Il difficile viaggio dell'orchestra di Ramallah per portare Beethoven oltre il muro
di Marina Tondo
(REUTERS/Mohamad Torokman)
Mohammed è un giovane palestinese. È nato a Betlemme e cresciuto nel campo profughi di Al Amari a Ramallah,
dove la sua famiglia è stata ricollocata nel 1948. Non ha avuto una
vita ordinaria; la violenza e le difficoltà hanno segnato la sua
infanzia e adolescenza.
Poi a 16 anni è arrivata la musica. Una
viola ha cambiato la sua vita e quella di tanti altri. Dopo aver
studiato al conservatorio di Agners, in Francia, ha messo insieme un’orchestra
di giovani, un progetto che rende la musica accessibile ai bambini
palestinesi. Una forma di resistenza pacifica per preservare l’eredità
culturale di un popolo da 46 anni sotto occupazione.Le note della quarta sinfonia di Beethoven risuonano tra le mura della città vecchia di Gerusalemme. Poteva essere un concerto come tanti il loro eppure, per essere lì, il violista e gli altri musicisti hanno messo a rischio la vita.
Infatti, per giovani palestinesi come loro, una delle conseguenze più pesanti del controllo israeliano è l’impossibilità di muoversi liberamente all’interno della Cisgiordania e verso Israele. Come riporta Amnesty International sono più di 500 i checkpoint che ostacolano l’accesso dei palestinesi al posto di lavoro, alle scuole e agli ospedali in una zona o l’altra e oltre 200 mila tra loro devono allungare da due a cinque volte il percorso per giungere a qualunque destinazione.
Mohammed racconta come alcuni dei suoi musicisti siano riusciti a ottenere il visto per entrare a Gerusalemme mentre cinque tra loro, lui compreso, non abbiano avuto lo stesso “privilegio”. “Come può un’orchestra suonare senza parte dei suoi membri?” si domanda tra sé e sé.
Sembrava che lo spettacolo dovesse essere cancellato. Invece, la determinazione di questi cinque giovani, intenzionati a non voler rinunciare a suonare nella Città Santa, ha dato loro il coraggio di osare.
L’orchestra sale allora su un autobus per Gerusalemme pronta a esibirsi. I giovani senza “permesso” sono seduti in fondo nella speranza di evitare i controlli israeliani.
L’autobus arriva al checkpoint di Qalandia a passo d’uomo, arrancando per ore sotto il sole cocente. Una fila interminabile di macchine, persone, animali e carretti, aspetta di essere ispezionata. Venditori ambulanti si aggirano tra la folla offrendo loro di tutto.
Tre soldati israeliani salgono sull’autobus con gli M-16 a tracolla e controllano i documenti dei passeggeri. Tutti i musicisti, con o senza visto, sono fatti scendere, a eccezione di quelli stranieri.
I giovani palestinesi devono attraversare il checkpoint a piedi. S’incamminano con i loro strumenti lungo un corridoio delimitato da sbarre metalliche e, a gruppi di tre o quattro, dopo essere stati perquisiti e con i documenti controllati, passano dall’altro lato.
Intanto, i musicisti stranieri iniziano a suonare e aspettano l’arrivo dei restanti membri dell’orchestra. Le note di “A little Night Music” di Mozart si diffondono nell’aria e giungono alle torri di vedetta del “Muro di separazione”.
I concertisti senza visto devono tornare indietro. Niente Gerusalemme per loro. Permesso negato.
Dal lato palestinese del Muro un uomo, con una sigaretta tra le labbra, chiede: “Volete andare a Gerusalemme? Siete in 5? Sono 250 shekels (55 euro).”
È così che i cinque giovani accettano il passaggio e, dopo un breve tragitto, scendono lì dove il confine non è controllato. L’autista monta una lunga scala, ci sale sopra e taglia il filo spinato al vertice dei 7 metri e mezzo di muro. Da una busta di plastica tira fuori una corda e la srotola dall’altro lato.
A uno a uno i musicisti si arrampicano sulla scala e si calano al di là. Una macchina in lontananza si avvicina e Mohammed - in procinto di scavalcare – pensa immediatamente a militari israeliani.
“Essere arrestato per aver cercato di suonare Beethoven,” pensa sconcertato. Quando capisce che l’automobile è guidata da palestinesi non ha meno paura e, in preda al panico, cade di schiena sul terreno. All’apparenza non si è fatto troppo male perciò i cinque vittoriosi proseguono alla volta di Gerusalemme.
Si dirigono alla chiesa di Sant’ Anna, nel centro della città vecchia e sede del concerto. A causa della caduta Mohammed si sente male e non riesce a suonare.
Più di 200 spettatori, ignari delle difficoltà che i giovani hanno dovuto affrontare per essere lì, riempiono i giardini e la navata. Le note di violino risuonano nella chiesa antica e l’orchestra, con la quarta sinfonia di Beethoven, lascia i presenti senza fiato.
“Scavalcare il Muro non è una cosa che facciamo tutti i giorni ma, nonostante la paura di essere arrestati, ne è valsa la pena” afferma Mohammed. “La libertà di movimento dovrebbe essere garantita ai Palestinesi,” aggiunge, “e specialmente nel caso di Gerusalemme Est - parte della Palestina pre-67.”
“Nessun essere umano dovrebbe sottostare a queste violazioni dei diritti umani,” continua poi. “Spero che un giorno avremo la possibilità di muoverci come ci pare nel nostro Paese e potremo condividere la nostra musica con il resto del Mondo.”
“La musica è espressione della resistenza,” dice ancora, “e lo strumento per affermare il nostro diritto di esistere.”
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