Mozione e rimozione

Ieri l’Italia ha riconosciuto la Palestina per quasi cinque minuti, il tempo intercorso tra la mozione favorevole del Pd e quella irta di distinguo dei suoi alleati di centro, entrambe approvate dalla maggioranza dei parlamentari con il sostegno entusiasta del governo. Poi uno si chiede come ci vedono all’estero. Così. Nei secoli infedeli. Adulteri esistenziali, incapaci di rispettare un patto e di finire una guerra dalla parte in cui l’hanno incominciata. Il Paese degli inciuci e dei distinguo, delle leggi dove il secondo comma contraddice sistematicamente il primo. Di un primo ministro (Berlusconi, ma Andreotti non fu da meno) che la mattina visitava in lacrime un ospedale di Gaza e al pomeriggio abbracciava calorosamente i deputati di Tel Aviv. In Italia, diceva Flaiano, la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Alla schiena dritta si preferiscono le evoluzioni dei dervisci e alle mosse rigide delle torri quella del cavallo, un passo avanti e due di lato, ma solo per tornare a farne uno indietro.
Gli esperti sapranno sicuramente spiegarci le sfumature di questo ridicolo o forse geniale pateracchio che ha rassicurato gli israeliani e illuso i palestinesi senza deluderli del tutto, lasciando una porta aperta, per quanto spalancata sul vuoto. Tanto vale rassegnarsi. Accettare il talento cialtrone che il mondo intero ci riconosce. Sorriderne, magari. E continuare a esercitarlo con la professionalità che, almeno in questo campo, non ci è mai venuta meno. 

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