Giorgio Bernardelli :Gli israeliani e la Bibbia



La Porta di Jaffa

Gli israeliani e la Bibbia
di Giorgio Bernardelli


In una società molto più stratificata rispetto a come la si dipinge, qual è oggi il rapporto tra gli ebrei israeliani e la Bibbia? Alcuni risultati interessanti emergono da un sondaggio condotto nelle scorse settimane in Israele in vista della Tanach Conference, l’annuale seminario biblico promosso dall’Herzog Academic College di Alon Shvut.
Intanto dall’indagine emerge che il 95 per cento degli intervistati dichiara di averne una copia in casa (anche se c’è comunque un 6 per cento che precisa di non essere sicuro di sapere esattamente dove si trovi…). Per dare un termine di paragone, la più recente indagine sugli italiani e la Bibbia - condotta l’anno scorso - stimava la presenza di una Bibbia nell’82 per cento delle case nel nostro Paese: un percentuale alta, ma non quanto in Israele.
Se poi si passa alla conoscenza dei contenuti e al significato riposto nella Scrittura la distanza tra l’Italia e Israele si allarga notevolmente. Alla domanda su che cosa rappresenti per il loro la Bibbia il 68 per cento degli israeliani risponde definendolo il Libro Sacro; un 16 per cento si accontenta di dire che è il libro intorno al quale si è plasmata l’identità ebraica, mentre solo il 9 per cento lo definisce un libro antico senza alcuna rilevanza rispetto alla vita di oggi. Ed è interessante osservare che anche un 54 per cento di quanti si autodefiniscono laici (grosso modo i due terzi della popolazione israeliana) considerano la Bibbia come il Libro Sacro.
Il 42 per cento degli intervistati (quindi molti di più rispetto a quanti si definiscono religiosi) dichiara di leggere la Bibbia con una certa frequenza, almeno una volta alla settimana. Al contrario il 30 per cento racconta di leggerla molto di rado o di non averla più aperta dagli esami di cultura biblica della scuola superiore. Interessante il dato di un altro 13 per cento che dichiara di leggere solamente il libro dei Salmi per cercare conforto durante qualche periodo di difficoltà, secondo una pratica tradizionale della spiritualità ebraica.
Quanto ai personaggi biblici che maggiormente hanno influenzato la propria vita in cima alle risposte figurano Mosè (19 per cento) e il re Davide (13 per cento). Solo al terzo posto Abramo (11 per cento) seguito da re Salomone (8 per cento) e da due grandi figure femminili: Rachele (5 per cento) e Sara (3 per cento).
Sono dati che testimoniano quanto la Bibbia resti un punto di riferimento imprescindibile per capire Israele. Ed è interessante che siano stati diffusi proprio nei giorni in cui l’Autorità per le antichità di Israele ha diffuso la notizia della scoperta del più antico testo biblico dopo i celebri manoscritti del Mar Morto. Si tratta di un rotolo ritrovato carbonizzato nell’antica sinagoga di Ein Gedi; la scoperta in realtà risale al 1970, quando il rotolo venne trovato al suo posto nell’aròn ha-kodesh, l’armadio che custodisce i rotoli della Torah. Le condizioni in cui si trovava avevano, però, finora reso impossibile un esame accurato. Oggi - invece - con alcune nuove tecniche di indagine è stato possibile non solo stabilire che il rotolo risale al VI secolo dopo Cristo, ma anche appurare che contiene i primi otto versetti del libro del Levitico.
Quarantacinque anni per decifrare un rotolo carbonizzato. E ricongiungerlo così al libro che il 95 per cento degli ebrei in Israele tiene nella propria casa. Si può andare avanti all’infinito a discutere su Israele; ma alla fine non si può non riconoscere che la sua forza più grande sta tutta qui.
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Clicca qui per leggere un articolo del Jerusalem Post sui risultati del sondaggio
Clicca qui per leggere il comunicato dell’Autorità per le antichità di Israele

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