CHARLIE HEBDO. Dietro le quinte lo scontro Isis-al Qaeda
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di Michele Giorgio – Il Manifesto
Roma, 9 gennaio 2015, Nena News – Si attende di capire se i
due attentatori di Parigi facciano parte, come loro stessi avrebbero
urlato due giorni fa, di al Qaeda in Yemen, oppure dello Stato Islamico
(Isis). Manca ancora una rivendicazione ufficiale. La radio dell’Isis
ieri ha descritto come “eroi” gli autori della strage compiuta nella
redazione di Charlie Hebdo, tuttavia l’ipotesi che al Qaeda sia tornata a
colpire in Europa resta la più credibile. La sanguinosa
vendetta contro il giornale satirico francese con ogni probabilità ha
avuto anche lo scopo di diffondere segnali di vita di al Qaeda, dopo gli
ultimi 1-2 anni passati dall’organizzazione a limitare i danni della
scissione operata dallo Stato Islamico del “califfo” Abu Bakr al
Baghdadi. Il carattere “movimentista” dell’Isis si è dimostrato vincente
rispetto alla posizione mantenuta dall’emiro di al Qaeda, Ayman al
Zawahry.
Il successore di Osama Bin Laden resta fedele all’idea di una
formazione segreta, guidata da pochi uomini fidati, impegnata a
pianificare attentati clamorosi, piuttosto che dare vita subito a un
califfato, come ha invece fatto al Baghdadi. Zawahry, astuto ma senza
carisma, e con uno sguardo troppo rivolto, dal punto di vista arabo, ad
Afghanistan e Pakistan, ha perduto l’appeal che aveva fino a qualche
anno fa. Non ha più la fedeltà di diverse organizzazioni
jihadiste che, dopo la proclamazione del califfato nel nord dell’Iraq e
della Siria, si sono affiliate all’Isis. Persino il Fronte al
Nusra, l’espressione (in Siria) più concreta sul terreno di al Qaeda in
questo momento, ogni giorno perde combattenti e comandanti che passano
dalla parte del “califfo” al Baghdadi.
Da qui la necessità di Zawahry di tornare a “fare notizia”, con un attentato clamoroso, approfittando
delle prime importanti difficoltà che incontra la macchina da guerra
dell’Isis, bloccata dai guerriglieri kurdi a Kobane, frenata dal
riorganizzarsi delle forze di sicurezza in Iraq e dai bombardamenti
della “Coalizione” capeggiata dagli Stati Uniti. Al Baghdadi ora deve
anche amministrare le città che ha conquistato e non solo combattere.
Il match tra Al Qaeda e l’Isis, si svolge ad ogni livello, anche su
quello della comunicazione. Ad esempio, nell’ultimo numero di Dabiq, la
rivista on line dello Stato Islamico, i seguaci di al Baghdadi mettono
al centro del loro discorso le differenze esistenti con al Qaeda. La
storia principale ha per titolo “Al-Qaeda del Waziristan,” ed è stata
scritta da un presunto disertore di al Qaeda, noto come Abu Jarir
ash-Shamali, impegnato a dimostrare che l’eredità di Abu Musab al
Zarqawi appartiene solo all’Isis.
Zarqawi, ucciso da un raid statunitense nel giugno 2006,
era stato il leader della Jamaat al-Tawhid wal Jihad, poi divenuta lo
Stato Islamico in Iraq (Isi), e infine, con l’avvento di al Baghdadi,
Stato Islamico in Iraq e in Siria (Isis). Nel dicembre 2004 giurò
fedeltà ad Osama bin Laden che lo nominò “emiro” in Iraq. Senza pietà,
determinato, animato da un profondo odio più per i “rafida”, gli sciiti,
che per i soldati americani che occupavano l’Iraq, Zarqawi è stato uno
dei maggiori sostenitori del “takfirismo”, (takfir ” empietà massima”),
che prevede la “scomunica” non solo dei governi ma anche della
maggioranza delle comunità islamiche. In sostanza per Zarqawi erano
eretici tutti i musulmani che non condividevano il suo punto di vista.
Perciò fino a quando è rimasto in vita, l’emiro dell’Isi ha passato il
suo tempo a massacrare e tagliare teste fra gli sciiti e anche fra i
sunniti a suo giudizio “peccatori” e, quindi, non più musulmani. La macabra eredità di Zarqawi, un mito per i jihadisti, al Baghdadi la rivendica tutta.
E il racconto di Abu Jarir a-Shamali serve proprio per quello. E non
manca di segnalare le difficoltà organizzative di al Qaeda dopo
l’uccisione di due dirigenti di primissimo piano, Atiyyah Abd al Rahman e
Abu Yahya al Libi, in attacchi di droni americani.
Il “quadro negativo” della situazione di al Qaeda fatto da
a-Shamali non trova però conferma nelle indiscrezioni che filtrano dalla
complessa galassia jihadista. Al Zawahri avrebbe istituito un
comitato di gestione, denominato “Lajnat Bukhara”, molto efficiente, per
ridare slancio ad al Qaeda. Soprattutto starebbe spostando dall’Asia
uomini e armi per affermare nuovamente la sua presenza in Iraq. Perciò
la strage di Parigi è una potente inserzione pubblicitaria sulle
televisioni di tutto il mondo, necessaria al leader di al Qaeda per
vincere la delicata partita che sta giocando con Abu Bakr al Baghdadi e
per il favore di decine di migliaia di miliziani del jihad globale. E
qualcosa si sta già muovendo. Nuovi, forse, sostenitori di al Qaeda ieri
hanno postato un ringraziamento per coloro che «hanno vendicato il
Profeta» e una immagine con una X rossa sul volto del vignettista Charb
ucciso due giorni fa. E citano “The Dust will never settle down”, uno
dei più celebri discorsi dell’imam Anwar al Awlaki Awlaki, delfino di
Osama bin Laden, ucciso in Yemen da un drone Usa nel 2011. Nena News
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budget 2015 dell’Isis: 2 miliardi dollari che fa tremare gli ex alleati
del Golfo. Obiettivo il controllo dei territori occupati
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