Qatar e Stati Uniti: collusione o conflitto d’interessi?

 Z Net Italy
di Nicola Nasser – 25 gennaio 2013


Nel suo discorso d’insediamento del 21 gennaio, il presidente statunitense Barack Obama ha fatto lo storico annuncio che “sta finendo un decennio di guerra” e ha dichiarato la decisione del suo paese di “mostrare il coraggio di cercare di risolvere pacificamente le nostre differenze con le altre nazioni,” ma questo messaggio resta parole che devono ancora essere tradotte in fatti e devono ancora arrivare ad alcuni dei più stretti alleati degli USA in Medio Oriente che stanno tuttora facendo rullare il tamburi della guerra, come Israele contro l’Iran e il Qatar contro la Siria.
In considerazione del livello di “coordinamento” e di “cooperazione” da quando furono stabilite, nel 1972, relazioni diplomatiche bilaterali tra USA e Qatar e della concentrazione di potenza militare statunitense nella minuscola penisola, sembra impossibile che il Qatar possa muoversi indipendentemente su un corso a parte, parallelo, distante o in collisione con i piani strategici e regionali statunitensi.
Secondo la scheda informativa in rete del Dipartimento di Stato USA, “le relazioni bilaterali sono forti”, entrambi i paesi si stanno “coordinando” diplomaticamente e “cooperando” nel campo della sicurezza regionale, hanno un “patto per la difesa”, “il Qatar ospita il Quartier Generale Avanzato del CENTCOM” e appoggia le operazioni militari regionali della NATO e degli Stati Uniti. Il Qatar è anche un partecipante attivo dei tentativi, diretti dagli Stati Uniti, di creare una rete integrata di difesa missilistica nella regione del Golfo. Inoltre ospita il Centro statunitense delle Operazioni Aeree Combinate e tre basi militari USA, precisamente la base dell’aviazione di Al Udeid, la base dell’esercito di Assaliyah e la base aerea internazionale di Doha, dotate di circa 5.000 soldati statunitensi.
Il Qatar, legato da un’alleanza così intima e stretta con gli Stati Uniti, si è recentemente evoluto in uno dei maggiori patrocinatori dei movimenti politici islamisti. Il Qatar appare ora il maggiore patrocinatore dell’organizzazione internazionale della Fratellanza Mussulmana, che, a quanto riferito, si era dispersa nel Qatar nel 1999 perché aveva smesso di considerare la famiglia al potere come un’avversaria.
Il matrimonio di convenienza tra il Qatar e la Fratellanza Mussulmana ha creato la naturale incubatrice di fondamentalisti islamisti armati contro cui gli Stati Uniti, dopo l’11 settembre 2001, dirigono quella che è etichettata come la “guerra globale al terrorismo”.
La guerra nella nazione africana del Mali offre l’esempio più recente di come USA e Qatar, apparentemente, seguono vie diverse. Mentre il Segretario alla Difesa USA, Leon Panetta, a Londra il 18 gennaio stava “elogiando” la “leadership [francese] nello sforzo internazionale” in Mali, nel quale il suo paese stava impegnando supporto logistico, di trasporti e di intelligence, il Qatar è sembrato mettere a rischio i suoi speciali legami con la Francia, che avevano raggiunto il picco durante la guerra in Libia guidata dalla NATO così come è sembrato non fidarsi del giudizio francese e statunitense.
Il 15 gennaio il primo ministro e ministro degli esteri del Qatar, Sheikh Hamad bin Jassem al-Thani, ha dichiarato ai giornalisti di non credere che “la forza risolverà il problema”, e ha consigliato invece che questo problema sia “discusso” tra i “paesi vicini, l’Unione Africana e il Consiglio di Sicurezza [dell’ONU]” e si è unito all’ideologo della Fratellanza Mussulmana, residente a Doha e dei suoi sponsor in Qatar, Yusuf Abdullah al-Qaradawi – capo dell’Unione Internazionale degli Studiosi Mussulmani al quale è stato rifiutato il visto d’ingresso in Gran Bretagna nel 2008 e in Francia l’anno scorso – nel sollecitare “dialogo”, “riconciliazione” e una “soluzione pacifica” in luogo dell’”intervento militare”.
In un esempio relativamente vecchio, secondo WikiLeaks, l’ex presidente della Somalia nel 2009, Sharif Ahmed, dichiarava a un diplomatico statunitense che il Qatar stava canalizzando assistenza finanziaria al gruppo Shabab al-Mujahideen, collegato ad al-Qaeda, che gli Stati Uniti avevano classificato come “terrorista”.
In Siria, come altro esempio, la Fratellanza sta guidando la forza “combattente” contro il regime al governo e in alleanza con un gruppo colpevole delle atrocità degli attentati terroristici del Fronte Al-Nusra, collegato ad al-Qaeda, designato dagli Stati Uniti come organizzazione terrorista lo scorso dicembre; mentre l’opposizione siriana, guidata dalla Fratellanza e patrocinata dagli Stati Uniti e dal Qatar ha protestato contro la classificazione statunitense, il silenzio del Qatar sulla questione può essere interpretato solo come sostegno alla protesta contro la decisione statunitense.
Recentemente, come ancora ulteriore esempio, il Qatar ha sostituito la Siria, che era stata inserita nella lista statunitense degli stati sponsor del terrorismo dal 1979, come sponsor di Hamas, la cui dirigenza si è trasferita da Damasco a Doha, e che gli Stati Uniti classificano gruppo “terrorista” e che ammette pubblicamente di essere il ramo palestinese della Fratellanza.
Il Qatar, in tutti questi esempi, sembra posizionarsi per assumere la qualifica di mediatori, con la benedizione degli Stati Uniti, cercando di ottenere, grazie alla leva finanziaria del paese, ciò che gli Stati Uniti non sono in grado di realizzare militarmente, o che potrebbero realizzare ma a un costo molto più elevato in denaro e vite umane.
Nel caso del Mali, il primo ministro del Qatar, Hamad, ha dichiarato pubblicamente quest’ambizione: “Saremo parte della soluzione, [ma] non l’unico mediatore,” ha affermato. La benedizione statunitense non avrebbe potuto essere più esplicita dell’approvazione da parte del presidente Obama dell’apertura dell’ufficio dei talebani afgani a Doha, per “agevolare” una “pace negoziata in Afghanistan”, secondo il ministro degli esteri del Qatar il 16 gennaio.
Tuttavia una mediazione unilaterale del Qatar è fallita in Yemen, una mediazione araba, diretta dal Qatar, in Siria si è analogamente dimostrata un fallimento a due anni dalla crisi, la “Dichiarazione di Doha” per riconciliare le fazioni palestinesi rivali è ancora un risultato sulla carta, la mediazione del Qatar nella crisi sudanese del Darfur deve ancora essere compiuta e la “mediazione” del Qatar in Libia è stata condannata come intervento negli affari interni del paese dai più eminenti leader post-Gheddafi e nell’Egitto post-“Primavera Araba” il Qatar ha abbandonato i suoi iniziali tentativi di mediazione per schierarsi pubblicamente con la Fratellanza al governo. Ma nonostante questi fallimenti i tentativi di “mediazione” del Qatar hanno avuto successo nel servire alla strategia dell’”alleato” statunitense.
Da qui la benedizione USA. Gli analisti d’intelligence del Gruppo Soufan hanno concluso lo scorso 10 dicembre che “il Qatar continua a dimostrarsi un alleato cruciale per gli Stati Uniti, … il Qatar è spesso in grado di attuare obiettivi condivisi USA-Qatar che Washington non può o non vuole perseguire in prima persona.”
L’amministrazione Obama, nel primo mandato, sotto la pressione dell’”austerità fiscale” ha benedetto il finanziamento dell’armamento degli islamisti anti-Gheddafi in Libia, chiuso gli occhi sulla consegna, da parte del Qatar, dell’arsenale militare di Gheddafi agli islamisti siriani e non siriani in lotta contro il regime in Siria, ha “compreso” la visita dell’Emiro del Qatar a Gaza, lo scorso ottobre, come “missione umanitaria” e ha recentemente approvato la consegna all’Egitto, appoggiato dal Qatar e guidato dalla Fratellanza, di venti caccia da combattimento F-16 e di 200 blindati M1A1 Abrams.
Questa contraddizione induce a chiedersi se questa è una mutua collusione USA-Qatar o è realmente un conflitto d’interessi; l’amministrazione Obama, nel suo secondo mandato, deve tracciare il confine che fornirà una risposta esplicita.
Apparentemente oggi Doha e Washington non la pensano allo stesso modo a proposito dei movimenti islamici e islamisti, ma sul campo di battaglia della “guerra al terrore” entrambe le capitali difficilmente sostengono che in pratica i loro ruoli attivi non siano coordinati e non si completino a vicenda.
Basandosi sull’esperienza storica dell’analogo approccio “religioso” iraniano, ma sua una base settaria “sciita” rivale, questo collegamento “islamista sunnita” del Qatar alimenterà inevitabilmente polarizzazioni settarie nella regione, instabilità regionale, violenza e guerre civili.
Data l’alleanza USA-Qatar, il collegamento islamista del Qatar minaccia di invischiare gli Stati Uniti in ulteriori conflitti regionali, o almeno di far ritenere gli Stati Uniti responsabili dei conflitti conseguenti, e appoggerebbe un antiamericanismo regionale profondamente radicato, che a sua volta diverrebbe un’altra incubatrice di estremismo e terrorismo e che è esacerbato dal passato “decennio di guerra”, cui il presidente Obama ha promesso di “por fine” nel suo discorso d’insediamento.
Tradizionalmente il Qatar, che è nell’occhio del ciclone nella volatile regione del Golfo, cruciale geopoliticamente, teatro di tre grandi guerre negli ultimi tre decenni, ha fatto del suo meglio per mantenere un equilibrio critico e fragile tra le due maggiori potenze che ne determinano la sopravvivenza, cioè l’ultradecennale presenza militare statunitense nel Golfo e il crescente potere regionale dell’Iran.  
Nel 1992 ha firmato un patto generale bilaterale di difesa con gli Stati Uniti e nel 2010 a firmato un accordo di difesa militare con l’Iran, il che spiega i suoi preliminari a legami più stretti con i movimenti di resistenza islamici anti-israeliani appoggiati dall’Iran di Hezbollah in Libano e Hamas nei territori palestinesi occupati da Israele e spiega anche la “luna di miele” del Qatar con l’alleato dell’Iran in Siria.
Comunque, dallo scoppio della sanguinosa crisi siriana due anni fa, l’apertura del Qatar alle potenze regionali statali e non statali filoiraniane è stata denunciata come semplicemente una manovra tattica per allettare tali potenze allontanandole dall’Iran. Nel caso della Siria e di Hezbollah il fallimento di questa tattica ha condotto il Qatar su una rotta di collisione sia con la Siria sia con l’Iran, che sono appoggiate dalla Russia e dalla Cina e sta conducendo il paese a un’inversione a U dall’azione di bilanciamento regionale a lungo osservata, una svolta di cui Doha non sembra comprendere la minaccia alla sua stessa sopravvivenza sotto la pressione degli interessi internazionali e regionali in conflitto così come rivelati sanguinosamente dalla crisi siriana.
Durante l’ascesa dei grandi movimenti pan-arabi, nazionalisti, socialisti e democratici nel mondo arabo agli inizi della seconda metà del ventesimo secolo, le monarchie autoritarie conservatrici arabe hanno adottato la Fratellanza, altre ideologie islamiste e islamiche e le hanno utilizzate contro quei movimenti per sopravvivere da alleate degli Stati Uniti, che a loro volta hanno utilizzato entrambe, con alla testa al-Qaeda in Afghanistan, contro l’ex Unione Sovietica e l’ideologia comunista, a proprio danno dopo il collasso dell’ordine mondiale bipolare.
Comunque la storia sembra ripetersi con le monarchie arabe sostenute dagli Stati Uniti, con alla testa il Qatar, che ricorrono alla vecchia tattica di sfruttare l’ideologia islamista per minare e anticipare una rivoluziona araba antiautoritaria a favore del primato della legge, della società civile, delle istituzioni democratiche e della giustizia economica nei paesi arabi nella periferia del loro bastione protetto dagli Stati Uniti nella penisola araba, ma sembrano inconsapevoli di star aprendo un vaso di Pandora che libererebbe un contraccolpo al cui confronto la ritorsione di al-Qaeda contro gli Stati Uniti si dimostrerebbe un precedente minore.
Nicola Nasser è un veterano giornalista arabo che vive a Bir Zeit, nella West Bank nei territori palestinesi occupati da Israele. nassernicola@ymail.com
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: http://www.zcommunications.org/qatar-and-u-s-collusion-or-conflict-of-interests-by-nicola-nasser
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0 

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