Paola Caridi : Non solo a Colonia






Odio la dietrologia. Odio il complottismo. Sui fatti indegni di Colonia, sulla molestia sessuale di massa sulle donne nel centro di Colonia, occorre che si torni al raziocinio e si rifletta. Perché se così non si fa vuole dire che “c’è veramente del marcio in Danimarca”. Quello che sta succedendo –…
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Odio la dietrologia. Odio il complottismo. Sui fatti indegni di Colonia, sulla molestia sessuale di massa sulle donne nel centro di Colonia, occorre che si torni al raziocinio e si rifletta. Perché se così non si fa vuole dire che “c’è veramente del marcio in Danimarca”. Quello che sta succedendo – nel post-Colonia – è infatti un terribile cocktail mediatico, un cortocircuito che mette assieme tutto: razzismo, islamofobia, populismo sulla questione delle migrazioni, attacchi ai profughi in quanto disturbatori della quiete pubblica europea. Se si giudica dal risultato, i fatti di Colonia rischiano di assumere altri colori e altri sapori. Colori e sapori direttamente legati alla dietrologia e al complottismo. Colori e sapori che pongono molte domande. La prima: perché un migliaio di persone con intenti non proprio pacifici girano indisturbate nel centro di Colonia senza un intervento della polizia, proprio nel momento di massima allerta-terrorismo? Non ci dicono da settimane che l’Europa può essere bersaglio ancora una volta del terrorismo 2.0, della longa manus dell’ISIS, proprio com’è successo il 13 novembre a Parigi? Non abbiamo visto a Roma, proprio durante le feste di Natale, non solo carabinieri e polizia, ma addirittura soldati in assetto presidiare i luoghi sensibili come le stazioni? E il centro di Colonia è forse diverso dal centro di qualsiasi città importante europea? Se poi è vero che non solo a Colonia, ma in altre città tedesca si sono verificate le stesse molestie di massa, cosa dobbiamo pensare? A un piano preordinato dell’ISIS (tipo la Spectre, insomma) o a qualche altra cosa, in un periodo in cui la Germania targata Angela Merkel è il campione dell’accoglienza, mentre più nord si chiudono i confini?
Amo farmi domande, come sempre. E amo guardare alla Storia. Soprattutto a quella degli anni più recenti. Chi non ha frequentato molto il mondo arabo non si ricorda, forse, di un tragico episodio analogo che è impresso nella memoria degli egiziani. Era lo Eid al Fitr di esattamente dieci anni fa. La fine di ottobre del 2006. La festa grande alla fine del ramadan. Nel centro del Cairo si erano riversate le famiglie, le coppiette, il popolo egiziano a passeggiare, in una fase in cui il regime di Hosni Mubarak riceveva già le forti pressioni della contestazione dei ragazzi. Ci fu una vera e propria molestia di massa. Una scorribanda di ragazzi egiziani che fecero il loro porco comodo circondando le ragazze egiziane (comprese quelle velate), palpeggiandole, molestandole, spogliandole. Una delle descrizioni più interessanti è quella fatta da Sandmonkey, ai tempi uno dei blogger più interessanti e cinque anni dopo, non casualmente, uno dei protagonisti della rivoluzione di piazza Tahrir del 2011.
La molestia sessuale su uomini e donne in Egitto, perpetrata sia ieri sia oggi anche da poliziotti e membri dei servizi di sicurezza come tortura, è al centro di rapporti, articoli, denunce. Spesso lasciate nell’ombra dal nostro dibattito sul mondo arabo.  Ecco uno dei saggi interessanti sull’argomento: lo potete leggere qui. Il saggio di Paul Amar è ancora più chiaro su quello che è successo al Cairo, dieci anni fa: “However, in 2006, several occurrences of sexualized mobbing of women were reported, with a few incidents being captured on cell phone video. Significant in each report was the presence of police permitting, and even encouraging, the attacks”.
Alaa al Aswany vi aveva, proprio allora, dedicato un articolo poi ripubblicato nel suo libro su La Rivoluzione egiziana (Feltrinelli, 2011), che avevo tradotto e curato.
E poi cercate su Google: troverete veramente tanto da leggere,  e tanto su cui riflettere. Se possibile, con freddezza.
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