Il
governo Netanyahu accresce il numero di soldati e mezzi blindati nel
nord ma il temuto inizio di una nuova offensiva contro il Paese dei
Cedri non c’è stato o non c’è stato ancora. Al momento sembra prevalere
la cautela, frutto anche delle pressioni internazionali su Tel Aviv. Ma
tutti sanno che in qualche modo il premier israeliano attuerà una
rappresaglia all’attacco di Hezbollah.
foto Karamallah Daher, Reuters
AGGIORNAMENTO ORE 11.30
Usa condannano attacco Hezbollah
Come previsto gli Stati Uniti hanno
condannato “l’attacco da parte di Hezbollah dal Libano sulle Forze di
Difesa di Israele”, sottolineando la “palese violazione del cessate il
fuoco e della risoluzione delle Nazioni Unite 1701 che chiedeva
l’immediata cessazione di tutti gli attacchi da parte di Hezbollah”. Il
Dipartimento di Stato “è a fianco di Unifil”, ha aggiunto una portavoce
riferendosi al casco blu spagnolo ucciso dall’artiglieria israeliana.
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di Michele Giorgio
Roma, 29 gennaio 2015, Nena News – Le luci del giorno hanno messo fine a una notte carica di tensione lungo il confine tra Israele e Libano. Il temuto inizio di una nuova offensiva israeliana contro il Paese dei Cedri non c’è stato o non c’è stato ancora,
come titola questa mattina l’edizione online del quotidiano Jerusalem
Post. Al momento sembra prevalere la cautela, frutto anche delle
pressioni internazionali su Tel Aviv. Da parte sua il governo di Beirut
fa sapere di essere impegnato a rispettare i termini del cessate il
fuoco fissati dalla risoluzione dell’Onu 1701 al termine della guerra
tra Israele e Hezbollah nel 2006.
Allo stesso tempo tutti sanno
che Israele in qualche modo risponderà all’attacco di ieri mattina
compiuto dal movimento sciita libanese, nei pressi delle Fattoria di Sheba, ai piedi delle Alture del Golan, in cui due soldati sono rimasti uccisi e sette feriti.
Un agguato scattato per vendicare il raid aereo israeliano di metà
gennaio nella Siria meridionale che uccise 12 persone, tra le quali sei
alti ufficiali di Hezbollah e un importante generale iraniano della
Guardia Rivoluzionaria.
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu
ieri ha lanciato pesanti avvertimenti al movimento sciita, all’Iran e
alla Siria. Le due dichiarazioni non lasciano spazio alle
interpretazioni. «I responsabili dell’attacco pagheranno un prezzo
elevato. Da tempo l’Iran cerca, con l’aiuto degli Hezbollah, di creare
sul Golan un fronte terroristico contro di noi. Il governo libanese e il
regime di Bashar Assad hanno pure responsabilità per le conseguenze
degli attacchi che partono dal loro territorio contro di noi», ha
affermato Netanyahu che in precedenza aveva detto «a quanti cercano di sfidarci al confine nord suggerisco di guardare a Gaza». Un riferimento evidente alle immense distruzioni e agli oltre 2 mila palestinesi uccisi dall’offensiva “Margine Protettivo” della scorsa estate. Da parte loro i libanesi ricordano ancora i bombardamenti israeliani che nel 2006 trasformarono
in un ammasso di macerie large porzioni di Hart Harek e Bir al Abed, i
quartieri meridionali di Beirut popolati da sciiti e roccaforte di
Hezbollah, e non pochi villaggi del sud del Paese. Ora però gli
arsenali del movimento sciita includono, a nove anni di distanza,
missili e razzi più potenti e con una gittata che può coprire l’intero
territorio israeliano. Scegliere la guerra per Netanyahu
vorrebbe dire mettere in pericolo non centinaia di migliaia di abitanti
della Galilea come nel 2006 ma milioni di israeliani, tutta la
popolazione. E il primo ministro, impegnato nella campagna elettorale,
sa che questo potrebbe travolgerlo.
La vendetta di Hezbolah scatterà
altrove, si diceva e scriveva fino a qualche giorno fa, per non dare a
Israele un motivo per innescare una nuova offensiva devastante contro il
Libano. Pesava anche la considerazione dell’impegno di migliaia di
uomini del movimento sciita in Siria, dove combattono dalla parte
dell’esercito governativo contro i jihadisti dello Stato Islamico e del
Fronte al Nusra (al Qaeda). E invece i leader del movimento
sciita, dopo i raid aerei israeliani subiti negli ultimi anni senza
reagire, hanno voluto sfidare apertamente Netanyahu, inviando un
messaggio molto chiaro: la guerra non ci spaventa e farà molto male
anche a Israele.
Intanto qualche ora fa il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha condannato l’uccisione di Francisco Toledo, il militare spagnolo del contigente Unifil, avvenuta durante i bombardamenti israeliani nel Libano del sud.
L’ambasciatore spagnolo al Palazzo di Vetro ha formalizzato la
richiesta di una “indagine approfondita” sulla morte del casco blu
Francisco Toledo in Libano durante gli scontri tra Israele ed Hezbollah,
come già annunciato alcune ore fa dal suo governo. Il colpo “è
venuto dalla parte israeliana”, ha ribadito il rappresentante della
Spagna, riferendosi al proiettile di artiglieria che ha ucciso Toledo. Nena News
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