Palestina. Onu: “Basta violenze contro gli attivisti per i diritti umani”

Palestina. Onu: “Basta violenze contro gli attivisti per i diritti umani”

 

di Rosa Schiano
Roma, 24 dicembre 2015, Nena News - “Aiuta un attivista per i diritti umani a sostituire la propria videocamera rotta” è il titolo di una raccolta fondi organizzata da Badee Dwaik, coordinatore di Human Rights Defenders, gruppo che documenta la violenza dell’occupazione israeliana e le attività illegali dei coloni in particolare nella zona di Hebron. I video, secondo Dwaik, sono necessari per denunciare le loro azioni e costituiscono per la difesa legale palestinese una prova da utilizzare nei tribunali. Le videocamere come “arma non violenta” permettono di smentire le informazioni dei media israeliani e allo stesso tempo rappresentano un microfono per la voce del popolo palestinese desideroso di comunicare con il mondo e di denunciare la propria condizione.
Uno strumento tanto prezioso quanto fastidioso per le truppe israeliane che nel corso di quest’anno hanno confiscato quattro videocamere, un computer e un disco rigido al gruppo di attivisti di Hebron. I soldati hanno fatto irruzione nell’abitazione di Dwaik, racconta l’attivista sul sito della campagna, che ha continuato a filmare quanto avvenuto fin quando i soldati hanno preso la sua telecamera e l’hanno gettata a terra distruggendola. Stessa sorte per la videocamera del suo amico Emad, palestinese che vive in una casa protetta da una grata di metallo che permette di difendersi dalle aggressioni dei coloni, e a cui i soldati hanno confiscato una videocamera che utilizzava per lavorare ai matrimoni e per denunciare le violazioni dei diritti umani. Il video, pubblicato da Human Rights Defenders il 19 novembre, mostra l’incursione di almeno 5 soldati nell’abitazione di Dwaik, l’aggressione a suo nipote spinto in un angolo, le armi puntate sui membri della famiglia disarmati, tra cui vi erano bambini.
Videocamere e macchine fotografiche sono state recentemente uno strumento decisivo anche per denunciare gli omicidi extragiudiziali. Nel mese di settembre, per esempio, scatti fotografici avevano immortalato soldati che a Hebron puntavano le armi contro una studentessa diciottenne all’attraversamento di un checkpoint. La giovane palestinese, Hadil Salah Hashlamoun, colpevole solo di essere coperta totalmente da un burka, era stata intimata dai soldati di tornare indietro, in lingua ebraica, per lei incomprensibile. I militari, che avrebbero potuto arrestarla, hanno deciso di aprire il fuoco direttamente sul suo corpo uccidendola, dando poi la giustificazione che Hadil fosse armata di un coltello che, però, non appare nelle fotografie. Sono diversi i casi in cui coloni ed esercito hanno sparato a palestinesi con l’accusa che fossero armati di coltelli mentre foto e video realizzati da attivisti palestinesi ed internazionali hanno contestato tali affermazioni.
Ai militari israeliani non sono mai piaciute le telecamere, non è una novità. Hanno spesso attaccato volontari internazionali intenti a monitorare e filmare le violazioni dell’esercito sui contadini nelle aree agricole lungo il confine di Gaza, in mare contro i pescatori e in Cisgiordania. Ultimamente è a Hebron che si stanno concentrando le maggiori tensioni, in particolare nel quartiere di Tel Rumeida, dove gruppi di attivisti palestinesi, come Human Rights Defenders e Youth Against Settlements, e internazionali come l’International Solidarity Movement subiscono enormi difficoltà e violenze nel documentare i crimini di militari e coloni.
Il 3 novembre due attivisti dell’ISM sono stati arrestati ad Hebron e altri sei hanno ricevuto l’ordine di lasciare l’appartamento del quartiere di Tel Rumeida. I due internazionali arrestati, un tedesco e uno statunitense, stavano monitorando il checkpoint 56 all’ingresso di Shuhada Street. I due sono stati arrestati con l’accusa di aver “disturbato i soldati” e di trovarsi in una zona militare chiusa. Successivamente, i soldati hanno impedito ad altri internazionali di attraversare il Checkpoint 56 che divide Tel Rumeida dalla zona H1 di Hebron, che è sotto l’autorità palestinese. E’ la presenza stessa degli attivisti a disturbare i militari che quindi giocano la carta della minaccia di deportazione.
Una presenza scomoda ma difesa dagli esperti indipendenti delle Nazioni Unite che venerdì in un comunicato hanno espresso preoccupazione per i continui attacchi fisici, le molestie, gli arresti, le detenzioni e le minacce di morte che essi subiscono in particolare a Hebron e nel resto dei Territori Palestinesi Occupati “in un chiaro tentativo da parte delle autorità israeliane e dei coloni di fermare il loro pacifico e importante lavoro”. “Negli ultimi mesi, in un’atmosfera tesa e violenta, attivisti palestinesi e internazionali stanno fornendo una ‘presenza protettiva’ per i palestinesi a rischio di violenza e stanno documentando le violazioni dei diritti umani,” ha detto Michel Forst, inviato speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei difensori dei diritti umani. “Il continuo attacco ad attivisti per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati, che stanno esercitando il proprio diritto alla libertà di espressione e di associazione, è semplicemente inaccettabile e dovrebbe cessare immediatamente”, ha aggiunto Forst.
Il comunicato riferisce che all’inizio di questo mese, un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha chiesto al governo israeliano che venga assicurata protezione agli attivisti per i diritti umani nei territori palestinesi e che sia garantito loro di lavorare senza restrizioni illegittime e senza timore di azioni di rappresaglia. Wibisono, inviato speciale per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati, ha affermato di aver espresso le proprie preoccupazioni al governo israeliano riguardo azioni di rappresaglia compiute da autorità israeliane contro membri dell’organizzazione Youth Against Settlements. Il centro è stato ora chiuso poiché l’esercito israeliano ha dichiarato l’area circostante zona militare. “Esortiamo le autorità israeliane a revocare l’ordine militare”, ha aggiunto Wibisono. Nel mese di novembre, il centro di Youth Against Settlements era stato perquisito dai soldati che hanno distrutto e perquisito fotocamere, computer, dischi rigidi ed altri strumenti ed attivisti erano stati detenuti. Nena News

 

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

Venti di guerra tra Israele e Iran. Ecco la nuova politica militare di Ahmadinejad

La carta degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est dal 1967 a oggi

Joel Swanson : Opinion | Wake up, Jewish establishment: Seth Rogen speaks for a lot of us young Jews