Tulkarem: una città sotto la polvere

http://www.alternativenews.org/english/index.php/politics/palestinian-society-/7194-tulkarem-a-city-under-dust 

Tulkarem: una città sotto la polvere
Un alto tasso di disoccupazione, mancanza di elettricità e soprattutto le vicine fabbriche di prodotti chimici che minacciano la salute dei cittadini. Nonostante gli abitanti della città di Tulkarem nel nord della Cisgiordania abbiano molti motivi per disperare, si rifiutano di perdere la speranza.
 

di Carolin Smith
“Le sostanze chimiche prodotte dalle fattorie Kashuri rovinano le mie piante” racconta il contadino palestinese Fayez Taneeb di Tulkarem. Alle spalle di Taneeb c’è una fila di serre che contengono per la maggior parte dei lunghi contenitori di plastica appesi al soffitto in cui vengono coltivate fragole biologiche. In altre serre pomodori, cetrioli e peperoni spuntano dalla terra. Taneeb non utilizza alcun fertilizzante o prodotto chimico per le sue coltivazioni, ma solo rimedi naturali, come alcuni insetti per neutralizzare i parassiti.
                       
 
                Le fabbriche di prodotti chimici di Tulkarem / Fotografia: Carolin Smith

Purtroppo le coltivazioni organiche di Taneeb sono costantemente minacciate da ben 12 fabbriche israeliane – il complesso Kashuri - che sorgono a pochi passi dalle sue serre, in cui vengono prodotti materiali chimici. Secondo Sharif Shahroroi, membro della Società del Consiglio dei Servizi Sociali di Tulkarem, le fabbriche producono pesticidi, vernici, cemento e l’amianto, conosciuto per essere altamente cancerogeno. Questo è il motivo per cui Taneeb deve coltivare le sue verdure biologiche nelle serre: “Non posso vendere i prodotti coltivati fuori dalle serre come biologici a causa dell’inquinamento dell’aria e del terreno”. Un criterio per poter etichettare i propri prodotti come biologici è proprio il non venire in contatto con elementi chimici.
Alcune ricerche dell’Università di Birzeit e del Ministero della Salute palestinese indicano che l’aria di Tulkarem contiene elevati livelli di monossido di carbonio e altre sostanze tossiche che sono la principale causa di molte malattie respiratorie. Un’indagine del Ministero della Salute del 2012 dimostra che  Tulkarem è la quarta città della Cisgiordania maggiormente colpita da casi di tumore. Inoltre, uno studio dell’Università di Nablus ha portato alla luce che nel 77% dell’area di Tulkarem ci sono delle chiare connessioni tra gli alti tassi di incidenza dei tumori e le sostanze chimiche prodotte dal complesso industriale. Molto diffuse sono malattie come l’asma, leucemia e ridotta capacità polmonare.
                        
               Fayez Taneeb, un contadino palestinese /Fotografia: Carolin Smith
La storia di Fayez Taneeb è solo un esempio dei tanti contadini palestinesi, le cui coltivazioni sono messe in pericolo dalle vicine fabbriche chimiche. “Gli israeliani hanno confiscato e occupato la nostra terra su cui vivevamo per costruire questo complesso industriale”, ci spiega Sharif Shahroroi. La prima fabbrica è stata trasferita da Netanya, città costiera israeliana, a Tulkarem nel 1985. “A quel tempo la fabbrica era stata costretta a chiudere in Israele a causa dei problemi ambientali e alla salute della popolazione che provocava” dice Shahroroi. Un tribunale israeliano permise però ai proprietari della fabbrica di trasferire la loro produzione a Tulkarem, in territorio palestinese, dove le leggi israeliane in materia di tutela del lavoro e sicurezza non sono applicabili. Alcuni palestinesi hanno cercato negli anni di far ricorso presso l’Alta Corte israeliana, ma quest’ultimi sono sempre rigettati in quanto l’area non è sotto la giurisdizione dei tribunali israeliani. Dopo il 1985 altre undici fabbriche sono state costruite a Tulkarem.     
Circa 350 persone, per lo più palestinesi, lavorano nel complesso di Kashuri, che si trova in area C, mentre la città di Tulkarem è area A, teoricamente sotto la giurisdizione dell’Autorità Palestinese. “Molti cittadini di Tulkarem dipendono dal loro lavoro nelle fabbriche, perché non hanno la possibilità di trovare nient’altro” ci dice Mahmoud al-Jallad, sindaco della città e appartenente al partito di Fatah. Trovare degli investitori interessati allo sviluppo di un’industria locale è molto difficile, dice. “Abbiamo fatto un grande sforzo per cercare di attrarre investitori per sviluppare un’area industriale ma la mancanza di elettricità è un problema che scoraggia chiunque sia interessato a stabilirsi qui. Nessun vuole costruire la propria fabbrica dove non c’è abbastanza elettricità”.
La città di Tulkarem non dispone di una centrale elettrica ed è per tanto costretta ad acquistare l’elettricità da Israele. Per quanto riguarda l’acqua, la comunità palestinese è indipendente, ma il quantitativo a disposizione è ridotto. Molti qui si guadagnano da vivere con l’agricoltura. “Chi ha la possibilità di studiare non trova un lavoro qui” ci dice Mahmoud al-Jallad, riassumendo il problema.
Ma per la maggior parte dei cittadini di Tulkarem questo non è un motivo per disperare. Molti ripongono le loro speranze nel seggio all’Onu della Palestina come stato osservatore, ottenuto nel settembre del 2012. “Vogliamo combattere all’interno delle strutture internazionali contro le ingiustizie che viviamo qui a Tulkarem, per esempio appellandoci alla Corte Internazionale” ci spiega Sharif Shahroroi.
ll contadino Fayez Taneeb anche non vuole mollare. Nonostante l’esercito israeliano abbia confiscato la maggior parte delle sue terre e abbia distrutto le sue serre ben due volte, lui continua con il suo lavoro. E non solo, Taneeb è anche membro del Comitato di Coordinamento per la Lotta Popolare, un’organizzazione ombrello per i vari movimenti di resistenza, individualmente porta avanti delle ricerche riguardanti le fabbriche e da molti anni si incontra con giornalisti e organizzazioni internazionali per parlare dei problemi di Tulkarem. La cosa più importante per lui è però il suo essere ancora lì, continuando a fare il contadino. Perseverando a coltivare prodotti biologici, Taneeb desidera mandare un messaggio alle industrie israeliane frutto di un’occupazione illegale. Dal 2003, anno in cui il muro dell’apartheid è stato eretto a Tulkarem, la sua terra si trova circondata ad est dal complesso industriale di Kashuri e ad ovest dal muro. La piccola striscia di terra tra i due è ciò che gli rimane per il suo lavoro.
A Tulkarem non solo la salute e l’agricoltura sono influenzate negativamente dall’occupazione israeliana e dalle fabbriche, ma l’economia tutta. La zona vicina all’area industriale è oggi deserta. “La maggior parte delle persone ha paura dell’aria inquinata e dalla polvere bianca che proviene dalle fabbriche. Questo è il motivo per cui molti si sono trasferiti in altre aree della città”, racconta Sharif Shahroroi.
Un ulteriore problema è la mancanza di informazione a disposizione dei molti cittadini di Tulkarem. Di tanto in tanto un grande fuoco divampa all’interno del complesso industriale. “Alle volte si possono sentire in tutta la città delle esplosioni. Gli abitanti di Tulkarem non conoscono la natura dell’incendio e molti credono che sia a causa di un incidente e che le fabbriche bruceranno”, racconta Sharif Shahroroi. Ma in realtà, l’incendio è voluto e serve ad eliminare molti prodotti chimici e plastici di scarto delle fabbriche e dell’esercito.
La città lotta quotidianamente con questa situazione. La maggior parte dei negozi che sorgevano nei pressi delle fabbriche oggi sono chiusi; “Un bar che è stato aperto solo un anno fa proprio di fronte al complesso industriale ha dovuto chiudere dopo pochi mesi perché non c’era nessun acquirente” ricorda Sharif Shahroroi. Ma nonostante tutte le difficoltà, gli abitanti continuano nel loro sforzo di ravvivare la zona. Esistere è resistere.

(tradotto a cura di AIC Italia/Palestina Rossa) 

 Tulkarem, una città sotto la polvere.

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

Mappa della Cisgiordania e suddivisione in zone anno 2016

Né Ashkenaziti né Sefarditi: gli Ebrei italiani sono un mistero - JoiMag

Betlemme : il Muro e la colonizzazione. Testimonianze