Fabio Marcelli
Giurista internazionale
La questione israelo-palestinese è questione di estrema delicatezza, dalla cui soluzione dipende la pace mondiale.
Tale soluzione dipende a sua volta dalla capacità delle parti
interessate di accettarsi e rispettarsi a vicenda. Verso due Stati
indipendenti, come soluzione transitoria nella direzione di un unico
Stato in cui ogni cittadino, israeliano e palestinese, abbia diritto di
vivere in condizioni di perfetta parità reciproca.
Tutto il contrario delle attuali politiche dello Stato di Israele, che si basa sull’apartheid
e la discriminazione nei confronti dei Palestinesi, come già il
Sudafrica nei confronti dei neri, ed attua l’aggressione costante nei
confronti dei territori occupati, di Gaza e degli Stati circostanti. La
doverosa critica nei confronti di Israele e l’appoggio nei confronti
delle giuste istanze dei Palestinesi costituiscono oggi un passaggio
obbligato per chiunque voglia effettivamente una giusta pace in Medio
Oriente. Che deve vedere, ripeto, una convivenza fra popoli diversi e la
lotta contro ogni integralismo, razzismo e terrorismo, di Stato o meno.
L’avvenire
della pace è quindi legato all’emergere e all’affermarsi, all’interno
dello Stato di Israele e della comunità ebraica internazionale, di
posizioni già esistenti, ma ancora minoritarie, che comprendano come
l’unica garanzia di sicurezza valida per tutti è una pace giusta.
Il riconoscimento della Shoah da parte di Abu Mazen
costituisce in quest’ottica un passaggio importante. L’Olocausto è
stato un crimine consumato da europei sul suolo europeo. Ma è importante
che venga riconosciuto a livello universale e che vengano sconfitti e
penalizzati i tentativi dei negazionisti di ridurne la portata, anche
quando si ammantano in modo strumentale del principio di libertà di
ricerca scientifica.
Le persecuzioni subite non autorizzano
tuttavia nessuno a compiere atti illegittimi ai sensi del diritto
internazionale. Muoversi per la pace significa oggi esercitare la
necessaria critica e in qualche caso condanna delle posizioni, scelte ed
attività dell’attuale dirigenza politica israeliana.
Non pretendo certo che tutti condividano le opinioni che ho appena enunciato. Ma il diritto di dissentire ed esprimere opinioni diverse non comporta certo quello di aggredire fisicamente chi porta una kefiah o agita una bandiera palestinese. Cosa purtroppo avvenuta il 25 aprile a Roma durante la manifestazione commemorativa della Resistenza.
Quando il servizio d’ordine organizzato di un settore della comunità
ebraica si è arrogato il potere di decidere chi poteva manifestare e
chi no, sanzionando in qualche caso questi ultimi con una breve ma
intensa razione di cazzotti. Questa è la realtà dei fatti nonostante la
versione di comodo diffusa da alcuni esponenti della Comunità ebraica e
ripresa dai media. Parlando con alcuni esponenti del servizio
d’ordine, la motivazione da essi addotta era che la Palestina non
c’entra niente con la Resistenza e che il Gran Muftì di Gerusalemme era
all’epoca d’accordo con i nazisti. Secondo tale logica, il popolo
italiano sarebbe condannato a scontare per l’eternità i crimini di
Mussolini.
Quello avvenuto il 25 aprile alla manifestazione di Roma è un brutto episodio che non deve più ripetersi.
La brigata ebraica è stata una componente importante e gloriosa della
Resistenza e va rispettata. Ma le bandiere palestinesi e le kefiah
sono oramai da tempo entrate nel bagaglio culturale e politico
dell’antifascismo e della sinistra italiana. Perché il popolo italiano
vuole la pace ed è portato a simpatizzare per le vittime
dell’oppressione. E ad ogni modo va garantito il diritto di espressione
pacifica delle proprie idee affermato dall’art. 21 della Costituzione.
I
giovani e meno giovani che fanno capo al servizio d’ordine suddetto
hanno tutta la mia simpatia ed appoggio militante quando si muovono
contro i neonazisti, com’è avvenuto qualche volta molti anni fa. Quanto
avvenuto il 25 aprile in piazza a Roma è invece deprecabile. Non è
ammissibile procedere ad atti di violenza nei confronti di chi
manifesta pacificamente a favore della Palestina, come è già avvenuto
in varie occasioni, provocando in alcuni casi lesioni gravi. Episodi su cui la Procura di Roma dovrebbe indagare a fondo.
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