Caso Regeni, Editoriale del NYT: "Indignazione per l’assassinio di uno studente italiano in Egitto"





Questo editoriale è uscito oggi sul "New York Times" e si basa complessivamente sulle rivelazioni fatte da "Repubblica" nei giorni scorsi

L’Italia è in subbuglio per la tortura e l’assassinio in Egitto di Giulio Regeni, un dottorando ventottenne che studiava a Cambridge, scomparso al Cairo il 25 gennaio e il cui cadavere è stato rinvenuto privo di abiti e con evidenti segni di percosse in un canale il 3 febbraio, poche ore dopo che le autorità italiane si erano rivolte direttamente al presidente Abdel Fattah el-Sisi perché le aiutasse a individuare lo studente scomparso.
Il ministro degli Interni italiano, Angelino Alfano, ha detto che il corpo del giovane riporta i segni di “violenze disumane, bestiali, inaccettabili” – proprio quel genere di tortura che le forze di sicurezza egiziane infliggono regolarmente ai loro concittadini. È insolito per i servizi di sicurezza egiziani prendere di mira gli stranieri e le autorità locali di fatto negano di aver avuto qualcosa a che fare con la tortura e la morte di Regeni. Lunedì il ministro degli Interni egiziano, generale Magdi Abdel-Ghaffar, ha rilasciato questa inverosimile dichiarazione: “Agli apparati di sicurezza egiziani non sono mai stati attribuiti delitti di questa natura”.

La stampa italiana non crede a questa versione dei fatti. Lunedì “La Repubblica” ha pubblicato un articolo nel quale si legge: “Giulio Regeni è stato torturato perché ritenuto una spia”. Nel paranoico panorama mediatico dell’informazione egiziana, acquiescente nei confronti del governo del Cairo, gli stranieri sono sistematicamente considerati spie.

Sotto il regime di el-Sisi, gli egiziani sono stati rinchiusi in carcere a migliaia. Torture e sparizioni sono comuni. Professori universitari, attivisti per i diritti umani e giornalisti sono presi di mira in modo particolare. Di sicuro, l’omicidio di Regeni frenerà non poco la liberà espressione negli atenei egiziani.

Oltre che per questa ossessione, il governo di el-Sisi si caratterizza in questo periodo per il panico per le misere condizioni dell’economia locale – duramente colpita dal calo del turismo – e per i timori delle agitazioni che essa potrebbe scatenare. Anche se la tesi di dottorato di Regeni verteva sui sindacati, argomento assai delicato in Egitto, gli amici e i colleghi assicurano che lo studente italiano era molto cauto nelle sue ricerche.
Giulio Regeni è scomparso nel quinto anniversario del sollevamento popolare del 2011 che ha rovesciato il governo del presidente Hosni Mubarak. Per garantire che non si verificassero incidenti, quel giorno la polizia era stata schierata in forze. Quella sera Regeni è uscito di casa per recarsi a un compleanno e da allora di lui non si è saputo più niente.

L’Italia confida nell’Egitto per contenere la minaccia islamista in Libia. Oltre a ciò Roma intrattiene solidi rapporti commerciali con il Cairo. L’assassinio di Giulio Regeni ha profondamente sconvolto l’opinione pubblica e il governo italiani. Il ministro degli Affari esteri, Paolo Gentiloni ha dichiarato: “Vogliamo la verità, tutta la verità”.

La verità è che è giunto il momento per gli alleati dell’Egitto, Stati Uniti compresi, di far capire una volta per tutte a el-Sisi che gli abusi e i maltrattamenti che egli ha incoraggiato non saranno più tollerati. L’Italia ha inviato una sua squadra di esperti e inquirenti in Egitto per dare una mano nelle indagini sulla morte dello studente. Il governo egiziano adesso deve garantire che le forze di sicurezza collaboreranno fino in fondo e in modo trasparente.
(Traduzione di Anna Bissanti)


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