Gaza, 2014 di morte e macerie di Michele Giorgio


 Michele Giorgio

E'  la Stri­scia di Gaza ridotta in mace­rie dai bom­bar­da­menti di “Mar­gine Pro­tet­tivo” a meri­tare l’attenzione in que­sta fine d’anno carica di ten­sione. Non certo la riso­lu­zione pale­sti­nese che si aggira come un fan­ta­sma per le stanze del Con­si­glio di Sicu­rezza dell’Onu senza mate­ria­liz­zarsi. Fino a ieri sera non era chiaro quando la rap­pre­sen­tanz a pale­sti­nese, attra­verso la Gior­da­nia, chie­derà di andare alla conta dei paesi favo­re­voli a votare la riso­lu­zione o a respin­gerla. I pale­sti­nesi non hanno dalla loro parte 9 dei 15 Paesi che com­pon­gono il CdS. Potreb­bero per­ciò deci­dere di sopras­se­dere fino all’anno nuovo quando ci sarà un ricam­bio a loro favo­re­vole tra i Paesi mem­bri non per­ma­nenti, con l’ingresso di Nuova Zelanda, Angola, Vene­zuela, Spa­gna e Male­sia. Incombe, in ogni caso, il veto degli Stati Uniti pronti a bloc­care le aspi­ra­zioni pale­sti­nesi alle Nazioni Unite.
Gaza sof­fre ter­ri­bil­mente le con­se­guenze dell’offensiva israe­liana della scorsa estate che oltre ad ucci­dere circa 2.200 per­sone (i morti israe­liani sono stati 72, in gran parte sol­dati, più un lavo­ra­tore asia­tico) ha ferito 11 mila per­sone e distrutto o dan­neg­giato decine di migliaia di case (gli sfol­lati sono 100mila). Morti e distru­zioni che si aggiun­gono a una eco­no­mia di fatto ferma da anni e alla disoc­cu­pa­zione salita al 44% . Non sor­prende per­ciò che gli otto mini­stri e 39 fun­zio­nari gover­na­tivi, giunti due giorni fa a Gaza per fare il punto della situa­zione ed ren­dere ope­ra­tivo il governo di unità nazio­nale Fatah-Hamas, non siano stati accolti con i fiori. Ieri davanti alla sede prov­vi­so­ria dell’esecutivo, i mini­stri hanno tro­vato cen­ti­naia di dimo­stranti che scan­di­vano slo­gan di pro­te­sta per la rico­stru­zione mai par­tita. Ci sono stati anche attimi di ten­sione. Le guar­die di sicu­rezza sono state prese di sor­presa e due mini­stri sono stati spin­to­nati. Le pro­te­ste ave­vano il pieno soste­gno di Hamas che non ha man­cato di far sen­tire la sua voce con­tro l’Anp. L’ex pre­mier isla­mi­sta, Ismail Haniyeh, ha accu­sato il governo del primo mini­stro Rami Ham­dal­lah di non aver ope­rato per con­so­li­dare le isti­tu­zioni dell’Anp nè per pre­pa­rare le ele­zioni. E sabato il numero 2 dell’ufficio poli­tico di Hamas, Musa Abu Mar­zuk, aveva pole­miz­zato aper­ta­mente con Abu Mazen accu­san­dolo di non “aver alzato un dito” per risol­vere la crisi nei ser­vizi medici della Stri­scia e di aver igno­rato lo stato gene­rale di abban­dono. Hamas insi­ste affin­chè i suoi mem­bri siano inclusi nei mini­steri ma su que­sto punto resta irri­solta la disputa con Ham­dal­lah, ora nel Golfo in visita uffi­ciale, che nei pros­simi giorni dovrebbe rag­giun­gere Gaza. In ogni caso è posi­tivo il fatto che i mini­stri si sono decisi a recarsi nella Stri­scia, per la seconda volta dalla for­ma­zione del governo uni­ta­rio, nel giu­gno scorso. Sabato un diri­gente di Hamas, Mussa Abu Mar­zuk, aveva pole­miz­zato aper­ta­mente con il pre­si­dente dell’Anp Abu Mazen accu­san­dolo fra l’altro di non “aver alzato un dito” per ovviare alla crisi nei ser­vizi medici della Stri­scia e di aver igno­rato lo stato gene­rale di abbandono.
I mini­stri, tutti tec­no­crati, hanno annun­ciato che si fer­me­ranno per oltre una set­ti­mana per rior­ga­niz­zare i rispet­tivi mini­steri e dar vita ai primi inter­venti. Secondo quello del lavoro, Mamoun Abu Sha­hla, la prio­rità andrà alla rico­stru­zione delle zone distrutte dalla guerra ma non è chiaro quali siano le deci­sioni del governo dell’Anp per faci­li­tare l’ingresso dei mate­riali di costru­zione alla luce del blocco di Gaza attuato da Israele e l’Egitto. Israele vuole essere certo che mate­riali edili non saranno requi­siti da Hamas. L’Egitto da parte sua insi­ste affin­ché il valico di Rafah (fra il Sinai e Gaza) venga gestito uni­ca­mente dalla guar­dia pre­si­den­ziale di Abu Mazen: una richie­sta inac­cet­ta­bile per Hamas. Senza con­tare che i 5,4 miliardi di dol­lari per Gaza pro­messi dai Paesi dona­tori alla con­fe­renza del Cairo dello scorso otto­bre sono rima­sti solo numeri su fogli di carta. Tutto ciò men­tre le con­di­zioni di vita dei civili restano pre­ca­rie di fronte a una ero­ga­zione della cor­rente elet­trica che non supera le sei ore al giorno e la distru­zione di una parte della infrastrutture.
In que­sto qua­dro scon­for­tante, un sor­riso ai ragazzi di Gaza rie­sce a strap­parlo il “Festi­val di Scam­bio e For­ma­zione”, comin­ciato il 28 dicem­bre e orga­niz­zato dal Cen­tro Ita­liano di Scambi Cul­tu­rali – VIK, con sede a Gaza City, insieme ad asso­cia­zioni ita­liane, uni­ver­sità e scuole. Si tratta di una ras­se­gna di atti­vità cul­tu­rali, arti­sti­che e spor­tive che vede la par­te­ci­pa­zione di ita­liani e pale­sti­nesi. Il pro­gramma pre­vede atti­vità di for­ma­zione e work­shop, dal par­kour ai graf­fiti che colo­re­ranno le zone distrutte durante l’attacco della scorsa estate: Beit Hanoun, Khu­zaa e Sha­jayea. I gio­vani si stanno cimen­tando anche nelle tec­ni­che di media e comu­ni­ca­zione, dalle foto­gra­fie ai video, arte cir­cense, gio­co­le­ria, break dance, dabka, la danza palestinese.

dal Manifesto

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