Crisi energetica a Gaza, Hamas contro Fatah.
Nena News
28.11.2013
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Crisi energetica a Gaza, Hamas contro Fatah
Il movimento islamista accusa l'ANP di aver aumentato le tasse sul carburante israeliano. Il governo di Ramallah vola in Qatar per trovare una soluzione. E per indebolire Hamas.dalla redazione
Gerusalemme, 28 novembre 2013, Nena News - L'energia di Gaza diventa il nuovo terreno di scontro tra Hamas e Fatah: la crisi d'energia elettrica che la Striscia sta affrontando da settimane si sta traducendo in esondazioni di acque reflue, sale operatorie che lavorano a singhiozzo e il timore di epidemie per il consumo di carne avariata per il malfunzionamento dei frigoriferi e i congelatori.
Il
governo di Hamas punta il dito contro l'Autorità Palestinese: la
scarsità di energia elettrica per il funzionamento dell'impianto
elettrico di Gaza è dovuta all'alta tassazione imposta sul diesel
israeliano dal governo di Ramallah. Il vice presidente del politbiuro
del movimento islamista, Moussa Abu Marzouk, ha accusato l'ANP di aver
alzato il prezzo del diesel proveniente da Israele da 4,26 shekel (0,88
euro) per litro a 7,75 (1,6 euro). Praticamente il doppio: "L'Autorità
Palestinese non ha mantenuto la promessa di non aumentare le tasse.
Questo rende l'ente per l'energia di Gaza incapace a pagare le
bollette".
La
crisi energetica che Gaza sta affrontando nelle ultime settimane, anche
a causa delle restrittive politiche egiziane, sta trascinando la
popolazione al collasso: la distruzione dei tunnel dall'Egitto alla
Striscia e il crollo delle importazioni di carburante egiziano (molto
meno costoso di quello israeliano) impedisce l'utilizzo dei generatori,
gli unici strumenti in mano alla popolazione per far fronte ai continui
blackout. Secondo Abu Marzouk, la Striscia ha un fabbisogno pari 360
megawatt, ma oggi ne riceve solo 208: 28 dall'Egitto, 120 da Israele e
60 dall'impianto interno.
Da
parte sua l'ANP rispedisce al mittente le accuse e vola in Qatar per
raggiungere un accordo per la vendita di carburante ad un prezzo più
economico: il premier Hamdallah è in questo momento in Qatar dove
discuterà delle possibili soluzioni alla crisi energetica gazawi.
Secondo i media palestinesi, sono due le opzioni sul tavolo: o l'emirato
acquisterà diesel israeliano e lo girerà a Gaza o invierà il proprio al
porto israeliano di Ashdod.
Per
ora l'ANP ha incassato il via libera all'invio di 150 milioni di
dollari da parte dell'emirato, denaro che sarà speso per pagare gli
stipendi dei 150mila dipendenti pubblici palestinesi.
Se
Ramallah - e quindi Fatah - otterrà un simile accordo con gli ex
stretti alleati di Hamas, lo smacco per il movimento islamista non potrà
essere sottovalutato. Dopo aver abbandonato gli amici storici - l'asse
Hezbollah-Siria-Iran - ed essersi rifugiato sotto le ali protettive dei
Fratelli Musulmani egiziani, qatarioti e turchi, Hamas è stato travolto
da una seria crisi politica dovuta al crollo dell'Islam politico al
Cairo. E l'ex amico Qatar, dove Hamas aveva posto il proprio ufficio
politico in esilio (dopo aver lasciato Damasco e Amman), ha fatto un
passo indietro chiedendo al movimento palestinese di trovarsi un altro
Paese ospitante.
A
pagare il prezzo del braccio di ferro politico tra Hamas e Fatah, è
ancora una volta la Striscia di Gaza. L'Onu lancia l'allarme: James W.
Rawley, coordinatore dell'agenzia stampa delle Nazioni Unite nei
Territori Occupati IRIN, ha spiegato come ormai la crisi abbia colpito
"tutti i servizi essenziali, compresi ospedali, cliniche, reti idriche e
fognarie". Nena News
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