterebbe al ritorno del controllo del regime sul Golan, motivo di ulteriore attrito tra Israele ed Hezbollah e la Guardia rivoluzionaria iraniana in Siria. Il rapporto sostiene che la probabilità della caduta del regime, finché la Russia fornisce il suo appoggio militare, è molto bassa.
Nel secondo scenario si ipotizza che la guerra in Siria non termini a breve nonostante gli interventi russi. Il terzo scenario punta sulla necessità di trasformare gli stati occidentali in una terza potenza, motivo per cui Israele deve invitare l’occidente ad intervenire militarmente in Siria. Ma Israele critica l’Occidente per la mancanza di una chiara strategia di fronte all’intervento russo e per il concentrarsi solo sulla propria difesa; il rapporto dei servizi di sicurezza aggiunge: “in un momento in cui gli sforzi americani contro Daesh in Iraq e Siria stanno dando qualche frutto, Washington e l’Occidente sono impotenti di fronte al rafforzamento di Asad sostenuto da Russia e Iran”.
Il primo ministro israeliano Netanyahu domenica, parlando delle crescenti minacce nei confronti del paese, ha detto che il proprio governo “ha deciso di essere rigoroso nella difesa e nell’attacco, nella difesa dei confini e nell’azione dentro e fuori di essi”. Con queste parole ha chiaramente legittimato la permeabilità dei confini col pretesto di difendere Israele. La posizione israeliana vuole allo stesso tempo prevenire tensioni con la Russia, per timore di danneggiare i propri interessi.
Il ricercatore dell’Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale a Tel Aviv Zvi Magen sostiene che la presenza russa in Siria possa giovare alle relazioni tra Mosca e Tel Aviv; e riferisce che i russi hanno minimizzato le critiche ad Israele sulle operazioni a Gaza, e ha diminuito, almeno temporaneamente, la vendita o il trasferimento di vari tipi di armi ad alcuni regimi del Medio Oriente. Alla vigilia dell’operazione russa in Siria, Israele e Russia hanno messo a punto un coordinamento politico – militare, con lo scopo di evitare lo scontro, anche se Israele deve assicurarsi la libertà di rispondere in Siria.
Magen infine avverte che un nuovo regime a Damasco si fonderà su un’alleanza che sostiene l’Iran, Hezbollah, il resto dei gruppi sciiti e l’esercito del regime siriano, tutti sostenuti da Mosca. Da ciò Israele non sarà favorito, ma la Russia potrebbe controllare un governo di questo tipo e prevenire l’escalation contro Israele, nell’ipotesi che un’azione come questa possa mettere a rischio gli interessi a lungo termine della Russia.
Amal Shahada è giornalista per Al-Hayat.
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