Israele : 430 case per i coloni


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della redazione
Gerusalemme, 30 gennaio 2015, Nena News – I politici israeliani vivono in una costante campagna elettorale, ma a un mese e mezzo dalle elezioni si intensificano gli sforzi per accaparrarsi i voti dell’elettorato. Se per ora il conflitto con Hezbollah resta in sospeso, il governo Netanyahu punta sulle colonie: questa mattina l’esecutivo ha pubblicato un nuovo piano di appalti per la costruzione di 430 unità abitative per coloni in Cisgiordania.
A renderlo noto è l’ong israeliana che monitora le attività di espansione coloniale, Terrestrial Jerusalem: da ottobre è il primo piano pubblicato, fa sapere il direttore, Daniel Seidemann, e probabilmente non sarà l’ultimo prima del 17 marzo, data delle elezioni.
Il Likud preme sull’acceleratore per recuperare lo svantaggio: gli ultimi sondaggi attribuiscono con 25 seggi la maggioranza alla coalizione Campo Sionista, formata dal partito laburista e dalla compagine dell’ex ministro della Giustizia Livni, Hatnua. Al partito del premier ne andrebbero 20-22, 16 a Casa Ebraica (espressione del movimento dei coloni) e 5 a Yisrael Beytenu del falco Lieberman.
La mossa segue a quella del partito di Naftali Bennett, resa nota dal quotidiano Haaretz pochi giorni fa: il ministero della Casa, guidato da Uri Ariel di Casa Ebraica, ha erogato 850mila shekel (215 mila dollari) per ampliare l’insediamento di Efrat, vicino Betlemme, nonostante il blocco imposto dallo stesso Netanyahu per evitare le pressioni Usa. L’area scelta è strategica e da tempo nelle mire del movimento dei coloni che in passato hanno tentato più volte di occuparla.
Una mossa elettorale per raccogliere voti, secondo il direttore di Peace Now Yariv Oppenheimer, che ha l’obiettivo di stabilire “fatti sul terreno [...]  fatti che aggiungeranno benzina sul fuoco diplomatico, e danneggeranno gli sforzi di Israele di affrontare le pressioni internazionali che si muovono contro il Paese a L’Aia”.
A reagire è il ministero degli Esteri palestinesi che due giorni fa ha fatto appello alla comunità internazionale perché imponga sanzioni contro i progetti di espansione coloniale di Tel Aviv: “Si deve affrontare la questione delle colonie come un crimine di guerra che mette in pericolo la sicurezza – si legge nel comunicato del ministero – [I funzionari israeliani vanno perseguiti] per i continui crimini commessi contro i palestinesi, le loro terre e il loro stato”.
L’espansione coloniale israeliana non è mai cessata nel corso degli anni, nell’obiettivo di dividere in cantoni la Cisgiordania, annettere più terra possibile allo Stato di Israele e minare alla base ogni possibilità di dare vita ad uno Stato palestinese contiguo. Secondo le statistiche ufficiali israeliane, tra il 2009 e il 2014 – con Netanyahu come primo ministro del paese – la costruzione di colonie è aumentata del 25%. Oggi sono 600mila i coloni israeliani che risiedono in insediamenti illegali per il diritto internazionale, tra Cisgiordania e Gerusalemme Est.
Dalla comunità internazionale arrivano, però, solo condanne verbali. A muoversi potrebbe essere l’Unione Europea, in passato protagonista di azioni un po’ più concrete di quelle statunitensi, ma ad oggi inefficaci. Pochi giorni fa al-Monitor ha riportato l’intervista con un funzionario di Bruxelles che, in condizione di anonimato, ha affermato l’intenzione europea di fare maggiori pressioni su Tel Aviv dopo le elezioni.
“Seguendo la campagna elettorale israeliana, siamo scioccati dal fatto che tutti i partiti sembrino ignorare la questione centrale riguardante il futuro di Israele: risolvere il conflitto con i palestinesi. Gerusalemme, 30 gennaio 2015, Nena News – I politici israeliani vivono in una costante campagna elettorale, ma a un mese e mezzo dalle elezioni si intensificano gli sforzi per accaparrarsi i voti dell’elettorato. Se per ora il conflitto con Hezbollah resta in sospeso, il governo Netanyahu punta sulle colonie: questa mattina l’esecutivo ha pubblicato un nuovo piano di appalti per la costruzione di 430 unità abitative per coloni in Cisgiordania.
A renderlo noto è l’ong israeliana che monitora le attività di espansione coloniale, Terrestrial Jerusalem: da ottobre è il primo piano pubblicato, fa sapere il direttore, Daniel Seidemann, e probabilmente non sarà l’ultimo prima del 17 marzo, data delle elezioni.
Il Likud preme sull’acceleratore per recuperare lo svantaggio: gli ultimi sondaggi attribuiscono con 25 seggi la maggioranza alla coalizione Campo Sionista, formata dal partito laburista e dalla compagine dell’ex ministro della Giustizia Livni, Hatnua. Al partito del premier ne andrebbero 20-22, 16 a Casa Ebraica (espressione del movimento dei coloni) e 5 a Yisrael Beytenu del falco Lieberman.
La mossa segue a quella del partito di Naftali Bennett, resa nota dal quotidiano Haaretz pochi giorni fa: il ministero della Casa, guidato da Uri Ariel di Casa Ebraica, ha erogato 850mila shekel (215 mila dollari) per ampliare l’insediamento di Efrat, vicino Betlemme, nonostante il blocco imposto dallo stesso Netanyahu per evitare le pressioni Usa. L’area scelta è strategica e da tempo nelle mire del movimento dei coloni che in passato hanno tentato più volte di occuparla.
Una mossa elettorale per raccogliere voti, secondo il direttore di Peace Now Yariv Oppenheimer, che ha l’obiettivo di stabilire “fatti sul terreno [...]  fatti che aggiungeranno benzina sul fuoco diplomatico, e danneggeranno gli sforzi di Israele di affrontare le pressioni internazionali che si muovono contro il Paese a L’Aia”.
A reagire è il ministero degli Esteri palestinesi che due giorni fa ha fatto appello alla comunità internazionale perché imponga sanzioni contro i progetti di espansione coloniale di Tel Aviv: “Si deve affrontare la questione delle colonie come un crimine di guerra che mette in pericolo la sicurezza – si legge nel comunicato del ministero – [I funzionari israeliani vanno perseguiti] per i continui crimini commessi contro i palestinesi, le loro terre e il loro stato”.
L’espansione coloniale israeliana non è mai cessata nel corso degli anni, nell’obiettivo di dividere in cantoni la Cisgiordania, annettere più terra possibile allo Stato di Israele e minare alla base ogni possibilità di dare vita ad uno Stato palestinese contiguo. Secondo le statistiche ufficiali israeliane, tra il 2009 e il 2014 – con Netanyahu come primo ministro del paese – la costruzione di colonie è aumentata del 25%. Oggi sono 600mila i coloni israeliani che risiedono in insediamenti illegali per il diritto internazionale, tra Cisgiordania e Gerusalemme Est.
Dalla comunità internazionale arrivano, però, solo condanne verbali. A muoversi potrebbe essere l’Unione Europea, in passato protagonista di azioni un po’ più concrete di quelle statunitensi, ma ad oggi inefficaci. Pochi giorni fa al-Monitor ha riportato l’intervista con un funzionario di Bruxelles che, in condizione di anonimato, ha affermato l’intenzione europea di fare maggiori pressioni su Tel Aviv dopo le elezioni.
“Seguendo la campagna elettorale israeliana, siamo scioccati dal fatto che tutti i partiti sembrino ignorare la questione centrale riguardante il futuro di Israele: risolvere il conflitto con i palestinesi. A maggio l’Europa non potrà più far finta di niente. Abbiamo tra le mani una sfida strategica legata al mondo arabo”.
Per questo, ha detto la fonte, a primavera la Ue potrebbe portare avanti un’iniziativa dentro le Nazioni Unite, una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che chieda la ripresa del negoziato con un “linguaggio flessibile” che impedisca il veto statunitense: “La Ue farà del suo meglio per prevenire ogni tipo di espansione coloniale che ha caratterizzato il precedente governo israeliano”. Ovvero, ipotizza, una risoluzione Onu che congeli la costruzione di nuovi insediamenti. Pena le sanzioni: secondo la fonte, la Ue starebbe pensando all’esclusione dei beni prodotti nelle colonie israeliane dagli accordi di scambio tra Bruxelles e Tel Aviv e il divieto a fare affari non solo con le imprese israeliane nelle colonie ma anche con quelle che operano in Israele ma hanno filiali in Cisgiordania.
Infine, il risarcimento per i progetti pagati dalla Ue e danneggiati o distrutti da Israele nell’ambito dell’espansione coloniale. A sentire il governo israeliano, si tratta solo di minacce vuote, viste le esperienze passate. Nena News


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