La visita di Papa Francesco in Palestina

Pope Francis prays at Israel's separation barrier on his way to a mass in Manger Square next to theLa visita di Papa Francesco in Palestina
Di Richard Falk
27 maggio 2014
La visita di Papa Francesco in Terra Santa fa sorgere una domanda  immensa: “Quale è la natura del potere religioso nel nostro mondo del 21° secolo?  Può  avere  effetti  di trasformazione”?
Gli esperti di media e la maggior parte delle voci liberali che arrivano dal regno laico approvano questo tentativo di Francesco di cercare la pace attraverso l’incoraggiamento alla riconciliazione, allo stesso tempo rispettosamente ricordandoci che il suo impatto è soltanto ‘cerimoniale’ e ‘simbolico’ e non avrà e, presumibilmente non dovrebbe avere alcuna conseguenza politica che vada oltre una temporanea pulizia dell’atmosfera politica.
La prospettiva del 6 giugno di Mahmoud Abbas e Shimon Peres che pregano insieme al Vaticano come un passo verso una conclusione pacifica della lunga lotta, è, temo, un ambiguo evento marginale. Per prima cosa, Peres come presidente di Israele sta per lasciare il suo incarico, e in ogni caso, la sua carica non esercita alcuna influenza percepibile sul capo di stato, Benjamin Netanyahu o sull’approccio scelto da Israele nel trattare le questioni  palestinesi. E’ stato da tempo apprezzato  che Peres sia meno di quanto sembri e  che sotto il suo  guanto di velluto ci sia un pugno d’acciaio. Inoltre Abbas, sebbene capo formale dell’Autorità Palestinese e Presidente dell’OLP, è un capo debole e controverso che deve ancora stabilire un governo di unità che comprende Hamas e che finalmente fornisce una rappresentanza politica nell’ambito di sedi globali  alla popolazione della Striscia di Gaza da lungo tempo sofferente.
Sarebbe tuttavia un errore ignorare il significato, simbolicamente e materialmente, di ciò che  annuncia  la visita di Papa Francesco in Palestina. Tanto per cominciare, appena sotto la superficie di ciò che è dichiarato  dalle parole e dallo stile, c’è il contrasto tra l’umiltà e la sincerità di questa iniziativa dall’orientamento religioso  e il crollo di recente ammesso, dei negoziati diretti tra l’Autorità Palestinese e Israele che è stata l’iniziativa mal consigliata e mal programmata del Governo degli Stati Uniti, e che è diventato il progetto personale del Segretario di stato americano John  Kerry. Di fatto il Papa impersona le dimensioni morali e spirituali della situazione non risolta in Palestina, mentre la diplomazia muscolare di Kerry ha richiamato l’attenzione “partigiana” di livello alpha sulle sue dimensioni politiche.
Indubbiamente più rilevante è il grado in cui Francesco ha dato peso alle fondamentali rimostranze palestinesi. Riferendosi al territorio in regime di occupazione dal 1967, chiamandolo ‘Palestina’, Francesco ha affermato lo status conferitole dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 2012 e fino da allora rabbiosamente rifiutato da Tel Aviv e Washington. Così facendo, la condizione della Palestina di essere uno stato è stata affermata come una realtà morale che  dovrebbe essere  sostenuta dalle persone e dai governi di buona volontà in ogni luogo, in tal modo rafforzando la richiesta  solidarietà globale.
Episodio più notevoli di tutti, pregando al muro della segregazione che separa Betlemme da Gerusalemme, e chinando la testa in preghiera e toccando allo stesso tempo quella odiata metafora della crudeltà, illegalità e oppressione di Israele, Papa Francesco ha dato un contributo indelebile alla Guerra di Legittimazione fatta di resistenza non violenta e di emancipazione che il Movimento Nazionale Palestinese ha intrapreso con attivismo crescente e che è accettata in tutto il mondo.
Tali momenti di manifestazione morale globale  sono rari nella nostra esperienza di tormenti che affliggono il mondo. Dobbiamo ricordare a noi stessi che questo papa ha dispensato uno spirito di giustizia e spiritualità. Stiamo rispondendo alla sua richiesta per chi è e anche per che cosa è: il suo calore, la sua empatia con i poveri e gli oppressi e la sua identificazione con coloro che sono stati brutalmente tormentati dalla guerra. Rispondiamo alla concretezza dei suoi impegni e alla realtà delle sue azioni sia che menzioni le atrocità della guerra in Siria o il dramma che da così tanto tempo ha dovuto affrontare il popolo palestinese.
Il Papa sfida tutti noi ad agire come cittadini pellegrini che abbiamo una responsabilità di agire nel modo migliore possibile contro i bastioni della ingiustizia flagrante. Il Papa, la figura di autorità morale e spirituale più universalmente acclamata del pianeta, ha parlato a parole e con i fatti, ed ora diventa nostro privilegio agire in maniera entusiasta. Soltanto con questo mezzo possiamo scoprire la natura ecumenica dell’autorità religiosa nei nostri tempi.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org

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