AFGHANISTAN MA CHE CI STIAMO A FARE? Di padre Alex Zanotelli
AFGHANISTAN MA CHE CI STIAMO A FARE? Di padre Alex Zanotelli
Siamo entrati nel dodicesimo anno della guerra contro l'Afghanistan: è
un momento importante per porci una serie di domande. In quel lontano e
tragico 7 ottobre 2001 il governo USA , appoggiato dalla Coalizione
Internazionale contro il terrorismo, ha lanciato un attacco aereo contro
l'Afghanistan. Questa guerra continua nel silenzio e nell'indifferenza,
nonostante l'infinita processione di poco meno di 2.000 bare dei nostri
soldati morti. Che si tratti di guerra è ormai certo, sia perché tutti
gli eserciti coinvolti la definiscono tale ,sia perché il numero dei
soldati che la combattono e le armi micidiali che usano non lasciano
spazio agli eufemismi della propaganda italiana che continua a chiamarla
"missione di pace". Si parla di 40.000 morti afghani(militari e
civili), e il meccanismo di odio che si è scatenato non ha niente a che
vedere con la pace. Come si può chiamare pace e desiderare la pace, se
con una mano diciamo di volere offrire aiuti e liberazione e con l'altra
impugniamo le armi e uccidiamo?
La guerra in Afghanistan ha
trovato in Italia in questi anni unanime consenso da parte di tutti i
partiti. Rileggere le dichiarazioni di voto in occasione dei ricorrenti
finanziamenti della "missione" rivela - oltre devastanti luoghi comuni e
diffuso retorico patriottismo. Perché solo la guerra trova la politica
italiana tutta d'accordo? Chi ispira questo patriottismo guerrafondaio
che rigetta l'articolo 11 della nostra Costituzione?
Mistificazioni, complicità false notizie di guerra che condannano i
cittadini alla disinformazione, che orientano l'opinione pubblica a
giustificare la guerra e a considerare questa guerra in Afghanistan come
inevitabile e buona. La guerra in Iraq, i suoi orrori e la sua
ufficiale conclusione hanno confermato negli ultimi giorni la totale
inutilità di queste ‘missioni di morte'. Le sevizie compiute nel carcere
di Abu Ghraib e in quello di Guantanamo, i bombardamenti al fosforo
della città di Falluja nella infame operazione Phantom Fury non hanno
costruito certo né pace né democrazia, ma hanno moltiplicato in Iraq il
rancore e la vendetta. Altrimenti perché sono orami centinaia i soldati
degli Stati Uniti, del Canada e del Regno Unito che si suicidano, dopo
essere tornati dall' Iraq e dall' Afghanistan? Cosa tormenta la
coscienza e la memoria di questi veterani? Cosa hanno visto e cosa hanno
fatto che non possono più dimenticare?Dall'inizio della guerra in
Afghanistan ci sono più morti fra i soldati tornati a casa che tra
quelli al fronte :si susseguono i suicidi dei veterani negli USA.
Chi dunque ha voluto e vuole questa guerra afghana che ci costa quasi 2
milioni di euro al giorno? Chi decide di spendere oltre 600 milioni di
euro in un anno per mantenere in Afghanistan 3300 soldati, sostenuti da
750 mezzi terrestri e 30 veicoli? Come facciamo tra poco ad aggiungere
al nostro contingente altri 700 militari? Quante scuole e ospedali si
potrebbero costruire? Chi sono i fabbricanti italiani di morte e di
mutilazioni che vendono le armi per fare questa guerra? Chi sono gli ex
generali italiani che sono ai vertici di queste industrie? Che pressioni
fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di
armi e di sistemi d'arma? Quanto lucrano su queste guerre la
Finmeccanica, l'Iveco-Fiat, la Oto Melara, l'Alenia Aeronautica e le
banche che le finanziano? E come fanno tante associazioni cattoliche ad
accettare da queste industrie e da queste banche elargizioni e benefici?
Può una nazione come l'Italia che per presunte carenze economiche
riduce i posti letto negli ospedali, blocca gli stipendi, tiene i
carcerati in condizioni abominevoli e inumane, licenzia gli insegnanti,
aumenta gli studenti per classe fino al numero di 35, riduce le ore di
scuola, accetta senza scomporsi che una parte sempre più grande di
cittadini viva nell'indigenza e nella povertà, impegnare in armamenti e
sistemi d'arma decine di miliardi di euro?
A cosa serviranno
per il nostro benessere e per la pace i cacciabombardieri, le navi FREM,
la portaerei Cavour? Chi sottoscrive questo appello vuole soltanto che
in Italia si risponda a queste domande. Rispondano i presidenti del
Consiglio di questi ultimi 10 anni, i ministri della difesa e tutti
parlamentari che hanno approvato i finanziamenti a questa guerra. Dicano
con franchezza che questa guerra si combatte perché l'Afghanistan è un
nodo strategico per il controllo delle energie, per il profitto di
alcuni gruppi industriali italiani, per una egemonia economica
internazionale, per una volontà di potenza che rappresenta un
neocolonialismo mascherato da intenti umanitari e democratici, poiché
questi non si possono mai affermare con armi e violenza.
P. Alex Zanotelli su Unimondo Face2Facebook
AFGHANISTAN MA CHE CI STIAMO A FARE? Di padre Alex Zanotelli
Siamo entrati nel dodicesimo anno della guerra contro l'Afghanistan: è un momento importante per porci una serie di domande. In quel lontano e tragico 7 ottobre 2001 il governo USA , appoggiato dalla Coalizione Internazionale contro il terrorismo, ha lanciato un attacco aereo contro l'Afghanistan. Questa guerra continua nel silenzio e nell'indifferenza, nonostante l'infinita processione di poco meno di 2.000 bare dei nostri soldati morti. Che si tratti di guerra è ormai certo, sia perché tutti gli eserciti coinvolti la definiscono tale ,sia perché il numero dei soldati che la combattono e le armi micidiali che usano non lasciano spazio agli eufemismi della propaganda italiana che continua a chiamarla "missione di pace". Si parla di 40.000 morti afghani(militari e civili), e il meccanismo di odio che si è scatenato non ha niente a che vedere con la pace. Come si può chiamare pace e desiderare la pace, se con una mano diciamo di volere offrire aiuti e liberazione e con l'altra impugniamo le armi e uccidiamo?
La guerra in Afghanistan ha trovato in Italia in questi anni unanime consenso da parte di tutti i partiti. Rileggere le dichiarazioni di voto in occasione dei ricorrenti finanziamenti della "missione" rivela - oltre devastanti luoghi comuni e diffuso retorico patriottismo. Perché solo la guerra trova la politica italiana tutta d'accordo? Chi ispira questo patriottismo guerrafondaio che rigetta l'articolo 11 della nostra Costituzione?
Mistificazioni, complicità false notizie di guerra che condannano i cittadini alla disinformazione, che orientano l'opinione pubblica a giustificare la guerra e a considerare questa guerra in Afghanistan come inevitabile e buona. La guerra in Iraq, i suoi orrori e la sua ufficiale conclusione hanno confermato negli ultimi giorni la totale inutilità di queste ‘missioni di morte'. Le sevizie compiute nel carcere di Abu Ghraib e in quello di Guantanamo, i bombardamenti al fosforo della città di Falluja nella infame operazione Phantom Fury non hanno costruito certo né pace né democrazia, ma hanno moltiplicato in Iraq il rancore e la vendetta. Altrimenti perché sono orami centinaia i soldati degli Stati Uniti, del Canada e del Regno Unito che si suicidano, dopo essere tornati dall' Iraq e dall' Afghanistan? Cosa tormenta la coscienza e la memoria di questi veterani? Cosa hanno visto e cosa hanno fatto che non possono più dimenticare?Dall'inizio della guerra in Afghanistan ci sono più morti fra i soldati tornati a casa che tra quelli al fronte :si susseguono i suicidi dei veterani negli USA.
Chi dunque ha voluto e vuole questa guerra afghana che ci costa quasi 2 milioni di euro al giorno? Chi decide di spendere oltre 600 milioni di euro in un anno per mantenere in Afghanistan 3300 soldati, sostenuti da 750 mezzi terrestri e 30 veicoli? Come facciamo tra poco ad aggiungere al nostro contingente altri 700 militari? Quante scuole e ospedali si potrebbero costruire? Chi sono i fabbricanti italiani di morte e di mutilazioni che vendono le armi per fare questa guerra? Chi sono gli ex generali italiani che sono ai vertici di queste industrie? Che pressioni fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d'arma? Quanto lucrano su queste guerre la Finmeccanica, l'Iveco-Fiat, la Oto Melara, l'Alenia Aeronautica e le banche che le finanziano? E come fanno tante associazioni cattoliche ad accettare da queste industrie e da queste banche elargizioni e benefici? Può una nazione come l'Italia che per presunte carenze economiche riduce i posti letto negli ospedali, blocca gli stipendi, tiene i carcerati in condizioni abominevoli e inumane, licenzia gli insegnanti, aumenta gli studenti per classe fino al numero di 35, riduce le ore di scuola, accetta senza scomporsi che una parte sempre più grande di cittadini viva nell'indigenza e nella povertà, impegnare in armamenti e sistemi d'arma decine di miliardi di euro?
A cosa serviranno per il nostro benessere e per la pace i cacciabombardieri, le navi FREM, la portaerei Cavour? Chi sottoscrive questo appello vuole soltanto che in Italia si risponda a queste domande. Rispondano i presidenti del Consiglio di questi ultimi 10 anni, i ministri della difesa e tutti parlamentari che hanno approvato i finanziamenti a questa guerra. Dicano con franchezza che questa guerra si combatte perché l'Afghanistan è un nodo strategico per il controllo delle energie, per il profitto di alcuni gruppi industriali italiani, per una egemonia economica internazionale, per una volontà di potenza che rappresenta un neocolonialismo mascherato da intenti umanitari e democratici, poiché questi non si possono mai affermare con armi e violenza.
P. Alex Zanotelli su Unimondo Face2Facebook
Siamo entrati nel dodicesimo anno della guerra contro l'Afghanistan: è un momento importante per porci una serie di domande. In quel lontano e tragico 7 ottobre 2001 il governo USA , appoggiato dalla Coalizione Internazionale contro il terrorismo, ha lanciato un attacco aereo contro l'Afghanistan. Questa guerra continua nel silenzio e nell'indifferenza, nonostante l'infinita processione di poco meno di 2.000 bare dei nostri soldati morti. Che si tratti di guerra è ormai certo, sia perché tutti gli eserciti coinvolti la definiscono tale ,sia perché il numero dei soldati che la combattono e le armi micidiali che usano non lasciano spazio agli eufemismi della propaganda italiana che continua a chiamarla "missione di pace". Si parla di 40.000 morti afghani(militari e civili), e il meccanismo di odio che si è scatenato non ha niente a che vedere con la pace. Come si può chiamare pace e desiderare la pace, se con una mano diciamo di volere offrire aiuti e liberazione e con l'altra impugniamo le armi e uccidiamo?
La guerra in Afghanistan ha trovato in Italia in questi anni unanime consenso da parte di tutti i partiti. Rileggere le dichiarazioni di voto in occasione dei ricorrenti finanziamenti della "missione" rivela - oltre devastanti luoghi comuni e diffuso retorico patriottismo. Perché solo la guerra trova la politica italiana tutta d'accordo? Chi ispira questo patriottismo guerrafondaio che rigetta l'articolo 11 della nostra Costituzione?
Mistificazioni, complicità false notizie di guerra che condannano i cittadini alla disinformazione, che orientano l'opinione pubblica a giustificare la guerra e a considerare questa guerra in Afghanistan come inevitabile e buona. La guerra in Iraq, i suoi orrori e la sua ufficiale conclusione hanno confermato negli ultimi giorni la totale inutilità di queste ‘missioni di morte'. Le sevizie compiute nel carcere di Abu Ghraib e in quello di Guantanamo, i bombardamenti al fosforo della città di Falluja nella infame operazione Phantom Fury non hanno costruito certo né pace né democrazia, ma hanno moltiplicato in Iraq il rancore e la vendetta. Altrimenti perché sono orami centinaia i soldati degli Stati Uniti, del Canada e del Regno Unito che si suicidano, dopo essere tornati dall' Iraq e dall' Afghanistan? Cosa tormenta la coscienza e la memoria di questi veterani? Cosa hanno visto e cosa hanno fatto che non possono più dimenticare?Dall'inizio della guerra in Afghanistan ci sono più morti fra i soldati tornati a casa che tra quelli al fronte :si susseguono i suicidi dei veterani negli USA.
Chi dunque ha voluto e vuole questa guerra afghana che ci costa quasi 2 milioni di euro al giorno? Chi decide di spendere oltre 600 milioni di euro in un anno per mantenere in Afghanistan 3300 soldati, sostenuti da 750 mezzi terrestri e 30 veicoli? Come facciamo tra poco ad aggiungere al nostro contingente altri 700 militari? Quante scuole e ospedali si potrebbero costruire? Chi sono i fabbricanti italiani di morte e di mutilazioni che vendono le armi per fare questa guerra? Chi sono gli ex generali italiani che sono ai vertici di queste industrie? Che pressioni fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d'arma? Quanto lucrano su queste guerre la Finmeccanica, l'Iveco-Fiat, la Oto Melara, l'Alenia Aeronautica e le banche che le finanziano? E come fanno tante associazioni cattoliche ad accettare da queste industrie e da queste banche elargizioni e benefici? Può una nazione come l'Italia che per presunte carenze economiche riduce i posti letto negli ospedali, blocca gli stipendi, tiene i carcerati in condizioni abominevoli e inumane, licenzia gli insegnanti, aumenta gli studenti per classe fino al numero di 35, riduce le ore di scuola, accetta senza scomporsi che una parte sempre più grande di cittadini viva nell'indigenza e nella povertà, impegnare in armamenti e sistemi d'arma decine di miliardi di euro?
A cosa serviranno per il nostro benessere e per la pace i cacciabombardieri, le navi FREM, la portaerei Cavour? Chi sottoscrive questo appello vuole soltanto che in Italia si risponda a queste domande. Rispondano i presidenti del Consiglio di questi ultimi 10 anni, i ministri della difesa e tutti parlamentari che hanno approvato i finanziamenti a questa guerra. Dicano con franchezza che questa guerra si combatte perché l'Afghanistan è un nodo strategico per il controllo delle energie, per il profitto di alcuni gruppi industriali italiani, per una egemonia economica internazionale, per una volontà di potenza che rappresenta un neocolonialismo mascherato da intenti umanitari e democratici, poiché questi non si possono mai affermare con armi e violenza.
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