SFUGGE AL CONTROLLO L’INQUINAMENTO RADIOATTIVO DI MARE E TERRENI
Ancora valori fuori norma per quanto
riguarda la radioattività attorno all’impianto nucleare di Fukushima-1,
con elementi che accentuano la preoccupazione. Il gestore della
centrale, Tokyo Electric Company (Tepco), ha comunicato la presenza nel
mare antistante la centrale di Cesio-137, con una concentrazione di 1,6
becquerel per litro, più elevata rispetto al dato dell’8 ottobre, di 1,4
becquerel per litro. Dati in sé molto inferiori alla soglia di rischio
per una sostanza mai rilevata, però, da agosto scorso, quando sono
iniziati i monitoraggi dell’acqua marina, e che indica come la
situazione rischi di sfuggire di mano. I grandi serbatoi che negli
ultimi due anni e mezzo sono andati allineandosi all’interno del
perimetro della centrale, sono arrivati ora a contenere 340 milioni di
litri di acqua di raffreddamento dei reattori in avaria, con vario grado
di contaminazione. In certi casi molto elevati, come registrato anche
nei giorni scorsi. Secondo le stime, ogni giorno 400 tonnellate di acqua
finirebbero comunque in mare filtrando nel sottosuolo.
Ignorando gli allarmi che provengono da
paesi vicini e da organizzazioni internazionali, oltre che le iniziative
di respingimento di prodotti ittici e agricoli locali, negando la
necessità di piani d’emergenza per varie possibilità e sottostimando i
rischi per l’impianto, la Tepco continua – secondo gli esperti – a
perpetuare la situazione che portò all’avvio di fusione delle barre di
combustibile nucleare nei reattori colpiti dallo tsunami l’11 marzo
2011.
Ua situazione che ha gravi ripercussioni
anche sulle comunità locali. All’inizio della settimana, le autorità
hanno riconosciuto che i ritardi nella decontaminazione dei suoi
porteranno a un ritardo di anni nel rientro della popolazione nei centri
colpiti dalle radiazioni e evacuati. In nessuna delle 11 municipalità
all’interno della zona di sicurezza evacuata sarà possibile il
ripopolamento entro il marzo 2014 come inizialmente previsto. Secondo i
responsabili del ministero per l’Ambiente, la mancanza di spazio per lo
stoccaggio del materiale contaminato sarebbe in cima alle ragioni, data
l’opposizione di molte aree a ospitare le discariche.
[CO]
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