Come opera il sistema giudiziario israeliano in Cisgiordania


Gerusalemme, 24 aprile 2013, Nena News - Il 14 aprile 2011 è stato un giorno speciale per la famiglia Hizme del villaggio di Turmusaya: è stato uno dei pochi giorni in cui sono stati autorizzati a lavorare la loro terra che, sfortunatamente per loro, si trova vicino all'insediamento israeliano di Adei Ad. Hanno ricevuto il necessario permesso dall'esercito. Nonostante ciò, dopo circa un'ora e mezzo di lavoro, ufficiali dell'IDF sono arrivati e gli hanno ordinato di andarsene, per "non causare problemi con i coloni". Poco dopo, un veicolo israeliano è giunto sul posto e sette civili sono scesi. Quando i soldati li hanno visti, li hanno accolti con un "buongiorno" gridato dall'altoparlante della jeep.

Quando i civili sono scesi dal veicolo, alcuni incappucciati, hanno subito aggredito i palestinesi. L'assalto, perpetrato con bastoni e gas lacrimogeni, è andato avanti per interminabili minuti, con i soldati impassibili. Durante le lezioni di storia, eravamo soliti definite un attacco da parte di civili contro altri civili nel silenzio del governo "pogrom"; i media israeliani preferiscono il termine "scontri". Alla fine, i soldati hanno sparato alcuni colpi in aria, gli aggressori hanno capito il messaggio e se ne sono andati. Va ricordato ancora una volta che l'IDF è legalmente responsabile della prevenzione di simili attacchi e obbligato a detenere gli aggressori fino all'arrivo della polizia.

Uno si aspetterebbe che la polizia intervenga in un caso simile in maniera relativamente facile. I palestinesi hanno fotografato gli aggressori e uno dei feriti ha riconosciuto alcuni di loro. Inoltre, visti i cordiali saluti da parte dei soldati sulla jeep, è ragionevole pensare che i militari conoscevano i membri della gang. Nonostante ciò, non c'è stato alcun rinvio a giudizio. La polizia ha solo interrogato il principale sospetto tre mesi dopo e ha chiuso il caso. Al sospetto non è stato neanche chiesto di fornire un alibi. La polizia non si è nemmeno scomodata a sentire i soldati presenti sul posto.

Non è certo un caso unico. In una serie di casi documentati, la polizia rifiuta semplicemente di indagare sulle denunce palestinesi. Rabah Hizme, residente a Turmusaya, il 6 agosto 2009 voleva denunciare un cittadino israeliano che gli aveva sparato e lo aveva inseguito per il villaggio; la polizia ha rifiutato di accogliere la sua denuncia, affermando che l'uomo armato si stava difendendo. Questo è interessante: la polizia ha stabilito il risultato dell'inchiesta pur rifiutando di aprirla. In altri casi, quando un palestinese vuole sporgere denuncia, viene sistematicamente logorato dal sistema: "Torna domani", "Non abbiamo un interprete oggi", "Oggi non c'è l'investigatore", "Perché non hai portato i documenti che ti abbiamo chiesto?". L'obiettivo, come nelle risposte automatiche di una compagnia di telefoni, è convincere le vittime che non c'è soluzione, che è una perdita di tempo e che non si arriverà a nulla. Anche quando la polizia si degna di accettare la denuncia, la possibilità che qualcosa ne venga fuori è più piccola di quella che un banchiere di Wall Stree restituisca il bottino. Nei casi seguiti da Yesh Din, il 94% si sono conclusi senza rinvii a giudizio. Nel 92% dei casi, la ragione è stata il fallimento dell'inchiesta: o perché il colpevole non è stato individuato, ovvero la polizia non ha trovato il criminale, o "per mancanza di prove sufficienti".

Prendiamo il caso di Hussein Abu 'Aliya, di Al Mughayer, a cui erano stati avvelenati gli alberi: quando noi di Yesh Din abbiamo visionato il fascicolo della polizia, siamo rimasti attoniti nel vedere che conteneva solo un documento, la denuncia di Abu 'Aliya. Semplicemente, la polizia non ha fatto nulla. Nel 2008, Mahmud Mizmeh Muhammad Al'Arj, residente a Turmusaya, ha presentato denuncia contro dei coloni che erano entrati nelle sue terre. La polizia ha passato un po' di tempo provando a accertarsi che la terra apparteneva a Al'Arj; una volta verificato che diceva la verità, l'inchiesta è stata chiusa. Dopo tutto, perché investigare un crimine, una volta che sai cosa è successo? Si potrebbe accidentalmente inciampare nel colpevole.

Tale attitudine non si limita ai reati di proprietà. Il 29 aprile 2006, sette palestinesi che stavano provando a lavorare la loro terra vicino Adei Ad sono stati aggrediti. Circa 15 israeliani armati sono usciti dall'insediamento e li hanno attaccati con i calci del fucile, gli hanno lanciato contro un cane nero e poi hanno aperto il fuoco. Una cavalla stata uccisa. La polizia non si è scomodata ad investigare adeguatamente, non controllando le armi nella colonia né provando a verificare chi possedesse un cance nero. Il caso è stato chiuso per mancanza di prove.

Inoltre, la polizia è colpevole anche di non informare chi sporge denuncia sui risultati delle inchieste: circa il 70% delle denunce registrate prima della ricerca di Yesh Din non ha ricevuto alcuna risposta. Tutte erano denunce sporte da palestinesi. La riluttanza delle autorità in Cisgiordania nell'applicare la legge contro i coloni non si limita alla negligenza nell'investigare. Su tutti gli edifici della colonia di Adei Ad pesano ordini di demolizione. La gran parte di questi ordine, soprattutto contro abitazioni, non sono mai stati attuati.

E queste sono solo alcune delle testimonianze sul modo in cui il sistema giudiziario israeliano opera nei Territori Occupati. Per leggere l'intero rapporto, clicca qui .http://972mag.com/report-how-settler...utposts/69541/
Traduzione a cura della redazione di Nena News

di Yossi Gurvitz - Yesh Din per +972mag.com

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