Dai missili di Gaza a Trieste la “favola” di due cuginetti




Dai missili di Gaza a Trieste la “favola” di due cuginetti

Il Piccolo-9 ore fa
Da quel momento un filo di speranza ha unito la striscia di Gaza alla città di Trieste. Un filo che in più occasioni ha rischiato di spezzarsi e che ...





Una favola dai contorni natalizi ha fatto da sfondo ai consueti auguri di fine anno della Fondazione Luchetta, Ota, D’Angelo, Hrovatin, che per la prima volta si sono svolti al Circolo della stampa, in Corso Italia, la “casa” dove la onlus triestina ha visto i natali nel 1994.
A raccontarla è stata la voce, a tratti emozionata, di Daniela Luchetta, presidente di una realtà che fin dalla nascita si è impegnata in favore dei bambini vittime delle guerre.
La favola, che è ancora lontana dall’avere un lieto fine, ha riportato i presenti al 16 luglio 2014, quando un missile lanciato da una nave della Marina israeliana ha ucciso nel porto di Gaza quattro bambini, tutti cugini, e ne ha feriti altri quattro, sempre appartenenti alla stessa famiglia. I piccoli, di un’età compresa fra i nove e gli undici anni, stavano correndo dietro a un pallone, quando il missile si è abbattuto su di loro.
Da quel momento un filo di speranza ha unito la striscia di Gaza alla città di Trieste. Un filo che in più occasioni ha rischiato di spezzarsi e che solo qualche giorno fa si è legato saldamente a una delle case di accoglienza della Fondazione, fra le cui mura sono stati accolti Montassier e Sayed, due cugini superstiti di quella tragedia, rispettivamente di undici e tredici anni. «Portarli a Trieste non è stato facile – ha spiegato con commozione Daniela Luchetta – e il loro arrivo è stato il frutto di una lunga e delicata trattativa che ha trovato impegnato in prima linea il Consolato italiano di Gerusalemme».
I valichi della striscia di Gaza non sono facilmente transitabili dai palestinesi, neanche quando di mezzo ci sono forti motivazioni umanitarie come quelle rivendicate dalla onlus triestina e dall’ospedale Burlo Garofolo che ha subito preso in carico i due bimbi. «Nell’accoglierli a Trieste - così Luchetta - ho provato delle emozioni fortissime, le stesse vissute all’arrivo di Slatko (il bimbo che deve la vita alla troupe Rai guidata da Marco Luchetta, morta a Mostar, ndr)».
Curate a Gaza le ferite del corpo, i due bambini ora devono affrontare il dolore più grande, quello psicologico. «Montassier e Sayed devono tornare a essere dei bambini - ha concluso Luchetta - uscendo dal ruolo di sopravvissuti che gli è stato cucito addosso. Per loro vogliamo tranquillità ed è per questo che chiediamo che su questa storia si inizino a spegnere i riflettori».
Il brindisi benaugurale ha chiamato a raccolta la “famiglia” della onlus che porta il nome dei giornalisti triestini scomparsi a Mostar e a Mogadiscio, ma ha rappresentato anche l’occasione per fare un bilancio «di quest’anno straordinario», per utilizzare le parole della stessa Luchetta. Un anno durante il quale si è riusciti ad acquistare la storica struttura di via Valussi. Un anno che ha visto un netto calo delle elargizioni, a fronte di un lascito importante «che ci permette di guardare al futuro con ottimismo». I modi per stare vicino alla Fondazione, del resto, sono molteplici, come prendere parte all’asta benefica ideata
da Massimiliano “Maxino” Cernecca, che si concluderà domani al Caffè San Marco, dove è in vendita Elsa, protagonista del film Frozen, l’unica bambola al mondo capace di cantare il ritornello della parodia “Che zimon”, tormentone dello stesso cantante triestino.

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