Cinque ragioni per cui l'interruzione dei colloqui di pace è una buona cosa

Adam Horowitz 25 April 2014
Haaretz riporta che John Kerry e l'amministrazione Obama sono lividi riguardo alla mossa di Mahmoud Abbas di riconciliarsi con Hamas e per la decisione di Netanyahu di interrompere i negoziati. Mentre non è chiaro se i colloqui saranno interrotti permanentemente, la tendenza è in quella direzione. Piuttosto che vedere questi eventi come un arretramento di una soluzione del conflitto, vi sono diverse ragioni per cui questi eventi possano essere visti come un passo in avanti.
1. L'unità dei Palestinesi è necessaria per un accordo di pace
Questo round di colloqui è stato dominato dalla continua espansione degli insediamenti Israeliani, il che indica una scarsa fiducia in questo processo, ed al rifiuto di rispettare l'impegno di liberare il quarto gruppo di prigionieri Palestinesi. Il colpo di grazia è stata la riconciliazione tra Fatah ed Hamas, che ha indotto Israele ad abbandonare il negoziato, anche se l'intesa riguarda solo l'inizio di discussioni per la formazione di un governo unitario Palestinese. La strada è lunga per poter dire che la riconciliazione tra Palestinesi è fatta, ma è chiaro che senza una voce unica ai negoziati non è possibile pensare a risultati positivi.
(…) Un portavoce U.E ha affermato che la riconciliazione “ è un importante elemento di unità di un futuro Stato Palestinese e per raggiungere la soluzione dei due Stati”.
2. Nessun accordo è meglio che un cattivo accordo
Per mesi Kerry ha insistito che era sul punto di trovare uno schema di accordo. Finora questo schema di accordo non ha visto la luce . Secondo indiscrezioni raccolte da Thomas Friedman eccone qualche dettaglio:
il piano Kerry prevede la cessazione di ogni conflitto a seguito del ritiro per fasi di Israele dalla West Bank (secondo la linea del 1967) con inediti accordi di sicurezza nella strategica Valle del Giordano. Il ritiro di Israele non comprenderebbe alcuni degli insediamenti, ma Israele compenserebbe i Palestinesi con del territorio israeliano. I Palestinesi avrebbero come capitale Gerusalemme Est e riconoscerebbero Israele come stato nazione del popolo Ebraico. Non si prevederebbe alcun diritto al ritorno per i profughi Palestinesi. (….......)
Lo schema di accordo prevederebbe la creazione di una zona di sicurezza lungo il Giordano , fortificata con barriere hi-tech, sensori, droni, per proteggere Israele da ogni possibile attacco.
E' chiaro che questo schema è lontano dall'offrire una strada convincente alla risoluzione del conflitto e appare quasi come una completa capitolazione delle aspirazioni Palestinesi.
Ciò è stato notato da diversi commentatori, compresi dei sionisti liberal. Se lo scopo è quello di risolvere il conflitto e non quello del paravento di una sfilza di accordi provvisori, occorre ripartire dalle radici del conflitto.
3. Un ulteriore fallimento della conduzione USA è un'occasione per internazionalizzare la questione
Gli Stati Uniti hanno condotto da soli il processo di pace fin dagli accordi di Oslo del 1993 e il loro fallimento di questi è in parte dovuto a ciò. E' chiaramente assunto a questo punto che gli USA sono lontani dall'essere un equilibrato ed “onesto intermediario” , Aaron David Miller, negoziatore americano, fece scalpore dicendo che gli USA nel corso dei negoziati a Oslo agivano come “avvocati di Israele”.
Come Rashid Khalidi scrive nel suo libro “Intermediari dell'inganno-Come gli USA hanno minato la Pace in Medio Oriente”:
“”..... non vi è stata una vera pressione sugli USA da parte dei Paesi Arabi del Golfo ricchi di petrolio, mentre vi è stata una esagerata attenzione ai problemi politici interni nordamericani, abilmente manovrata dalla lobby Israeliana e, malgrado occasionali espressioni di simpatia da parte di politologi, alla fine della fiera vi è stata poca o nulla attenzione ai diritti dei Palestinesi. Ciò significa che mentre Israele come sempre aveva ottenuto ciò che voleva, una soluzione giusta e pacifica del conflitto non ne è stato sicuramente il risultato ”
4. Se fallisce la soluzione dei due Stati si aprono alternative
(….....)Il maggior beneficiario di questo momento è l'idea di un unico Stato democratico Israelo-Palestinese. Anche se si tratta di una idea nascente con scarso sostegno politico oggi, sondaggi recenti indicano una disponibilità crescente negli USA nel caso di un definitivo tramonto della soluzione dei due Stati. Perfino nella cerchia washingtoniaina il consenso si sta allentando e si stanno cercando nuove proposte per quel che può succedere dopo che Kerry avrà fallito. Indipendentemente da quel che la soluzione definitiva può apparire oggi, il movimento BDS, e costituisce quanto di più vicino ad un consenso politico verso i Palestinesi, sta offrendo i criteri secondo cui dovrà adeguarsi una giusta soluzione.
5. E' tempo di equilibrare il campo
Vi sono aspetti del conflitto Israelo-Palestinese finora inamovibili. Ad esempio , il rapporto di forze militare è sempre pesantemente in favore di Israele e presumibilmente Israele godrà del sostegno politico e militare degli USA fino alla fine. Invece vi sono altri campi in cui i Palestinesi godono di un forte e crescente vantaggio. L'opinione pubblica , sia internazionale che negli USA è divenuta assai ricettiva negli anni recenti quando si tratta di Israele-Palestina ed è chiaro che i difensori di Israele si trovano sempre più sulla difensiva. Il movimento BDS continua a crescere ed è oggetto di preoccupazione nelle alte sfere del governo Israeliano. Con l'interruzione dei colloqui la pressione internazionale si farà più pressante su Israele. Nella prospettiva di un boicottaggio da parte UE dei prodotti Israeliani, il ministro della Giustizia Tzipi Livni ha dichiarato che è essenziale proseguire la messinscena della negoziazione per evitare questa crescente pressione. Anche le organizzazioni filoisraeliane in USA stanno investendo milioni di dollari per combattere alle radici il movimento BDS nello sforzo di reprimere ogni valutazione di limite alla intransigenza ed all'espansionismo di Israele. E dunque l'equazione è semplice: più Israele rifiuta di risolvere il conflitto, tanto più il movimento BDS cresce. Più Israele accentua l'occupazione, tanto più gli appelli per una posizione responsabile si faranno sentire.
Questo sforzo, similmente ai movimenti sociali precedenti, richiederà anni per costruire il potere politico in grado di smuovere le stanze del governo. Tuttavia, più a lungo Israele evita di risolvere il conflitto, tanto più tempo è dato a a questo processo e tanto più tempo è dato alla gente per capire le cause alla radice del conflitto e individuarne la giusta soluzione.
(Trad. Claudio Lombardi)

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