Fulvio Scaglione :Polemiche su quattro statue silenzio su 1.084 condanne a morte
Uno
sbotto nazional-popolare sulle statue e il silenzio della politica su
pena di morte e diritti civili. Come con l'Arabia Saudita, nel vuoto
politico conta soprattutto il…
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La visita in Italia del presidente iraniano Hassan Rouhani potrebbe
con qualche retorica e qualche giustificata ragione, essere definita
"storica". Sancisce il ritorno sulla scena internazionale, dopo
l'accordo sul nucleare, di un grande Paese dalla forte tradizione
culturale che le vicende degli ultimi trent'anni avevano inchiodato tra i
reietti, tra gli "Stati canaglia". Restituisce all'Italia la funzione
di ponte nelle relazioni dell'Europa con il Medio Oriente che le
appartiene per diritto, storia e geografia e che negli ultimi tempi
sembrava potersi esprimere solo nell'accoglienza ai migranti. Smuove il
Medio Oriente stesso, che per essere stabilizzato e pacificato ha più
che mai bisogno di politiche innovative. Per non parlare dell'incontro
con papa Francesco, il secondo di un presidente iraniano dopo quello tra
giovanni Paolo II e Khatami nel 1999.
E poi: saprà, l'Iran rappresentato da Rouhani, essere all'altezza di tali sfide? Resisterà, il suo atteggiamento riformista (certo più aperto del predecessore Ahmadinejad), al ritorno delle frange più radicali del complesso sistema istituzional-religioso che regge l'Iran? Le promesse, copiose, saranno con altrettanta generosità mantenute?
Con tutta quella carne al fuoco le polemiche, alla fine, si sono sviluppate sul fumo. Cioè, su un pasticcio combinato da noi, nel cortocircuito tra funzionari che ha portato alla disastrosa idea di coprire con (quelli sì scandalosi) orridi scatoloni bianchi una decine di statue dei Musei Capitolini. Quello che voleva essere un gesto di cortesia verso l'ospite si è inevitabilmente trasformato in un atto non richiesto di sottomissione culturale, quasi nel disconoscimento di un patrimonio artistico che tutto il mondo, invece, riconosce e ci invidia.
La cosa è sembrata tanto più misera perché accompagnata da grandi discorsi sugli affari da siglare con i capi delle industrie di Stato che hanno acc0mpagnato Rouhani nei suoi tre giorni a Roma. Un "con Franza o Spagna purché se magna" riveduto e corretto. Anche qui (possiamo dirlo?) secondo tradizione. Ed è stata un'iniziativa comunque ridicola perché qualunque turista che sia stato in Iran sa che nei grandi siti archeologici dell'epoca pre-islamica (in Iran non solo conservati ma esaltati agli occhi dei visitatori) si trovano bassorilievi e statue non tanto meno ignude delle "nostre".
Insomma, una figuraccia. Così come gli scatoloni bianchi con le statue, però, anche lo sbotto di orgoglio nazional-culturale è in fondo servito, come gli orridi scatoloni bianchi, a nascondere qualcosa di molto più importante. E cioè l'assenza di qualunque accenno, riferimento, allusione, battito di ciglia alla considerazione che l'Iran ha per i diritti civili e per i diritti delle minoranze. Quello degli ayatollah (vedi dati di Nessuno tocchi Caino) è tutt'ora il Paese con il più alto tasso di condanne a morte per abitante (1.084 esecuzioni nel 2015, il più sanguinoso degli ultimi 25 anni), il Paese in cui viene tollerato e in qualche caso incentivato dalle autorità un antisionismo sempre ai limiti dell'antisemitismo, il Paese in cui le proteste pacifiche del 2009 vennero stroncate con la violenza.
L'Iran, insomma, torna nella comunità internazionale e ne siamo felici. Ma non può e non deve pensare che ci vada tutto bene. E invece... nulla. Noi avremmo volentieri coperto anche il Colosseo in cambio di qualche parola ben spesa in quella direzione. Ed è questa la nostra vera sconfitta, nazionale e culturale, altro che le statue. Ed è una sconfitta perché replica pari pari altre sconfitte simili, per esempio quelle subite con l'Arabia Saudita (altre statue coperte per la visita dei loro dignitari, mai un sussurro sul regime islamico più integralista del mondo) o sul Qatar, che finanzia i Fratelli Musulmani e intanto si compra cospicue fette di Made in Italy o del centro di Milano. E' qui che si vede che siamo davvero, ancora e sempre, quelli di "con Franza o Spagna". Così ansiosi di ramazzare un po' di contratti in giro da digerire l'indigeribile. Senza neanche fare il ruttino.
E poi: saprà, l'Iran rappresentato da Rouhani, essere all'altezza di tali sfide? Resisterà, il suo atteggiamento riformista (certo più aperto del predecessore Ahmadinejad), al ritorno delle frange più radicali del complesso sistema istituzional-religioso che regge l'Iran? Le promesse, copiose, saranno con altrettanta generosità mantenute?
Con tutta quella carne al fuoco le polemiche, alla fine, si sono sviluppate sul fumo. Cioè, su un pasticcio combinato da noi, nel cortocircuito tra funzionari che ha portato alla disastrosa idea di coprire con (quelli sì scandalosi) orridi scatoloni bianchi una decine di statue dei Musei Capitolini. Quello che voleva essere un gesto di cortesia verso l'ospite si è inevitabilmente trasformato in un atto non richiesto di sottomissione culturale, quasi nel disconoscimento di un patrimonio artistico che tutto il mondo, invece, riconosce e ci invidia.
La cosa è sembrata tanto più misera perché accompagnata da grandi discorsi sugli affari da siglare con i capi delle industrie di Stato che hanno acc0mpagnato Rouhani nei suoi tre giorni a Roma. Un "con Franza o Spagna purché se magna" riveduto e corretto. Anche qui (possiamo dirlo?) secondo tradizione. Ed è stata un'iniziativa comunque ridicola perché qualunque turista che sia stato in Iran sa che nei grandi siti archeologici dell'epoca pre-islamica (in Iran non solo conservati ma esaltati agli occhi dei visitatori) si trovano bassorilievi e statue non tanto meno ignude delle "nostre".
Insomma, una figuraccia. Così come gli scatoloni bianchi con le statue, però, anche lo sbotto di orgoglio nazional-culturale è in fondo servito, come gli orridi scatoloni bianchi, a nascondere qualcosa di molto più importante. E cioè l'assenza di qualunque accenno, riferimento, allusione, battito di ciglia alla considerazione che l'Iran ha per i diritti civili e per i diritti delle minoranze. Quello degli ayatollah (vedi dati di Nessuno tocchi Caino) è tutt'ora il Paese con il più alto tasso di condanne a morte per abitante (1.084 esecuzioni nel 2015, il più sanguinoso degli ultimi 25 anni), il Paese in cui viene tollerato e in qualche caso incentivato dalle autorità un antisionismo sempre ai limiti dell'antisemitismo, il Paese in cui le proteste pacifiche del 2009 vennero stroncate con la violenza.
L'Iran, insomma, torna nella comunità internazionale e ne siamo felici. Ma non può e non deve pensare che ci vada tutto bene. E invece... nulla. Noi avremmo volentieri coperto anche il Colosseo in cambio di qualche parola ben spesa in quella direzione. Ed è questa la nostra vera sconfitta, nazionale e culturale, altro che le statue. Ed è una sconfitta perché replica pari pari altre sconfitte simili, per esempio quelle subite con l'Arabia Saudita (altre statue coperte per la visita dei loro dignitari, mai un sussurro sul regime islamico più integralista del mondo) o sul Qatar, che finanzia i Fratelli Musulmani e intanto si compra cospicue fette di Made in Italy o del centro di Milano. E' qui che si vede che siamo davvero, ancora e sempre, quelli di "con Franza o Spagna". Così ansiosi di ramazzare un po' di contratti in giro da digerire l'indigeribile. Senza neanche fare il ruttino.
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