Amira Hass : Israele: da sempre il piano è di ghettizzare i palestinesi
Amira Hass – 23 gennaio 2013
Quando il leader del partito Habayit
Hayehudi e stella politica nascente Naftali Bennett chiede l’annessione
dell’Area C, la parte della West Bank sotto il totale controllo civile e
di sicurezza israeliano, sta seguendo la logica di ogni singolo governo
israeliano: accrescere il territorio, ridurre al minimo gli arabi.
Alcuni potrebbero anche interpretare
questa affermazione come propaganda elettorale a favore di Habyit
Hayehudi e sottoscriverla calorosamente.
Bennett può proporre l’annessione perché
ogni coalizione di governo dopo la Guerra dei Sei Giorni – guidata dal
Likud o dal Partito Laburista (o dal suo precursore, l’Allineamento) e i
cui partner erano Mafdal, Shas o Meretz – ha preparato il terreno
spirituale e politico per lui.
Secondo Bennett circa il 60% della West
Bank – nota anche come Area C – è annettibile. Ciò che è importante a
proposito dell’Area C non è che ci vivano 50.000 palestinesi, come
afferma il benevolo Bennett suggerendo di naturalizzarli e di garantire
loro la cittadinanza israeliana, o che il numero sia intorno ai 150.000
(come ci ha ricordato in precedenza questa settimana il mio collega
Chaim Levinson).
Non preoccupatevi. Anche se ci fossero
300.000 palestinesi residenti nell’Area C e tutti accettassero di
diventare cittadini, la burocrazia israeliana troverà modi per
amareggiare le loro vite (come fa con le vite dei beduini nel Negev),
revocare la loro cittadinanza (come fa con lo status di residenti dei
palestinesi di Gerusalemme Est) e lasciarli senza la parte minima della
loro terra che ancora possiedono (come ha fatto con i cittadini
palestinesi di Israele entro i confini del 1948). E’ per questo che
Bennett può permettersi di essere munifico.
La vera storia dell’Area C è che non ci
sono 400.00 palestinesi che vi vivono; i villaggi non si sono ampliati
in accordo con la crescita naturale della popolazione; il numero dei
residenti non è aumentato; i pastori non possono più pascolare
liberamente le loro greggi; molti degli abitanti sono privi di accesso
all’acqua, all’elettricità, all’istruzione e alle cliniche; Israele non è
stato portato davanti alla Corte Penale Internazionale de L’Aia per
aver distrutto le cisterne; non ci sono strade asfaltate nei villaggi e
tra essi.
Molti hanno vissuto in tende e caverne
per 30 o 40 anni – contro la loro volontà e contro le loro speranza – e
le cittadine palestinesi non possono espandersi appropriatamente e
trasferire le vecchie zone industriali a una ragionevole distanza dai
quartieri residenziali.
Come ho detto un milione di volte e dirò
un altro milione: l’Area C è un enorme successo della politica
israeliana e per i suoi realizzatori, l’esercito e l’Amministrazione
Civile. Fa parte di una politica lungimirante, ben attuata e
perfettamente meditata che ha avuto successo esattamente per il fatto
che non ci sono 400.000 palestinesi residenti nell’area. Bennett ha
probabilmente sufficiente onestà/decenza per ammettere i suoi debiti nei
confronti delle generazioni precedenti di politici e capi dell’esercito
israeliani che hanno preparato nel paese il clima per questo piano di
annessione, assicurando che la sua accettazione sarà priva di sforzi,
come un coltello che taglia del burro al sole.
L’Area C esisteva anche prima che i
negoziatori di Oslo inventassero la divisione, presunta temporanea, nel
1995, distinguendola dall’Area B, sotto il totale controllo di sicurezza
israeliano e una parziale autorità di polizia e una totale autorità
civile dei palestinesi e dall’Area A, con una completa autorità civile e
di polizia palestinese, anche se, come è raramente riconosciuto,
nell’ambito del completo controllo israeliano sulla sicurezza.
Quando questa divisione fu attuata, i
media sottolinearono la differenza tra l’Area A, dove vari membri armati
delle varie forze di sicurezza palestinesi potevano operare all’aperto
con il permesso di Israele, e il resto dei territori palestinesi, dove
ai palestinesi non era permesso portare armi. Ma in realtà l’importanza
dei poteri di polizia dell’Autorità Palestinese è ridotta se si tiene
presente la sua mancanza di autorità civile sulla maggior parte del
territorio.
L’Area C, poi, non è che la sigla di
tutte le proibizioni che Israele impone alla dignità della vita
palestinese e esisteva prima della sua invenzione. Zone di fuoco libero,
zone di manovre militari, barriere di sicurezza, recinzioni, terre
statali, zone di sorveglianza (che lo stato sta per dichiarare terre
statali, cioè riservate ai soli ebrei), zone ri-sorvegliate e
post-sorvegliate e riserve naturali. Tutte queste zone sono state
progettate per concentrare i palestinesi entro la ‘Zona di Residenza’ (copyright
riservato alla Russia Imperiale e al suo confinamento degli ebrei).
Diversamente da noi, gli arabi non hanno bisogno di spazio, terra,
risorse, acqua, zone industriali, paesaggi o viaggi di piacere.
Le enclave palestinesi sono
l’altra faccia dell’Area C. L’Area C è, dunque, una metafora della
mentalità del ghetto israeliano invertita. Di solito ho cura di non
usare termini come “ghetto” o “campo di concentramento” per descrivere
le enclave in cui Israele ha raccolto i palestinesi di entrambi
i lati della Linea Verde, o della linea dell’armistizio del 1948, tra
cui la Striscia di Gaza e i quartieri bassi di Gerusalemme Est. I dodici
anni del Terzo Reich hanno cementato questi termini come
collegamenti/stazioni del binario che conduce all’obiettivo finale: un
genocidio sistematico.
Nel nostro caso, invece, la
ghettizzazione è essa stessa lo scopo, essendo stata costantemente
perseguita negli ultimi 65 anni. In altre parole lo scopo – rivelato con
il trascorrere del tempo – è consistito nel concentrare i palestinesi
in riserve, dopo che la maggior parte della loro terra era stata loro
rubata. E se essi se ne vanno e si trasferiscono all’estero è di loro
spontanea volontà. Una linea ideologica e progettuale diretta si
estende tra le enclave in cui vivono i cittadini palestinesi d’Israele e quelle della West Bank e della Striscia di Gaza.
E’ questo il vero compromesso storico
israeliano. Non con i palestinesi, bensì con i dettati della realtà e
all’interno delle varie correnti ideologiche sioniste. Le affollate,
offensive riserve – la cui creazione è violenza, pura e semplice – sono
un compromesso tra la brama di cacciare i palestinesi dalla loro terra e
il riconoscimento che le condizioni regionali e internazionali non lo
permettono.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Haaretz
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
http://znetitaly.altervista.org/art/9493
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