Palestina - La resistenza non violenta di “Youth Against Settlements”
Video intervista a cura di Laura Ciaghi, Trentino Responsabile
Nei territori occupati, per importanza religiosa, è seconda solo a Gerusalemme; per gli abitanti si chiama Al Khalil, per Israele Hebron.
E' proprio in questa città che opera “Youth Against Settlement”, un gruppo di attivisti che porta avanti ormai da tempo una resistenza non violenta contro gli insediamenti israeliani della West Bank, il territorio occupato oltre la riva occidentale del fiume Giordano.
Hebron è soprannominata Ghost Town, ossia la città fantasma. Spropositati sono difatti gli strumenti di controllo che i militari israeliani adottano nei confronti della popolazione palestinese, cui è addirittura negato l’accesso alla Shuhada Street, la via principale della città, per non tralasciare poi tutti i quotidiani episodi di violenza, intimidazioni e umiliazioni, ormai norma non scritta ma tatticamente accettata dalle amministrazioni locali .
Shuhada Street è il simbolo della condanna al silenzio e alla morte a cui Israele sta condannando molti villaggi e città palestinesi. E’ la strada dell’Apartheid e dell’occupazione militare.
All’origine di tutto ciò le decisione che Hebron debba diventare città Israeliana: la popolazione palestinese viene man mano spogliata delle proprie terre, della propria casa, e al suo posto si insediano i coloni Israeliani, con l’intento di rimanerci.
Youth Against Settlements si oppone a questi quotidiani soprusi con l’unica arma possibile, ma non per questo meno efficace, ovvero la denuncia e la comunicazione attraverso video e foto.
Oggi abbiamo avuto la fortuna di incontrare qui a Trento una delle voci che animano questa organizzazione, Badia Dweik, che ci ha più approfonditamente raccontato come sia in realtà oscura e sconosciuta l’esistenza, la vita quotidiana, ma anche la Resistenza, dei cittadini di Hebron.
La comunicazione è centrale per innestare reti di solidarietà e lotta, volti a raccontare e diffondere consapevolezza su ciò che i media internazionali nascondono sulla realtà del conflitto israelo-palestinese, e costruire l’azione e l’opposizione ad Israele, nelle sue varie espressioni.
La lotta portata avanti da questa realtà è una resistenza non violenta, ma radicale nelle sue pratiche.
Occupazioni delle stesse case loro sottratte, sit-in, anche sotto la minaccia costante delle armi, e costruzione di legami e reti.
Non di minore importanza le iniziative sociali e culturali rivolte alle diverse fasce della popolazione palestinese: teatro, cineforum, scuole di lingue, scuole di professionalizzazione e tanto altro.
Tanto si è scritto e si potrebbe scrivere su questa realtà e sul suo operato, ma preferiamo lasciare spazio alle parole dirette e senza veli di Badia Dweik.
di Anna Irma Battino, Erasmo Sossich
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