Israele : McDonald e la convinzione di considerare Ariel parte di Israele







A McDonald's branch in Masada, near the Dead Sea.
A McDonald's branch in Masada, near the Dead Sea. Photo by Emil Salman

JTAJun.26, 2013 | 23:38 | 13Sintesi personale  
Dopo  il rifiuto di  McDonald di aprire un ristorante ad Ariel  ,ex  ministro degli Interni Eli Yishai di Shas  ha promesso che  avrebbe  inviato a  McDonald Israel , proprietario Omri Padan, ", una mappa con i confini  di Israele."Quindi non è chiaro cosa dovrebbe preoccuparci di più: che Yishai sappia  qualcosa che noi non  sappiamo come un' annessione segreta, forse? O che Yishai pensi  che Ariel   sia  all'interno dei  confini riconosciuti di Israele e non sembra essere così su qualsiasi mappa rispettabile.Infatti, non solo  Ariel non è  decisamente una parte di Israele, non solo  si trova  in quelli  che anche Israele riconosce come  territori "contesi", ma è anche diversa  rispetto a tutti gli altri "blocchi di insediamenti" per i quali  Israele giura fedeltà  in ogni accordo di pace.Si estende a  21 km di distanza dalla linea verde ed è nel cuore della Samaria, Ariel potrebbe molto probabilmente essere il più difficile ostacolo sulla strada per la creazione di uno stato palestinese contiguo. Ariel   è così bizzarramente lontana dai confini del 1967 che Ariel Sharon   in origine non aveva intenzione di estendere il muro di separazione intorno ad esso. Pensava che sarebbe  stato un po 'troppo.Ariel, in una parola, è un insediamento ebraico. Non in Israele, ma nei territori. E 'un grande insediamento con oltre 20.000 abitanti, ma nel diritto internazionale, almeno, le dimensioni non contano. I politici possono giurare sulla tomba della madre che Ariel rimarrà ad  Israele per sempre, ma  rimane, a questo punto, una promessa politica, non una descrizione della realtà.Questi fatti sembrano poco importa ai detrattori  di McDonald  : "Con la stessa logica," columnist Elkana Shor ha scritto su  Maariv  "un altro uomo d'affari poteva rifiutarsi di aprire una filiale nella città di Taibeh o Umm al-Fahm [israeliano] arabi."Prima di tutto Taibeh e Umm al-Fahm sono all'interno dei confini del 1967 e sono universalmente riconosciuti come parte di Israele, quindi    hanno ben poco in comune con Ariel che non è parte di Israele, anche secondo gli standard israeliani . Forse lo scrittore ritiene che vivendoci   i musulmani piuttosto che gli ebrei,queste due città hano uno  stato discutibile, come Ariel, ma cerchiamo di non andare oltre .In secondo luogo  ha assolutamente ragione: ogni imprenditore può decidere dove e quando fare affari . Questo sta diventando sempre meno chiaro : la destra israeliana considera   sempre più soggetti pubblici e privati ​​israeliani , ONG, imprese e cittadini -   organi robotici mobilitati nel perseguimento di  obiettivi nazionali per"diritto" . (Una visione del mondo che è tradizionalmente simboleggiato dall'  antico emblema romano di un fascio di verghe legate intorno un'ascia.)"Il  commercio e la  cultura  devono rimanere al di fuori della scena politica" ha detto il sindaco di Ariel  ,Eli Shviro, che è evidentemente è  riuscito a trasformare il mondo a testa in giù in modo che la partecipazione alla  costruzione degli insediamenti diventa  in qualche modo apolitica.
Infatti con l'apertura di un negozio ad Ariel, McDonald avrebbe partecipato attivamente in quello che è ancora un atto politico molto controverso, anche se i coloni e la maggior parte degli Israeliani  sono riusciti a convincere se stessi del contrario . Anche se Padan non fosse l '"estrema sinistra" che ritraggono i suoi critici,ci  avrebbe pensato due volte   prima di coinvolgere  la sua azienda e il suo marchio internazionale in una mossa che avrebbe probabilmente avuto ricadute  sui  guadagni.Ciò nonostante, dopo aver superato  con successo un boicottaggio del loro centro culturale di recente costruzione e  aver spinto il governo  a riconoscere il college di Ariel come università, nonostante le obiezioni del Consiglio di Israele per l'istruzione superiore, i coloni hanno riconosciuto la forza potente  del  "boicottaggio".Così, essi vorrebbero convincere non solo che la posizione di Padan equivale a un "boicottaggio", ma che il boicottaggio è un boicottaggio sia che si rivolga agli  insediamenti ebraici nei territori  sia all'esistenza di Israele stessa . E' solo questione di tempo : basta ricordare la chiusura dei negozi ebrei a Berlino nel 1930  pertanto  chi si impegna in un boicottaggio, anche se in realtà non è un boicottaggio, è  un disfattista, un Ebreo che odia se stesso o un traditore a tutti gli effetti.E la triste realtà è che  si può tranquillamente ipotizzare, sulla base dell'esperienza passata  che la maggior parte degli israeliani probabilmente è d'accordo con loro.P.S. Madetto tra noi   di noi, se tu fossi oggi un amministratore delegato di  McDonald internazionale, con centinaia di filiali in Europa, Medio Oriente e  nel mondo musulmano avresti aperto una filiale in una zona che il 99% della popolazione mondiale considera occupata e che è il punto focale di una vera e propria campagna di boicottaggio che sta raccogliendo sempre più forza?




2 The Big Mac Index of the delusion that 'Ariel is part of Israel'

Reactions to McDonald’s refusal to open shop in a West Bank town say less about selling hamburgers and more about Israel’s reality-challenged view of the world.

By | Jun.27, 2013 | 8:55 PM | 10
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The Big Mac Index is the ingenious annual survey conducted by the Economist magazine in which the price of McDonald’s star hamburger sandwich in different cities is used to evaluate foreign currency exchange rates around the world.
Now, thanks to the brouhaha that erupted this week in the wake of McDonald’s refusal to open a restaurant in the West Bank town of Ariel, Israel has its own Big Mac measure. It translates the outrage at the so-called “boycott” of Ariel to a diagnosis of the degree to which Israelis have started to believe in the alternative reality that they have themselves created.
The owner of the mall in which McDonald’s declined to open a branch, discount food king Rami Levy, seemed to be genuinely perplexed. “What are we talking about?” he asked. “About people who are living here, in the State of Israel?”
Former Interior Minister Eli Yishai of Shas, went even further. On his Facebook page he promised that he would not only eat the first hamburger grilled by McDonald's Israeli rival, Burger Ranch, but he would also send McDonald's Israel owner Omri Padan “a current map with Israel’s up-to-date borders."
So it’s not clear what should worry us more: that Yishai, who served on Israel’s inner security cabinet in the previous government, knows something we don’t – a secret annexation, possibly? Or that Yishai, who served on Israel’s inner security cabinet in the previous government, truly has no idea that Ariel isn’t, in fact, inside Israel’s recognized borders and doesn’t appear to be so on any reputable map.
In fact, not only is Ariel decidedly NOT a part of Israel, not only does it reside in what even Israel acknowledges are “disputed” territories, but it is even an outlier compared to all the other “settlement blocs” that Israel swears allegiance to in any peace settlement.
Jutting 21 kilometers away from the Green Line and into the heart of Samaria, Ariel could very possibly be the most difficult obstacle on the way to the establishment of a contiguous Palestinian state. The “finger” of Ariel, as it is called, is so outlandishly far from the 1967 borders that Ariel Sharon – for whom the city was not named, as many believe – originally had no intention of extending the separation fence around it. He thought that would be a bit too much.
Ariel, in a word, is a Jewish settlement. Not in Israel, but in the territories. It’s a big settlement with over 20,000 residents, but in international law, at least, size doesn’t matter. Politicians may swear on their mother’s grave that Ariel will remain Israeli forever, but that remains, at this point, a political promise, not a description of reality.
These facts seem to matter little to McDonald’s detractors, however. “By the same logic,” columnist Elkana Shor wrote in Maariv wrote on Thursday, “another businessman could refuse to open a branch in the [Israeli Arab] towns of Taibeh or Umm al-Fahm.”
First of all Taibeh and Umm al-Fahm are inside the June 1967 borders and are universally recognized as part of Israel, so they actually have very little in common with Ariel, which isn’t part of Israel even by Israel’s own standards. Possibly the writer believes that the fact that Muslims rather than Jews live in these two towns renders their status questionable, like Ariel’s, but let’s not go there.
Secondly, he is absolutely right: any businessman can decide where and when to do business for whatever reasons they see fit. This is becoming less and less clear, admittedly, to Israel’s right-wing, which increasingly sees public and private Israeli entities – governments, NGOs, businesses and citizens – as no more than robotic organs mobilized in the pursuit of the “right” national goals. (A worldview that is traditionally symbolized by the ancient Roman emblem of a bundle of rods tied around an axe.)
“The entire issue of commerce and culture needs to remain outside the political arena,” said Ariel Mayor Eli Shviro, who has obviously succeeded in turning the world upside down so that participating in building up the settlements is somehow apolitical, while declining to do so is a “boycott." 
In fact, by opening a store in Ariel, McDonald’s would be actively participating in what is still a highly controversial political act, even though the settlers and most of Israel have succeeded in convincing themselves otherwise. Even if Padan were not the “extreme leftist” that his critics portray, he would still think twice before embroiling his company and its international brand name in a move that would probably yield more trouble than revenues.
Nonetheless, having successfully surmounted a botched boycott of their recently built cultural center and having pushed the sympathetic government to recognize Ariel’s college as a university, despite the objections of Israel’s Council for Higher Education, the settlers have recognized the potent force and negative reactions among most Jews and Israelis to the very concept of “boycott.”
Thus, they would like to persuade you not only that Padan’s position is tantamount to a “boycott," but that a boycott is a boycott is a boycott, whether it is aimed at Jewish settlements in the territories, the existence of Israel itself or – and this is just a matter of time – Jewish shops in Berlin in the 1930s. And that anyone who engages in a boycott, even if it isn’t really a boycott, is, in fact, a defeatist, a self-hating Jew or – and this is also just a matter of time – a full-fledged traitor.
And the sad reality is that even without the benefit of a public opinion poll, one can safely assume, based on past experience, that most Israelis probably agree with them.
P.S. But between us, if you were now a chief executive in McDonald’s international, with hundreds of branches in Europe, the Middle East and the Muslim world, is that what you would be recommending to your Israel branch? To launch a new store in an area that 99% of the world regards as occupied and that is the focal point of a real boycott campaign that is increasingly gathering steam?
Really? You would? Well then – you’ve earned yourself one very Big Mac. Or, if you’ve already joined the settlers’ counter-boycott, a “Triple Ranch” at their competitors' nearest bran

Allegati
Ariel :L'accademia israeliana sostiene l'occupazione
Gideon Levy e la protesta contro il Teatro di Ariel. Lettera di 150 accademici
A.B.Yehoshua : «La rivolta degli attori di Ariel»

 CISGIORDANIA : FAST-FOOD SÌ, MA NON NELLE COLONIE ISRAELIANE : IL CASO DI ARIEL
Il sindaco di Ariel Ron Nachman: Il governo israeliano incoraggia il boicottaggio dei prodotti delle colonie

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