La bandiera della Palestina da oggi sventolerà all’Onu Abu Mazen: preservare unità della terra e del popolo





La bandiera della Palestina sarà issata oggi davanti al palazzo delle Nazioni Unite a New York, durante il discorso del presidente Abu Mazen di fronte all’assemblea generale. Il 10 settembre del 2015, l’assemblea ha votato in favore di una mozione che permette anche alle bandiere degli stati osservatori (dal 2012 Palestina e Città del Vaticano) di sventolare insieme ai vessilli dei 193 paesi membri dell’Onu. Israele e gli Stati Uniti hanno votato contro, insieme a sei altri paesi, ma la mozione è stata approvata a larga maggioranza, con 119 voti favorevoli – tra cui quello dell’Italia – e 45 astenuti.
I paesi che riconoscono la Palestina come stato sono 135. L’Huffington Post ha pubblicato un post firmato da Abu Mazen, in cui il presidente palestinese ha scritto: “Con il voto per permettere alla nostra bandiera di sventolare all’Onu la comunità internazionale ha dimostrato la sua solidarietà al popolo palestinese. Ora deve agire con urgenza e cogliere l’occasione per pensare a un piano che metta fine all’occupazione da parte di Israele, garantire i diritti umani e ottenere giustizia”.


PS :
Nel 1980 Carucci-DAC pubblicava una raccolta di saggi "Ebraismo, popolo ebraico e stato d’Israele" di Jeshajahu Leibowitz. Troviamo scritto nell’Introduzione di Ariel Rathaus: "... La società israeliana ha risposto alla "propaganda d’idee" ed alla "critica alla cultura" di Leibowitz soprattutto con un rispettoso rigetto... inascoltato e incompreso..."

Quanto segue è tratto da un breve saggio pubblicato da Leibowitz nel marzo del millenovecentosessantotto (1968).


 9. Una visione del futuro

"... Perno del dibattito sono ‘la pace e la sicurezza’. Se il termine ‘pace’ viene qui usato nel suo vero significato – come indice cioè di una situazione di coesistenza di Israele e degli Stati confinanti, basata su un accomodamento concordato fra le parti – oggi e in un prevedibile futuro le probabilità di una pace del genere sono nulle. Non è questa la sede più adatta per chiarire in termini storicamente approfonditi se del conflitto ebraico-arabo per Erez-Israel si desse a priori una soluzione concordata fra ebrei ed arabi; va però in ogni caso detto che, se nei vent’anni dalla creazione dello Stato d’Israele si sono presentate delle occasioni che forse (nulla più di una semplice ipotesi!) rendevano in qualche modo possibile tentare di raggiungere un accordo di compromesso, noi ce le siamo fatte scappare tutte...
... Chi tiene gli occhi ben aperti – e ci sono occhi ben aperti anche al vertice del governo, solo che i loro proprietari preferiscono, a quanto pare, tacere – vede che senza una soluzione imposta dall’esterno finiremo col ridurci a un secondo Vietnam, in una guerra che si trascinerà senza che se ne possano decidere le sorti, con un’escalation continua. Domani dovremo forse invadere Amman o Damasco senza ricavarne nulla...
... Non vi è relazione diretta fra il problema della sicurezza e quello dei territori: non esistono confini sicuri...
... Siamo condannati a crearci in questo nostro paese un’esistenza senza pace e senza sicurezza, come il popolo ebraico fece nel corso di tuta la sua vita millenaria; e per quest’esistenza dovremo sottoporci a sforzi supremi e a grandi e costanti sacrifici. Pertanto si rende necessario mettere in chiaro con noi stessi di che natura sarà lo Stato per il quale sottoporremo noi e i nostri figli a un’esistenza simile, prendendo posizione sul problema dei "territori" alla luce di tale chiarificazione...
... Lo Stato che eserciterà il proprio dominio su una popolazione ostile di un milione e mezzo-due milioni di stranieri sarà necessariamente lo Stato dello "Shin-bet", con tutte le inevitabili ripercussioni sullo spirito dell’educazione, sulla libertà di parola e di pensiero e sulla democraticità del regime. La corruzione tipica di ogni regime coloniale prenderà piede anche nello Stato d’Israele. Il regime dovrà dedicarsi da un lato alla repressione di un movimento di rivolta arabo, dall’altro all’acquisizione di quisling arabi. C’è da temere che anche l’esercito israeliano – finora esercito popolare – degeneri a causa della sua trasformazione in esercito d’occupazione, e che una volta governatori militari, i suoi ufficiali diventino tali e quali ai loro colleghi di altre nazionalità: ed ogni commento è superfluo...
... Estendere l’ambito del nostro dominio politico a questi arabi (in aggiunta ai trecentomila già cittadini dello Stato) significa la liquidazione dello Stato d’Israele quale Stato del popolo ebraico, la totale rovina del popolo ebraico stesso, il crollo delle strutture sociali da noi create nello Stato e la degenerazione dell’uomo ebreo come dell’uomo arabo...".


3   PALESTINA - NAZIONI UNITE
Onu: issata la bandiera palestinese. Abu Mazen: preservare unità della terra e del popolo
Ieri si è tenuta la cerimonia di alzabandiera per la Palestina, in qualità di Paese osservatore non membro. Rivolgendosi all’assemblea, il presidente dell’Ap ha dichiarato che non valgono più gli accordi di Oslo, violati “in continuazione” da Israele. Obiettivo elezioni presidenziali e politiche “il prima possibile”.


New York (AsiaNews/Agenzie) - Per la prima volta nella sua storia, da ieri la bandiera palestinese sventola nel quartier generale delle Nazioni Unite a New York. Alla cerimonia di alzabandiera era presente anche il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas il quale, rivolgendosi all’Assemblea, ha definito "inconcepibile" che la questione di uno Stato proprio sia rimasta irrisolta in tutti questi anni. Egli ha inoltre aggiunto che l’Ap non si sente più vincolata agli accordi di Oslo con Israele della metà degli anni ’90, che sono stati “violati in continuazione”.
Rivolgendosi all’Assemblea generale Onu prima della cerimonia, il presidente ha accusato Israele di sabotare gli sforzi di pace; inoltre, le operazioni della sicurezza in corso alla moschea di al-Aqsa, a Gerusalemme, potrebbero causare una guerra di stampo confessionale.
“Siamo determinati a preservare l’unità della nostra terra e del nostro popolo” ha quindi aggiunto il leader palestinese, il cui obiettivo è la formazione di un “governo di unità nazionale” che agisca in accordo con il programma delineato dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp). Egli auspica “elezioni presidenziali e politiche” da tenere “il prima possibile”.
Sebbene la Palestina non sia un membro delle Nazioni Unite, l’Assemblea generale ha adottato una risoluzione che consente ai “Paesi osservatori non membri” di innalzare la loro bandiera assieme agli altri che appartengono a pieno titolo all’assise.
Ad oggi la Palestina - con un voto che si è tenuto nel 2012 - e il Vaticano sono i soli Paesi con questo status. L’anno precedente la Palestina aveva cercato di aderire all’organismo internazionale come Stato membro a pieno titolo; tuttavia, la richiesta non è andata a buon fine per il mancato sostegno in seno al Consiglio di sicurezza Onu.
La decisione di innalzare la bandiera della Palestina è giunta all’inizio del mese scorso, con una votazione che ha registrato la posizione contraria di Israele, Stati Uniti e altre sei nazioni. Altri 45 Paesi hanno scelto l’astensione.
Per il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon quella di ieri è stata una “giornata di orgoglio” per tutti i “palestinesi nel mondo”. Presenziando alla cerimonia di alzabandiera, il capo della diplomazia Onu ha auspicato la realizzazione delle “aspirazioni che questa bandiera rappresenta”, ovvero Israele e Palestina che convivono l’uno accanto all’altra “in pace e sicurezza”.
Diversa la posizione del rappresentante permanente di Israele alle Nazioni Unite Ron Prosor, il quale ha parlato di un “palese tentativo di dirottare” l’Onu. Egli ha inoltre insistito sui negoziati diretti, quali unica via per i palestinesi di ottenere il riconoscimento di uno Stato proprio.

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