Valentina Venditti :GAZA: La vita dei bambini
Gaza
non è la più bella delle città.La sua costa non e la più blu tra i
litorali delle città arabe.Le sue arance non sono le più belle del
bacino del Mediterraneo.Gaza non è la più ricca delle città.Non è la più
elegante né la più grande,
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GAZA: La vita dei bambini
Gaza non è la più bella delle città.
La sua costa non e la più blu tra i litorali delle città arabe.
Le sue arance non sono le più belle del bacino del Mediterraneo.
Gaza non è la più ricca delle città.
Non è la più elegante né la più grande,
ma eguaglia la storia di una nazione intera
perché è la più brutta, impoverita, miserabile e infelice agli occhi dei nemici.
Perché, di noi, è la più capace a turbare l’umore del nemico e il suo riposo.
Perché è il suo incubo.
Perché è disseminata di arance,
bambini senza infanzia,
vecchi senza vecchiaia
e donne senza desideri.
Per questo per noi è la più bella, la più ricca, la più pura
e la più degna d’amore.
(Mahmoud Darwish - Silence for Gaza)
I DIRITTI NEGATI E LA PICCOLA-GRANDE RESISTENZA QUOTIDIANA
Si.
Gaza è davvero la piu’ bella delle cittá. Gaza ti accoglie, Gaza ti
avvolge, Gaza ti entra dentro e ogni volta che ti allontani da lei, ne
senti la mancanza.
Senti la mancanza dei bambini che ti circondano e col sorriso ti dicono “how are you?”, che vogliono sapere di te, che chiedono con voce innocente “mamma perchè loro possono uscire, possono andare a Gerusalemme e noi no?”. Una domanda che dovrebbe metterci tutti di fronte le nostre responsabilitá.
Quei bambini che rappresentano piu’ della metá della
popolazione di Gaza, una popolazione di circa un milione e
settecentomila abitanti che si stima raggiungeranno quasi 1 milione e
ottocentomila nel 2014. L’impatto dell’embargo ha effetti pesanti sulla
vita dei bambini. Il benessere psicofisico dei minori è soggetto ad una
continua esposizione a situazioni di stress e di ansia. Il diritto alla
salute fisica e mentale, ad un’alimentazione sana, al gioco e
all’istruzione sono quotidianamente a rischio. Secondo le indagini
condotte dall’organizzazione Save the Children l’inadeguatezza
degli alimenti ha contribuito gravemente alla diffusione della
malnutrizione infantile: circa il 10% dei bambini al di sotto dei cinque
anni risulta malnutrito; il 58,6% dei bambini in età scolastica soffre
di anemia per mancanza di ferro. A questo va aggiunta la scarsa
reperibilitá di medicine essenziali di cui circa il 30% sono del tutto
assenti nella farmacia centrale di Gaza.
La distruzione (totale o parziale) delle case negli
ultimi dieci anni da parte dell’esercito israeliano ha reso ancora piu’
precarie le condizioni di vita familiari. La distruzione delle case,
equivalente simbolico della madre per i bambini, è devastante al punto
che essi faticano a riacquistare fiducia e sicurezza. Inoltre, la
maggior parte delle famiglie non ha i mezzi economici per acquistare
nuovi terreni o costruire nuove abitazioni senza parlare ancora del
divieto israeliano di importazione di alcuni materiali da costruzione
peggiorato anche dal cambio di potere in Egitto, la chiusura totale del
valico di Rafah e la distruzione dei tunnel.
DIRITTO AL GIOCO E ALLA SICUREZZA
Il
diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza fisica e psicologica
sono anch’essi sotto costante minaccia a causa delle operazioni militari
Israeliane che frequentemente colpiscono Gaza. L’imposizione
unilaterale di un accesso limitato a Gaza via terra e via mare è
applicata e fatta rispettare con operazioni militari e le vittime spesso
sono i minori. Gli adolescenti rappresentano il 71% di tutti I bambini
uccisi e feriti come risultato diretto dell’occupazione e sono anche
l’obiettivo principale degli arresti e le detenzioni arbitrarie, subendo
trattamenti disumani nelle carceri israeliane.
Drammatiche e durature sono state le conseguenze
degli attacchi militari del 2008/2009 e del 2012. Nel corso
dell’operazione militare dell’esercito israeliano denominata “Piombo
Fuso”, 313 minori sono stati uccisi (23% dei bambini tra 5-10 e 62% tra
gli 11 e I 17) e più di 1400 sono rimasti feriti. UNOCHA ha
riportato 4.100 edifici rasi al suolo e 17.000 parzialmente danneggiati;
circa 40.000 persone sono state costrette a lasciare la propria
abitazione e a trovare rifugio presso strutture temporane. Oltre alle
numerose vittime, i bambini sono i più colpiti dalla situazione politica
e di sicurezza nel medio periodo.
Gli effetti dell’operazione militare israeliana
“Piombo Fuso” continuano a manifestarsi; recenti studi indicano che più
dei 2/3 (67.2%) dei minori manifestano ancora oggi reazioni da trauma e
persistenti alti livelli di stress post traumatico. Da un report dell’UNICEF si
evince che tre anni dopo l’operazione “Piombo Fuso” molti minori di
Gaza ancora cercavano di superare i problemi psicologici derivanti dagli
attacchi e dalle demolizioni. I ricordi dei bambini di “Piombo Fuso”
sono ancora molto vividi e, ancora oggi, molti di loro continuano a
rivivere quello che è successo:
“Abbiamo cercato di uscire da casa dopo che hanno bombardato la zona dove abito con 3 missili. Quando sono entrati i carri armati hanno sparato a casa mia. Ho visto i soldati che hanno ucciso la moglie di mio zio quando era con mia nonna. Quando siamo fuggiti da casa, l’abbiamo presa con noi e poi l’abbiamo sepolta”. (A., 8 anni, Beit Lahya)
Il rapporto dell’UNICEF osserva quanto la successiva
operazione militare dello scorso novembre 2012 - denominata “Colonna di
Difesa”, abbia ulteriormente influito sulla salute mentale dei più
piccoli. Il rapporto di UNISPAL del Febbraio 2013, riscontra il drammatico incremento dei problemi psicologici e soprattutto del così detto Post Traumatic Stress Disorder - PTSD nella
Striscia di Gaza a seguito dell’ultima escalation militare. Questi dati
vengono confermati dal report dell’UNRWA di Gennaio 2013 che riporta un
incremento del 100% dei problemi psicologici in tutta la Striscia,
dimostrato dalla crescita del numero delle persone che ha richiesto
supporto psicologico tra Novembre e Dicembre 2012. Il 42% di queste
persone è costituito da bambini al di sotto dei nove anni.
Un studio effettuato dall’UNICEF su 545 bambini
palestinesi ha rivelato l’incidenza di attacchi di rabbia, panico,
difficoltà di concentrazione e altri problemi psicologici causati
dall’operazione militare su Gaza. Un need assessment condotto su 419
bambini (8-17 anni) dell’area di Beit Lahya dall’ONG CISS - Cooperazione
Internazionale Sud Sud a Gennaio 2013 ha dimostrato che il 45.54% dei
bambini risultava essere affetto da PTSD mentre la quasi totalitá, il
99.28% di essi, ha riportato diverse sintomatologie come riscontrato da
incontri individuali svolti con ognuno di essi, intervista con i
genitori e con gli operatori sociali. I sintomi piu’ comuni sono: ansia,
depressione, paura del buio, euneresi notturna, aggressivitá. Le parole
di una animatrice del CISS descrivono bene i sentimenti dei bambini:
“I bambini nei loro racconti, spesso fanno riferimento alla guerra. Dopo che abbiamo fatto il gioco delle sagome, abbiamo notato che i bambini riconoscono i loro occhi e le loro orecchie come punti di debolezza nel loro corpo, spiegando che con gli occhi vedono le distruzioni e con le orecchie sentono il bombardamento. Invece per quanto riguarda i punti di forza, i bambini rispondono, le gambe perche ci aiutano a fuggire e le mani perche ci aiutano a nascondere la faccia”.
La situazione attuale dei bambini a Gaza resta
traumatica per tutta una serie di motivi il più importante dei quali è
il fatto che i bambini continuano ad essere sottoposti ad eventi
traumatici.
“Ogni volta che sento i rumori degli aerei, ho paura perchè penso che gli israeliani ci attaccheranno di nuovo” (M., 8 anni, Beit Lahya)
I continui attacchi e i bombardamenti, infatti, ciclicamente riaccendono i traumi dei bambini.
“i miei figli quando sentono qualsiasi rumore, per esempio una porta che sbatte, pensano che sia ricominciato l’attacco”.(Padre di un bambino di Beit Lahya, testimonianza rilasciata 1 settimana dopo la fine dell’attacco “Colonna di Difesa” - Novembre 2012)
La disoccupazione in aumento (circa 35% nel 2013)
rende la vita delle famiglie problematica, così come la mancanza di
generi di prima necessità. L’elettricità viene distribuita soltanto per
alcune ore e spesso le sere dei bambini sono illuminate soltanto dalle
candele. Tanti sono gli incidenti domestici, come, ad esempio, gli
incendi, come conseguenza della mancanza di corrente elettrica. I
genitori sono bravissimi. Inventano degli stratagemmi per rendere
divertente anche la situazione piu’ tragica. Accendono dei barbeque in
casa o in strada per cucinare e scaldarsi, portano delle luci a LED per
evitare il buio totale, utilizzano gli ultimi residui di batteria del
loro cellulare per mettere della musica, raccontano storie e soprattutto
cercano di superare le difficoltá con l’ironia, una caratteristica dei
palestinesi che potrebbe ricordarci il famoso motto “una risata vi
seppellirá”.
Un giorno parlavo con un bambino per strada quando
improvvisamente è andata via la corrente. Tutto è diventato buio ed io
gli ho chiesto dove abitasse. Lui con gli occhi fieri e l’atteggiamento
di un giovane adulto mi dice: “non preoccuparti, non ho paura, sempre gioco in strada anche quando non c’è luce. Io sono grande, sai!”
. Quando torna la luce nelle case, è una festa per i bambini che
corrono a guardare il loro cartone animato in TV, a scaldarsi perchè
possono finalmente accendere la stufetta elettrica o fare i compiti. E
ogni volta che leggete queste cose pensando che siano piccole e normali,
immaginate vostro figlio e immaginate la vostra impotenza. E oltre
tutto questo, la sensazione di totale chiusura, l’impossibilità di
entrare ed uscire, aumenta ancora di piu’ questo sentimento strisciante
di depressione negli adulti che si ripercuote inevitabilmente sui
bambini nonostante essi cerchino in tutti i modi di proteggerli o di non
farli spaventare.
“Non voglio che i miei figli lascino Gaza. Gaza è la loro terra, la loro casa. Quello che vorrei è garantire la loro protezione. Vorrei forse che avessero un passaporto valido cosi’ che, in caso di bombardamenti, invece di mentire dicendo loro che non è niente, che non devono avere paura, che sono fuochi d’artificio, posso dire loro: si, c’è un attacco ma voi potete uscire, potete mettervi in salvo e appena tutto sará finito potrete tornare liberi e sani nella vostra terra. Ed io potro’ dire a me stesso, li ho salvati. Insomma, vorrei solo trovare un modo, un qualsiasi modo, per riuscire a proteggerli”. (M., 25 anni, Jabalya)
DIRITTO ALLO STUDIO
Uno
dei punti di forza del popolo palestinese è proprio il livello di
istruzione, considerato essenziale nel processo di costruzione dello
Stato Palestinese. L’assedio e l’occupazione hanno anche ripercussioni
pesanti sul diritto allo studio dei bambini. “L’istruzione è l’arma piu’ potente che hai” era solito dire il padre di un ragazzo di Gaza, oggi stimato giornalista.
L’85% delle scuole a Gaza operano su doppi turni
giornalieri, con dimensioni delle classi fino a 50 studenti. Durante
l’operazione militare ‘Piombo Fuso’ sulla Striscia di Gaza 18 tra scuole
e asili sono stati distrutti e oltre 250 danneggiati. Durante
l’operazione “Pilastro di Difesa” secondo il PCHR, almeno 162
palestinesi sono stati uccisi nei combattimenti, la maggioranza dei
quali erano civili - tra cui 37 bambini. La lista di danni a Gaza
comprende 963 case, 10 centri sanitari, 35 scuole, 2 università, 8
edifici governativi e un centro di distribuzione alimentare dell’UNRWA.
Secondo i dati dell’Umanitarian Monitor Report di UNOCHA, il divieto
israeliano per l’importazione di materiali da costruzione (cemento,
acciaio, ghiaia) nella Striscia di Gaza ha ritardato la costruzione di
105 nuove scuole delle Nazioni Unite. Questi materiali da costruzione di
base sono definite dalle autorità israeliane come articoli di
“doppio-uso” (civile-militare) e, come tale, la loro importazione è
soggetta ad approvazione di Israele.
Ma nonostante tutto questo, i bambini di Gaza sono
incredibili ed è tanto quello che si riesce ad imparare da loro. Durante
una attivitá, abbiamo chiesto loro cosa volessero diventare da grandi e
la quasi totalitá ha risposto insegnante o dottore. Uno di loro ci ha
guardato ed ha detto:
“io voglio fare l’ingegnere per ricostruire il mio paese”.
Ma la tenacia dei sogni si scontra poi con i report
di varie agenzie delle Nazioni Unite che paventano un futuro difficile
per tutti i giovani di domani in quanto il blocco israeliano (e
attualmente anche egiziano) ha portato e continua a portare una drastica
diminuizione delle opportunitá educative e di impiego. Questo scenario è
condiviso anche dal Ministro dell’Educazione di Gaza che vede come
alcune delle conseguenze piu’ gravi dell’assedio la limitazione
dell’accesso all’istruzione superiore, agli scambi accademici e allo
sviluppo professionale. Il blocco economico, infatti, ha reso difficile,
tra le altre cose, anche l’importazione di libri, materiali per i
laboratori di scienze ed altre attrezzature scolastiche necessarie per
garantire ai ragazzi una formazione di qualitá.
Ma nonostante tutto questo….i bambini di gaza continuano con la loro “piccola-grande” resistenza quotidiana e ci insegnano.
Ci insegnano la tenacia quando di fronte alle
difficoltá reagiscono, costruendo da soli un gioco che non potranno mai
avere, imparando a fare giocoleria, circo, uno sport particolare
guardano su internet come fanno gli altri bambini e provandoci senza
perdersi d’animo fino a quando non ci riescono. Ci insegnano come andare
oltre le barriere, barriere che il resto del mondo costruisce.
Ci insegnano la dignita’ quando ci raccontano
l’occupazione con i loro occhi, ci insegnano la giustizia quando ci
mettono di fronte alle domande piu’ semplici e piu’ imbarazzanti per noi
“perchè io sono chiuso qui?”, “perchè ci bombardano?”, “perchè non ho un posto sicuro dove giocare?”,
domande di cui sappiamo la risposta ma alle quali nessuno vuole mai
rispondere. Ci insegnano l’importanza della memoria quando (da
rifugiati) ci dicono con orgoglio la loro cittá di origine, cittá che
non hanno mai visto ma che è chiara e viva nella loro testa grazie ai
racconti dei loro genitori e nonni cacciati da li’ durante la Nakba.
Ci insegnano…. e i loro occhi accusano il nostro silenzio.
Valentina Venditti
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