Proteste per cariche di polizia contro Fronte Popolare
Nena News
30.07.2013
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Proteste per cariche polizia contro Fronte Popolare
Non si placa la rabbia della principale formazione della sinistra palestinese per la brutalita' delle forze di sicurezza di Abu Mazen. Oggi comincia il negoziato Israele-Anpdi Michele Giorgio
Gerusalemme, 30 luglio 2013, Nena News - Alla ricerca di titoli ad effetto ieri giornali, radio e televisioni hanno parlato di «iftar della pace». In riferimento alla cena di Ramadan, organizzata a Washington dai mediatori americani per i loro «ospiti», i negoziatori israeliani Tzipi Livni e Yitzhak Molko e quelli palestinesi Saeb Erekat e Mohammed Shtayyeh, giunti negli Stati Uniti per riprendere il negoziato bilaterale rimasto fermo per oltre tre anni. Che i quattro abbiano preso parte a un iftar, e pure abbondante, non c'è dubbio. Che ieri abbiano anche dato inizio a colloqui che, come sostiene Jen Psaki, portavoce del Dipartimento di Stato, «getteranno le basi del dialogo a venire», verso quel «promettente passo in avanti in direzione della pace» descritto da Barack Obama, è ben più arduo da affermare.
La deputata del Fplp Khalida Jarrar (foto Afp)
I
nodi del conflitto sono sempre gli stessi. Uguale è la determinazione
israeliana nel rifiutare la restituzione di Gerusalemme Est ai
palestinesi, e il ritorno dei profughi. Simile è la mediazione
americana, non neutrale, da venti anni solidale con le aspirazioni degli
alleati israeliani e che sarà rappresentata da Martin Indyk, un ex
ambasciatore Usa a Tel Aviv. Inconsistente la posizione dell'Autorità
nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen che ha scelto una trattativa
senza garanzie dopo aver illuso la sua gente che la libertà e
l'indipendenza sarebbero state conquistate all'Onu, attraverso
l'attuazione della legalità internazionale.
Posizione
debole al tavolo dei negoziati quella di Abu Mazen ma non con le
opposizioni interne al suo progetto. Ne sanno qualcosa dirigenti e
attivisti del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp).
Domenica a Ramallah i reparti antisommossa della polizia dell'Anp hanno
brutalmente caricato una manifestazione del Fplp contro la scelta fatta
dal presidente palestinese. Al termine feriti e arresti tra i
manifestanti. «Volevamo soltanto inviare un messaggio politico - ha
spiegato Khalida Jarar, deputata del Fplp - è inaccettabile sopprimere
la libertà di espressione e il diritto di protestare, tutto questo non
riuscirà a far tacere le voci di quelli che si oppongono a questi
negoziati». Jarrar ha rimarcato che, ancora una volta, Abu Mazen e il
suo entourage «hanno fatto da soli», senza aprire un vero dibattito con
le altre forze politiche all'interno e all'esterno dell'Olp.
Non
è un mistero che una fetta consistente, forse la maggioranza, di Fatah,
il partito del presidente, sia a dir poco perplessa nei confronti della
ripresa dei negoziati bilaterali con Israele, senza alcuna garanzia sul
percorso che imboccherà la trattativa e rinunciando alla condizione
dello stop della colonizzazione israeliana. Senza dimenticare che Abu
Mazen ha escluso qualsiasi forma di consultazione con i suoi rivali di
Hamas che rappresentano una grossa porzione della popolazione
palestinese. Ha legato il consenso della sua gente al passo mosso in
direzione di Washington sulla liberazione di detenuti politici, inclusi
quelli che da oltre 20 anni sono in carcere in Israele. Ne voleva 350,
ne ha ottenuti 104. E' l'unica concessione vera fatta dal premier
israeliano Netanyahu, che però ha escluso lo stop esplicito alla
colonizzazione e di negoziare un accordo territoriale a partire dalle
linee del giugno 1967, antecedenti all'occupazione di Cisgiordania, Gaza
e Gerusalemme Est.
Netanyahu
con ogni probabilità è convinto di portare Abu Mazen ad accettare un
accordo transitorio, la soluzione ideale per guadagnare tempo e
costruire altre colonie e per rinviare intese su Gerusalemme e i
profughi o sul controllo delle riserve d'acqua della Cisgiordania. Al
momento però il premier israeliano più che vedersela con i palestinesi
deve guardarsi dai suoi. Domenica il suo governo si è spaccato sulla
richiesta di scarcerazione dei detenuti politici, alcuni dei quali sono
stati condannati per attentati. Ieri la stampa, ad eccezione del liberal
Haaretz, erano tutti schierati contro la decisione presa dal governo
con 13 voti a favore, 7 contro e due astensioni. Molti continuano a
denunciare la liberazione dei 104 detenuti che avverrà in quattro fasi
nei prossimi nove mesi. "Focolare ebraico", partito ultranazionalista
che fa parte della maggioranza di governo, ha chiesto più case nelle
colonie per compensare la decisione sui prigionieri palestinesi. Nena
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