Le accuse delle migranti etiopi: Israele ci ha dato di nascosto farmaci anticoncezionali
Farmaci
somministrati senza consenso. Controllo delle nascite. Contraccettivi
usati per lunghi periodi di tempo. E fasce demografiche che vedono
dimezzato il tasso di fertilità in pochissimi anni. La notizia è rimasta
nascosta per settimane. Sommersa dalla campagna elettorale. E da quella
risposta, sdegnata, delle autorità governative: «Queste accuse sono
infamanti». Ma quelle «accuse infamanti» ora rischiano di deflagrare. E
di trascinare verso il fondo più di un politico.
Il ministero
israeliano della Salute ha dato un contraccettivo e senza consenso alle
etiopi migranti nello Stato ebraico? Prima partita come domanda, a
dicembre è diventata un’inchiesta televisiva sul canale 23 (Israeli
Educational Television). «Sono arrivata qui otto anni fa e allora mi
hanno iniettato il Depo-Provera come requisito per mettere piede nello
Stato ebraico», ha raccontato una delle donne etiopi. E la sua versione
sta trovando conferma anche in altre decine di sue connazionali, tanto
da muovere anche l’Acri, l’associazione per i diritti civili in Israele.
Il
Depo-Provera è un farmaco per il controllo delle nascite di lunga
durata. Farmaco che ora, scrive nero su bianco Roni Gamzo, direttore
generale del ministero della Salute, «non deve essere iniettato sulle
migranti». Donne soprattutto etiopi, calcolava in uno studio del 2010
Isha le’Isha, una ong che si batte per i diritti femminili. «È
chiaramente una politica dello Stato d’Israele per ridurre il numero
delle nascite in una comunità che è di colore e soprattutto povera,
anche se ebrea», ha spiegato Hedva Eyal, una delle autrici dello studio.
Il direttore generale del ministero della Sanità ha ammesso l’uso del
farmaco? Ufficialmente no. Ma quelli dell’Acri sono convinti che con la
direttiva di questi giorni è come se lo Stato ebraico l’avesse fatto.
Nell’inchiesta tv (sopra)
andata in onda a dicembre e curata dalla giornalista Gal Gabbai, molti
migranti hanno raccontato di aver ricevuto pressioni dalle autorità
israeliane «per tenere il basso il numero dei figli». «Rappresentanti
dello Stato ebraico della Joint Distribution Committee e del ministero
della Salute ci hanno detto che in Israele è difficile sopravvivere se
si ha una famiglia numerosa perché si trova difficilmente lavoro e
perché quasi nessuno affitta una casa o un appartamento a chi ha tanti
figli», hanno spiegato gli etiopi.
Negli ultimi
dieci anni almeno 50 mila di loro hanno messo piede in Israele. La
prima iniezione – secondo il racconto delle donne – sarebbe stata fatta
ancora prima di arrivare nello Stato ebraico. «Ci hanno fatto la puntura
nel campo di transito in Etiopia: ma non ci hanno mai detto che si
trattava di farmaci per non rimanere incinta. Pensavamo si trattasse di
vaccinazioni». Molte di quelle donne, racconta la giornalista Gabbai,
hanno continuato a ricevere il farmaco anche dopo. «Nonostante molte di
loro lamentassero da tempo i tipici effetti collaterali del Depo-Provera
come forti mal di testa e dolori addominali».
Il risultato
di questa politica? Negli ultimi dieci anni «il tasso di natalità è
crollato del 50 per cento». Nell’inchiesta tv si vede anche una etiope
andare in una delle cliniche dove si somministra il farmaco con una
micro-camera. Qui un’infermiera le dice che l’iniezione viene fatta
prima alle donne dell’Etiopia «perché loro dimenticano, non capiscono,
ed è difficile spiegare a loro, così è meglio dare a loro il farmaco una
volta al mese… di solito non capiscono nulla».
«Non è vero
nulla», hanno replicato le autorità israeliane. Ma la Gabbai ha mostrato
una lettera ufficiale in cui il ministero della Salute elogia e
incoraggia il lavoro del dottor Rick Hodes, direttore del programma
medico del Jdc in Etiopia. Grazie a lui, si fa intendere nella lettera,
il 30% delle donne etiopi usa un farmaco anticoncezionale.
© Leonard Berberi
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