Haaretz: Teenagers israeliani: razzisti ed orgogliosi di esserlo

di Or Kashti
23/08/2014
http://www.haaretz.com/mobile/.premium-1.611822?v=C1FFA498A4B3F60AC8696D3A46E2F4D2
Secondo un libro di prossima pubblicazione, l'odio etnico è diventato un elemento fondamentale nella vita quotidiana dei giovani israeliani.
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"Per me, personalmente, gli arabi sono qualcosa che non riesco a guardare e con cui non riesco a stare ", dice una ragazza della decima classe, di una scuola superiore nella parte centrale del paese, in un ebraico orribile. "Sono tremendamente razzista. Io vengo da una famiglia razzista. Se avrò la possibilità nell'esercito di sparare a uno di loro, io non ci penserò due volte. Sono pronta a uccidere qualcuno con le mie mani, ed è un arabo. Nella mia formazione ho imparato che ... la loro formazione è di essere terroristi, e non c'è fede in loro. Io vivo in una zona di arabi, e ogni giorno vedo questi Ismaeliti, che passano dalla stazione (degli autobus) e fischiettano. Auguro loro la morte".

I commenti degli studenti appaiono in un capitolo dedicato ad appartenenza etnica e razzismo tra i giovani in un libro di prossima uscita, "Scene dalla vita scolastica" (in ebraico) di Idan Yaron e Yoram Harpaz. Il libro si basa su osservazioni antropologiche fatte dal Dr. Yaron, un sociologo, nel corso di tre anni in una scuola superiore laica nel cuore di Israele - "la scuola più comune che potevamo trovare", dice Harpaz, un professore di pedagogia.

Il libro si legge tutto d'un fiato, a dir poco, soprattutto ora, dopo le evidenti ostentazioni di razzismo e di odio dell'Altro che si sono rivelate nel paese nell'ultimo mese o giù di lì. Forse "rivelate" non è la parola giusta, come suggerisce la sorpresa per l'intensità del fenomeno. Ma le descrizioni di Yaron di ciò che ha visto a scuola mostrano che tale odio è un elemento fondamentale di tutti i giorni tra i giovani, e componente chiave della loro identità. Yaron ritrae l'odio senza occhiali colorati di rosa o senza qualsiasi tentativo di presentarlo come un segno di "unità" sociale. Quello che ha descritto è l'odio non filtrato. Una conclusione che emerge dal testo è quanto poco il sistema educativo è in grado - o vuole esserlo - di affrontare il problema del razzismo.
Non tutti gli educatori sono indifferenti o inefficaci. Ci sono, naturalmente, insegnanti e altri nel campo della formazione che adottano un approccio diverso, che hanno il coraggio di tentare di sfidare il sistema. Ma sono una minoranza. La logica interna del sistema opera in modo diverso.
Gran parte del capitolo sul razzismo ruota intorno alle lezioni bibliche in una classe di nono grado, il cui tema era la vendetta. "La classe inizia, e i suggerimenti di esempi di vendetta degli studenti sono scritti sulla lavagna", ha raccontato l'insegnante a Yaron. Uno studente di nome Yoav "insiste sul fatto che la vendetta è un'emozione importante. Egli utilizza il materiale di studio per ribadire il suo messaggio semi-occulto: Tutti gli arabi dovrebbero essere uccisi. La classe va in subbuglio. Cinque studenti sono d'accordo con Yoav e dicono apertamente: Gli arabi dovrebbero essere uccisi".

Uno studente racconta che ha sentito nella sinagoga durante lo Shabbat che "Aravim Zeh erev rav" ["Gli arabi sono una canaglia", in un gioco di parole], e anche Amalek, ed esiste il comandamento di ucciderli tutti", un riferimento al prototipo biblico del nemico dei Figli di Israele. Un altro studente dice che vorrebbe vendicarsi di chi uccidesse la sua famiglia, ma non li vorrebbe uccidere tutti.

"Alcuni degli altri studenti sono indignati per questo [atteggiamento più morbido]", ha riferito l'insegnante. "Lo studente allora chiarisce che non ha amore per gli arabi e che non è di sinistra."
Un'altra studentessa, Michal, dice che è sconvolta da quello che sta sentendo. Lei crede che il desiderio di vendetta possa solo fomentare un ciclo di sangue; non tutti gli arabi sono cattivi, aggiunge, e certamente non tutti meritano di morire. "Le persone che decretano il destino degli altri così facilmente non sono degne della vita", dice.
Yoav stesso afferma di aver sentito Michal dire: "Peccato che non siano stati uccisi in un attacco terroristico."
"Gli studenti cominciano tutti a gridare," dice l'insegnante, secondo Yaron. "Alcuni sono insultati personalmente, altri sono furiosi, e Michal si ritrova sola a fronteggiare tutto il fuoco -. 'Amante degli Arabi', 'di sinistra'. Io cerco di calmare le acque. La classe è troppo sconvolta per passare alla storia biblica. La campana suona. Li lascio andare e suggerisco che siano più tolleranti gli uni verso gli altri".
Nel corridoio durante la pausa, l'insegnante si accorge che si è radunata una folla da tutte le classi di nono grado. Hanno formato una catena umana e si fanno beffe di Michal: "Vergogna, vergogna, vergogna, gli arabi moriranno". L'insegnante: "Ho meditato per cinque secondi se reagire o andare avanti lungo il corridoio. Infine ho disperso l'adunata e ho insistito perchè Michal mi accompagnasse nella stanza degli insegnanti. Era in uno stato di shock, barcollava per gli insulti, e stava per scoppiare in lacrime".
Sei studenti sono stati sospesi per due giorni. L'insegnante riferisce della sua conversazione con Michal: "Lei continua ad essere laconica. Questo è ciò che accade sempre, dice. Le idee sono razziste e il suo unico rammarico sta nel dirlo apertamente. Voglio solo abbracciarla e dire che mi dispiace di averle provocato questo trauma. Invidio il suo coraggio nel dire ad alta voce le cose che a volte sono incapace di dire".
Quelli di sinistra "odiano Israele"
Nella sua ricerca, Yaron ha parlato con Michal e Yoav, con altri studenti in classe, con l'insegnante principale della classe e con il preside. La molteplicità di versioni della vicenda che emerge suggerisce un profondo conflitto e la mancanza di fiducia tra gli educatori e gli alunni. Ogni mondo funziona separatamente, con gli adulti che esercitano poca o nessuna influenza sui giovani. E' difficile credere che la sospensione, o la punizione inflitta ad alcuni degli studenti - per esempio, preparare una presentazione per le classi di nono grado sul tema del razzismo - abbia fatto cambiare parere a qualcuno.
Lo stesso vale per l'inequivocabile dichiarazione del preside: "Non ci saranno commenti razzisti nella nostra scuola." Anche il saggio che è stato chiesto di scrivere a Michal su questo argomento è stato presto dimenticato. "L'intenzione era quella di lanciare un programma educativo, ma nel frattempo è stato rinviato", ammette l'insegnante.
Un anno dopo, però, l'incidente era ancora ricordato nella scuola. Lo stesso studente che ha detto a Yaron che non ci avrebbe pensato due volte se avesse avuto l'opportunità "di sparare a uno di loro" quando avesse servito nell'esercito, ha anche detto: "Appena ho saputo del litigio con quella ragazza di sinistra [Michal], ero pronto a lanciarle un mattone in testa e ucciderla. A mio parere, tutti gli esponenti della sinistra odiano Israele. Personalmente lo trovo molto penoso. Quelle persone non hanno posto nel nostro paese - sia gli arabi che la sinistra".

Chiunque immagina che questo sia uno sfogo circoscritto e passeggero è in errore. Come è avvenuto con la ragazza della scuola professionale del gruppo ORT che ha denunciato all'inizio di quest'anno che il suo insegnante aveva espresso "opinioni di sinistra" in aula - anche in questo caso uno studente ha riferito di aver imprecato e gridato contro un insegnante che "giustificava gli arabi". Gli studenti dicono che i workshops per la lotta contro il razzismo, che sono gestiti da un'organizzazione esterna, lasciano una impressione poco profonda. "Il razzismo è parte della nostra vita, non importa quanto le persone dicono che sia male", ha detto uno studente.


Nella discussione conclusiva in un seminario di questo tipo, il moderatore ha chiesto agli studenti come hanno pensato che il razzismo possa essere sradicato. "Fuori gli arabi," è stata la risposta immediata. "Voglio che ve ne andiate di qui con la consapevolezza che il fenomeno esiste, che siate autocritici, e magari si eviterà", ha detto il moderatore. Al che uno studente ha sparato di nuovo: "Se non siamo razzisti, questo ci renderà di sinistra."

Il moderatore, in tono di disperazione: "Mi piacerebbe se si ottenesse almeno un piccolo risultato da questo workshop". Uno studente risponde alla sfida: "Tutti dovrebbero vivere come vogliono, se lui pensa di essere razzista, fargli pensare quello che vuole, e questo è tutto".
In aggiunta al razzismo e all'odio, si manifestano vistosamente anche le identità etniche - Mizrahi (Ebrei dal Medio Oriente e paesi del Nord Africa) e Ashkenazi. Yoav ritiene che vi sia "discriminazione tra mizrahim e ashkenaziti. Siamo stati puniti severamente per l'incidente [con Michal], ma se fosse stato il contrario, questo non sarebbe accaduto". Yoav poi ha detto a Yaron che ha trovato offensivo il detto comune,"Cos'è questo, un mercato [all'aperto]?", perché tutta la sua famiglia opera nel mercato dei prodotti locali.
"Il nostro business è esistito da quando lo Stato è stato istituito," ha detto. "Sono orgoglioso di mio padre, che è un uomo di commercio. Cosa stanno cercando di dire, che mio padre non è istruito? Quando la gente dice qualcosa sugli 'arabi', è considerata una generalizzazione, ma quando dicono "commercio', allora va bene. Quando la gente dice "commercio', stanno in realtà parlando dei Mizrahim. Abbiamo bisogno di cambiare i pregiudizi sul commercio e sui Mizrahim. La gente dice che io sono un razzista, ma è proprio il contrario. "
"Non c'è discussione sul tema del razzismo nella scuola e probabilmente non ci sarà", ammette il preside. "Noi non siamo preparati per il processo profondo e a lungo termine che è necessario. Anche se io sono sempre a conoscenza del problema, che è ben lungi dall'essere affrontato. Esso deriva in primo luogo da famiglia, comunità e società, ed è difficile per noi far fronte a questo. Bisogna ricordare che un altro motivo per cui è difficile affrontare il problema è che esiste anche tra i docenti. Questioni come 'dignità umana' o 'umanesimo' sono in ogni caso considerate di sinistra, e chiunque ne parla è considerato contaminato ".


Minacce di "rumors"

Il prof. Yoram Harpaz è un docente senior presso il Beit Berl Teachers College e l'editor di Hed Hahinuch, un importante giornale che si occupa di educazione. Ricordando la recente promessa del ministro dell'Istruzione Shay Piron che le classi nelle prime due settimane del prossimo anno scolastico si dedicheranno a "aspetti emotivi e sociali degli eventi dell'estate", fra cui "le manifestazioni di razzismo e di incitamento", Harpaz osserva che le scuole con la loro attuale struttura "sono incapaci di affrontare la personalità e l'identità razzista."
E aggiunge: "Le scuole non sono orientate a questo. Esse possono impartire solo conoscenze e competenze di base, tenere gli esami su di esse e classificare gli studenti. In realtà, hanno difficoltà a fare anche questo. Nelle classi di 40 studenti, con un curriculum rigoroso e gli esami che devono essere affrontati, è impossibile impegnarsi in una istruzione basata sui valori."
Yaron, docente di sociologia presso l'Ashkelon Academic College, sottolinea come importanti insegnanti e il preside (e il sistema di istruzione in generale) sentono che è meglio attenersi al programma e alle lezioni programmate - due isole di tranquillità in mezzo a una realtà considerevolmente rischiosa.

"Fare così rende possibile per gli insegnanti di non entrare in un ambito dinamico, che obbliga ad aprirsi e rischia anche di scoperchiare un vaso di Pandora", osserva. "La più grande minaccia per l'insegnante è che si farà rumore - che qualcuno si lamenterà, che un caso scoppierà, ecc. Questo pericolo incombe soprattutto se si parla di argomenti che interessano i giovani, come la sessualità, l'etnia, la violenza e il razzismo. Gli insegnanti non hanno gli strumenti per far fronte a questi problemi, e così vengono portati all'esterno, il che indebolisce il personale educativo ancora di più."


La domanda di tranquillità nelle scuole non è solo una questione strumentale, derivante dalla difficoltà di mantenere l'ordine in classe. C'è anche coinvolto un aspetto ideologico. In generale, vi è tutta una serie di argomenti che non sono raccomandati per la discussione nelle scuole, come la Nakba (o "catastrofe", il termine usato dai palestinesi per indicare la creazione dello Stato di Israele), i diritti umani e la moralità delle operazioni dell'esercito israeliano. Questo è stato uno dei motivi per gli avvertimenti emessi dalla Tel Aviv University e dalla Ben-Gurion University del Negev durante i combattimenti nella Striscia di Gaza circa "osservazioni estremistiche e offensive".


Harpaz: "In Israele, il paese più politico che c'è, l'educazione politica non è stata sviluppata come una disciplina in cui si insegni agli studenti delle scuole superiori a pensare criticamente atteggiamenti politici, o il fatto che tali atteggiamenti siano sempre dipendenti da un particolare punto di vista e dagli interessi acquisiti".

Che si può fare quindi? Secondo Harpaz, la soluzione non sarà trovata nelle discussioni tra l'insegnante e gli studenti. E non è sufficiente neppure una condanna, benchè tardiva, da parte del ministro dell'istruzione. È necessario un cambiamento più radicale.
"Valori e prospettive vengono acquisiti in un lungo processo di identificazione con altri "soggetti significativi", come gli insegnanti", spiega Harpaz. "Questo significa che ogni aspetto delle scuole - modelli di insegnamento, metodi di valutazione, programmi di studio, la struttura e il clima culturale - deve cambiare nella direzione di diventare molto più dialogico e democratico."
E ha ancora una raccomandazione: non fuggire da dilemmi politici e morali, o da possibili critiche. "I nostri leaders hanno paura delle critiche, ma non capiscono che l'educazione critica è ciò che genera legami e attenzione. Ci arrabbiamo con coloro che amiamo."

Traduzione a cura di Forum Palestina
http://www.forumpalestina.org/news/2014/Agosto14/29-08-14_Teenagers-Israeliani.htm

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