i filopalestinesi del pd disturbano i filo-israeliani renziani carrai, gutgeld e serra


CHE NOIA ‘STI FILO-PALESTINESI DEL PD: CON LE LORO MOZIONI, RISCHIANO DI DISTURBARE I RAPPORTI TRA I RENZIANI CARRAI, GUTGELD, SERRA E LA FINANZA EBRAICA - CARRAI STA “SPONSORIZZANDO” IL GAS DI ISRAELE IN EUROPA -

Gutgeld è impegnato nell'elaborazione di un piano che ha l'obiettivo di portare in Italia una più massiccia presenza di fondi esteri di venture capital, naturalmente anche israeliani - Il piano è già stato scritto nero su bianco e porta la firma di Action Institute, un think tank presieduto da Carlotta De Franceschi…


Stefano Sansonetti per “il Giornale”

MARCO CARRAI MARCO CARRAI
Non c'è niente da fare. La querelle sorta intorno alla mozione per il riconoscimento dello Stato della Palestina rischia di trascinare in un incidente diplomatico con Israele la parte più «renziana» del Pd. In particolare quello spicchio di «giglio magico» che negli ultimi tempi si sta spendendo di più per consolidare rapporti economici tra Italia e il Paese oggi guidato da Benjamin Netanyahu.

Ora, al di là del fatto che le polemiche sembrano essere state momentaneamente disinnescate, la realtà è che dietro le quinte due esponenti renziani sono letteralmente andati su tutte le furie quando hanno appreso la notizia delle mozioni a cui lavoravano Pd, Sel e Psi. I due sono Yoram Gutgeld, israeliano naturalizzato italiano e consigliere economico del premier, e Marco Carrai, amico e collaboratore di vecchia data dell'ex sindaco di Firenze.

yoram gutgeld yoram gutgeld
Il fatto è che entrambi, sottotraccia, stanno portando avanti con Israele progetti economici destinati a muovere parecchi soldi. Gutgeld, per esempio, è impegnato nell'elaborazione di un piano che ha l'obiettivo di portare in Italia una più massiccia presenza di fondi esteri di venture capital (fondi che investono in imprese ad alto potenziale di sviluppo), naturalmente anche israeliani.

Il piano è già stato scritto nero su bianco e porta la firma di Action Institute, un think tank presieduto da Carlotta De Franceschi, consulente di Renzi a Palazzo Chigi e molto vicina allo stesso Gutgeld. Nel documento, per esempio, viene sponsorizzato «il meccanismo del fondo dei fondi» accompagnato da «una politica fiscale mirata, sul modello israeliano».
davide serra nozze carrai davide serra nozze carrai

E una nota a margine del dossier spiega per filo e per segno come funzionano gli sgravi fiscali per i fondi di venture capital in Israele. Poi ci sono le operazioni di Carrai che riguardano il settore del gas, finora completamente sfuggite ai radar. Si dà infatti il caso che il braccio destro del premier, sfruttando i suoi contatti, stia cercando di «sponsorizzare» il gas israeliano in Europa.

Tutto parte dalla scoperta nel 2011 al largo delle coste israeliane di un maxigiacimento ribattezzato «Leviathan». Secondo Carrai, che citò la scoperta in una lettera al Corriere della sera del 31 ottobre 2014, l'Unione europea dovrebbe sfruttare l'opportunità di acquistare gas da questo giacimento per diversificare le sue fonti di approvvigionamento, ancora oggi troppo dipendenti dalla Russia.
MATTARELLA fosse ardeatine MATTARELLA fosse ardeatine

Insomma, Gutgeld e Carrai, tra i più attivi nel coltivare i rapporti con Israele, hanno in mano operazioni sulle quali dal loro punto di vista non era il momento di proiettare l'ombra di un incidente diplomatico conseguente alla mozione di riconoscimento della Palestina. Per questo sono andati su tutte le furie quando il loro stesso partito, il Pd, si è avventurato su un percorso a dir poco sdrucciolevole.

Michael Ledeen Michael Ledeen
Che poi i rapporti tra il governo Renzi e Israele proprio l'altro ieri sono stati oggetto di un articolo sul Wall Street Journal firmato da Michael Ledeen, animatore di circoli conservatori Usa e amico dello stesso Carrai (è intervenuto anche al suo matrimonio). Ebbene, nell'articolo Ledeen sottolinea l'importanza dei segnali mandati a Israele dal nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il cui primo atto è stato la visita alle Fosse Ardeatine.

E ricorda come lo stesso Mattarella, qualche giorno dopo, durante il discorso di insediamento alle Camere, abbia ricordato il piccolo Stefano Taché, ucciso nel 1982 a soli due anni nella sinagoga di Roma a seguito di un attentato antisemita. Un'ulteriore prova di come la storia della mozione del Pd abbia creato enormi grattacapi al «giglio magico».


RENZI CARRAI RENZI CARRAI



Gutgeld è impegnato nell'elaborazione di un piano che ha l'obiettivo di portare in Italia una più...
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1. IL PD SI DIVIDE SULLA PALESTINA
Goffredo De Marchis per “la Repubblica”

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Due mozioni per il riconoscimento dello Stato di Palestina, il Pd spaccato e il governo che frena. «Lo capite da soli. Quantomeno la tempistica è completamente sbagliata», confida il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ad alcuni deputati amici. Con l’Isis a 200 miglia dalle coste italiane, con la complicatissima mediazione sulla Libia, il voto sulla legittimità di un’autorità palestinese in questo momento sarebbe stato veramente il colmo.

Ci ha pensato un po’ il destino e un po’ la contrarietà di Palazzo Chigi a risolvere il problema salvando anche il Pd dalla storica frattura tra filo-israeliani e filo-arabi. Oggi infatti gli ordini del giorno saltano per via della fiducia sul Milleproroghe (che si approva stasera interrompendo i lavori in aula) e slittano a chissà quando, perché non sono provvedimenti urgenti. Finiranno in fondo a un fitto calendario, forse tra un mese. O più.

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Il caso comunque scoppia e non evita la divisione nel Pd. All’assemblea del gruppo il deputato di religione ebraica Emanuele Fiano avvisa: «Se si vota questa roba, rivendico la libertà di coscienza». Walter Verini chiede il rinvio. Pippo Civati invece si schiera a favore del riconoscimento: «Lo chiedo anche intellettuali ebrei come David Grossman». L’ambasciata israeliana, con un comunicato, avverte: «Rischiate di incoraggiare i palestinesi a rifiutare i negoziati. State allontanando la pace».

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Ma il Pd, a quel punto, ha già raggiunto il punto di rottura. Sono 15 le firme di deputati dem sotto la mozione di Sel che invoca un riconoscimento pieno della Palestina. E addirittura 31 deputati Pd sostengono il testo della socialista Pia Locatelli che impegna l’esecutivo a un via libera «definitivo» alla Palestina. Ci sono, tra gli altri, la bindiana Miotto, i bersaniani Fassina, Zoggia, Damiano e Giorgis, Civati e Sandra Zampa.

Palazzo Chigi e la Farnesina ufficialmente non intervengono. «È una materia parlamentare», spiega Renzi ai suoi collaboratori. Aggiungendo: «La materia è molto scivolosa». In realtà, il governo corre ai ripari e affida la “toppa” al responsabile Esteri Enzo Amendola. Amendola riceve il mandato a scrivere una mozione del Pd, che escluda il voto alle altre. Una mozione che usi i toni felpati della diplomazia e si muova cautamente sulla linea di “due popoli, due stati”. Alla fine, il voto salta e così il testo. Se ne riparla tra qualche settimana.

SANDRA ZAMPA SANDRA ZAMPA

Resta una certezza. Il governo Renzi non ha alcuna intenzione di impegnarsi al riconoscimento della Palestina. Negli uffici del ministro Gentiloni si fa notare che i parlamenti di molti Paesi europei hanno votato risoluzioni sul Medioriente, dal Regno unito alla Francia, dallo stesso Europarlamento all’Onu.

Ma solo in Svezia, tra le nazioni del nucleo storico Ue, quel tipo di mozione è stata poi adottata dal potere esecutivo. Come dire: Montecitorio agisca a suo piacimento, poi il governo non compirà alcuna scelta affrettata. Non è la linea di Massimo D’Alema che a Otto e mezzo invita a tenere conto del voto di quei parlamenti: «Se non diamo speranza alle leadership arabe moderate, non stupiamoci se lì vincono fondamentalismo e terrorismo».


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