Zvi Schuldiner :Obama, il teatrino della pace
il manifesto26.09.2013
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USA/MEDIO ORIENTE
Obama, il teatrino della pace
Israele, la guerra permanente
di Zvi Schuldiner
Se
qualcuno guardasse dal di fuori l'arena mondiale, penserebbe che si
tratta solo di un gioco, di quelli virtuali così di moda su computer e
telefonini «intelligenti». Però i cinici leader che vi partecipano
giocano con intere popolazioni, con la vita e la morte di milioni di
persone, con la povertà e l'orrore della fame.
In
occasione dei 40 anni trascorsi dalla guerra del 1973, articoli, libri e
documentari critici hanno inondato Israele. In occasione dei 40 anni
trascorsi dalla guerra del 1973, articoli, libri e documentari critici
hanno inondato Israele.
All'improvviso
appare chiaro che la prepotenza dei nostri governanti, la loro ebbrezza
trionfale seguita alla vittoria del 1967, la convinzione della
superiorità militare israeliana, furono, tutti insieme, fattori che
determinarono il rifiuto di un accordo di pace con l'Egitto. L'autismo
criminale dei leader israeliani portò a una guerra terribile nella quale
migliaia di vite furono sacrificate al credo imperialista dell'élite
dominante. Eppure, ancora oggi, queste idee sono prevalenti. Gli Usa
allestiscono il gran teatro dei «negoziati di pace» tra Israele e
Palestina, mentre la situazione in realtà peggiora e la pace, oggi, è
più lontana di prima di Kerry e Obama.
I due 11 settembre
Il meno importante è quello del colpo di stato fascista avvenuto in Cile l'11 settembre del 1973. Patrocinato dagli Stati uniti, prodotto della politica di Nixon e Kissinger, fu un'ulteriore manifestazione di un imperialismo che aveva già colpito in tanti altri paesi: Iran, Guatemala, Vietnam, Cuba, etc. Al golpe seguirono migliaia di omicidi, l'oppressione - con il placet degli Usa - del popolo cileno e la creazione del primo vero laboratorio di quel neoliberismo che si sarebbe esteso ai centri del potere mondiale.
I due 11 settembre
Il meno importante è quello del colpo di stato fascista avvenuto in Cile l'11 settembre del 1973. Patrocinato dagli Stati uniti, prodotto della politica di Nixon e Kissinger, fu un'ulteriore manifestazione di un imperialismo che aveva già colpito in tanti altri paesi: Iran, Guatemala, Vietnam, Cuba, etc. Al golpe seguirono migliaia di omicidi, l'oppressione - con il placet degli Usa - del popolo cileno e la creazione del primo vero laboratorio di quel neoliberismo che si sarebbe esteso ai centri del potere mondiale.
Il
più importante è quello del 2001, che costò la vita a migliaia di
persone e servì da giustificazione all'avventura criminale intrapresa da
Bush e soci in Iraq e in Afghanistan. Sullo scacchiere internazionale
fecero la loro comparsa, una volta di più, «il nemico da educare», «le
lezioni da dare al terrorismo», «le considerazioni strategiche» sulla
base delle quali si scatenò la furia americana, dai crimini delle guerre
di Bush alle «esecuzioni moderate» del premio Nobel per la pace Obama.
Che, parlando alla nazione ha rivendicato «sette decenni d'impegno
dell'America per la sicurezza del mondo».
Gli
Usa, in Pakistan, hanno eliminato Bin Laden, che anni prima loro stessi
avevano mandato in Afghanistan per sconfiggere i sovietici; in Siria,
alcuni gruppi che fanno capo ad Al-Qaeda ricevono appoggio da Washington
e dell'occidente! Il criminale Assad combatte contro alcune forze
democratiche e non pochi fondamentalisti. Russi e americani appoggiano
le une e gli altri, dissanguando la società siriana, anche con molti
altri scopi. Obama esagera, Kerry fa la voce grossa e consulta il
Kissinger dell'altro 11 settembre; interviene Putin, quel grande
democratico, per salvare la regione dalle nefaste conseguenze che
avrebbe comportato per tutti l'«attacco chirurgico e limitato»
minacciato dagli Usa.
Morale e occupazione
Morale e occupazione
Che
orrore e uccidere 1200 persone con il gas! Ammazzarne 100mila con le
armi, invece, va bene. Gas? No! Il napalm e lo scempio del Vietnam,
però, sì. Anche bombardare Panamá e uccidere migliaia di persone per
catturare l'ex agente della Cia Noriega va bene. Quando Saddam è «dei
nostri» e gasa le persone tenendo però a freno l'Iran, va tutto bene. E
pure quando il governo «combatte il terrorismo» e accidentalmente fa
strage di innocenti coi droni che si trovavano nelle vicinanze, non c'è
nulla di male. In questo «gioco» di «gas e Siria», ultimatum di Obama,
dubbie prove di Kerry, consultazioni con il saggio Kissinger per fortuna
compare il democratico e omofobo amico di Assad, Putin, che con una
mossa azzeccata ci risparmia un terribile scenario.
Che
fare? Ritornare ai negoziati di pace. Un israeliano assassinato venerdì
13, un altro lo scorso sabato. Certo, anche i palestinesi vengono
uccisi; ogni settimana. Ma questo fa parte della «lotta contro il
terrorismo». Ed ecco la grande risposta del primo ministro Netanyahu:
più coloni a Hebrón, dove sabato è stato ucciso il militare israeliano.
Le differenti menzogne
Le menzogne di Obama e Kerry sulla Siria sono molto differenti rispetto a quelle sui negoziati di pace israelo-palestinesi. Il processo di pacificazione in cui gli americani dicono di essere coinvolti è una grande bugia che non può portare a nulla di buono.
Le differenti menzogne
Le menzogne di Obama e Kerry sulla Siria sono molto differenti rispetto a quelle sui negoziati di pace israelo-palestinesi. Il processo di pacificazione in cui gli americani dicono di essere coinvolti è una grande bugia che non può portare a nulla di buono.
Mentre
il governo di Hamas, a Gaza, è molto debilitato, quello di Abu Mazen,
sembra offrire la possibilità di un rafforzamento della linea
diplomatica. L'accerchiamento che subisce Hamas, inoltre, potrebbe
portare quest'ultimo a riprendere gli attacchi nel sud per evitare un
ulteriore indebolimento. Ad ogni modo la presunta forza di Abu Mazen si
basa sull'appoggio israelo-statunitense e sul silenzio riguardo ai
limiti e all'inconsistenza delle negoziazioni.
Opposto
ad Abu Mazen e al suo gruppo, c'è un governo israeliano di estrema
destra, che accetta formalmente la retorica delle negoziazioni,
dimostrando però quotidianamente di non poter condurle a nulla di serio.
I ministri di Netanyahu ribadiscono ogni giorno la loro opposizione
all'idea di due stati per due popoli, l`idea che, teoricamente, sta alla
base di quelle che dovrebbero essere delle negoziazioni. Costoro
dichiarano che è arrivato il momento di annullare gli accordi di Oslo, e
appoggiano programmi che portano verso una progressiva annessione di
fatto dei territori occupati nel 1967.
L'attuale
governo israeliano non ha realmente intenzione di accettare le
responsabilità del passato: tra l'altro, implicherebbe il riconoscimento
delle responsabilità verso i rifugiati, accettare il ritorno di alcuni
di essi e indennizzarne altri. La paura viscerale del «ritorno di
milioni di persone» è accompagnata da un crescente aumento, In Israele,
del razzismo e del fascismo.L'attuale governo insiste con una costante
espansione edilizia e con la presenza israeliana nei territori occupati.
Questo comporta la violenta oppressione e repressione di 3milioni di
palestinesi che, sotto un'occupazione violenta e arbitraria, sono
esclusi dai più elementari diritti politici e umani. Nel migliore dei
casi, la soluzione geografica proposta da Israele, non va oltre uno
«stato palestinese demilitarizzato», limitato a una serie di bantustan
sotto il controllo israeliano.
Il
Nobel per la pace continuerà a dimostrare le sue doti di grande oratore
dal pulpito dell'Onu e dalla sua capitale imperiale e Kerry continuerà a
cercare intrecciare parole come il suo consigliere Kissinger, senza
tuttavia riuscire a nascondere che, insieme ai loro alleati israeliani,
favoriti dalla passività europea, stanno attuando un gigantesco progetto
di masturbazione pubblica che può portare a un falso accordo. Un
accordo che incuberebbe i germi di un futuro sempre più tragico sia per
il popolo palestinese sia per quello israeliano.
(traduzione di Giuseppe Grosso)
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