Arriva Kerry, Israele costruisce 69 case per coloni
Alla vigilia della quinta visita del
segretario, il governo israeliano approva un nuovo progetto di
espansione coloniale. Ma Kerry vuole un piano di pace entro settembre.
Dalla collina palestinese di Abu Gheim alla colonia israeliana di Har Homa
Gerusalemme, 27 giugno 2013, Nena News - Il tavolo del negoziato non è mai apparso tanto lontano. A svuotarlo, le politiche israeliane di colonizzazione dei Territori Occupati, che annullano ogni tentativo di dialogo messo in piedi dal segretario di Stato americano John Kerry.
Il rappresentante dell'amministrazione di Washington vola in Medio Oriente, accolto dall'ennesima notizia di costruzione di nuove unità abitative per coloni nell'insediamento di Har Homa, tra Gerusalemme e Betlemme. Ieri un comitato israeliano per la pianificazione urbana del Comune di Gerusalemme ha approvato la costruzione di 69 nuove abitazioni per coloni: "Una cieca provocazione contro Kerry - l'ha definita Meir Margalit, consigliere comunale e membro del partito di sinistra Meretz - Prova quanto il governo di Netanyahu voglia la pace".
Non certo una novità: gli ultimi giorni sono stati costellati di dichiarazioni sia da parte del premier israeliano che di alcuni ministri (Danny Danon, vice ministro alla Difesa, in testa): no alla creazione di uno Stato di Palestina. Tradotto, no alla soluzione a due Stati, da sempre sponsorizzata da Stati Uniti ed Unione Europea. Israele non intende ritirarsi dai Territori Occupati e perdere così un'inesauribile fonte di ricchezza: terre, turismo, risorse idriche e naturali. Oltre allo spazio necessario all'espansione coloniale.
Dal Kuwait ieri, prima di muoversi verso la Giordania dove domani incontrerà il presidente dell'ANP Abbas (il suo quinto viaggio nella regione da febbraio), Kerry si è nuovamente detto ottimista sulle possibilità di dialogo tra israeliani e palestinesi: "Sono abbastanza certo del nostro impegno. Penso che loro credano che il processo di pace sia più forte di sempre". Obiettivo di Kerry è giungere ad un risultato il più possibile concreto entro settembre, quando le Nazioni Unite riapriranno il dibattito sulla questione israelo-palestinese: "Dobbiamo mostrare un qualche tipo di progresso, perché non abbiamo il lusso di sprecare altro tempo".
Eppure la sola condizione posta dall'Autorità Palestinese per tornare al fantomatico tavolo dei negoziati, viene continuamente rispedita al mittente dal governo di Tel Aviv: il presidente Abbas è stato chiaro, stop alla colonizzazione. Da parte sua l'ANP ha voluto inviare messaggi significativi, rinunciando a presentarsi di fronte alla Corte Penale Internazionale e ritirando la candidatura del villaggio palestinese di Battir all'UNESCO.
Diverso l'atteggiamento israeliano, da sempre contrario a porre pre-condizioni. O almeno, contrario alle pre-condizioni palestinesi. La risposta è cristallina: si continua a costruire e la scelta della colonia di Har Homa è significativa. Situata in Cisgiordania, ex foresta dove le famiglie palestinesi erano solite trascorrere i pomeriggi, è stata oggi inclusa unilateralmente all'interno dei confini del Comune di Gerusalemme. Nena News
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